VIGNATI, Giovanni
VIGNATI, Giovanni. – Nacque probabilmente nel 1360 da Egidio (Zileto) Vignati e da Elena.
Nonostante alcuni cronisti abbiano ricondotto l’origine di Vignati all’ambiente popolare (in particolare, a quello dei macellai), gli studi più recenti lo mostrano discendente dall’antica aristocrazia di Lodi. Originari del contado, i Vignati si inurbarono probabilmente verso la fine dell’XI secolo, partecipando attivamente alla vita politica della città e poi del Comune, di cui diversi membri furono consoli. La fortuna della famiglia crebbe progressivamente, tanto che nel XII secolo riuscì a ottenere in feudo dal vescovo cittadino alcuni beni nel distretto di Lodi. Nel Duecento, i Vignati sposarono la causa del partito guelfo, parteggiando per la fazione locale dei Sommariva e, dalla fine del secolo, per Antonio Fissiraga. Durante la signoria di quest’ultimo sulla città, infatti, molti esponenti della famiglia Vignati furono protagonisti attivi, seguendone le vicende durante il periodo di conflitti tra i guelfi e i ghibellini lombardi.
Il primo incarico politico di cui abbiamo testimonianza per Vignati lo vide podestà di Cremona dal luglio al dicembre del 1403, ma non tutti gli studiosi concordano sull’attendibilità di questo dato (Peviani, 1986, p. 35). In questo stesso anno, Vignati fu certamente protagonista della ribellione di Lodi contro il potere visconteo. Grazie all’alleanza con alcune città guelfe e all’appoggio di Firenze, entrò a Lodi, seguito da un grande numero di armati, proclamandosi signore con l’appoggio dei popolari ed espellendo le famiglie della parte ghibellina.
Con la morte di Gian Galeazzo Visconti avvenuta nel 1402, mentre all’esterno le forze antiviscontee (tra cui gli Este, i da Carrara e Firenze) si alleavano con l’obiettivo di destabilizzare il potere dei duchi di Milano, lo Stato visconteo si disgregò e i poteri del territorio – città o potentati signorili – insorsero contro la morsa della politica del Ducato di Milano. In particolare i guelfi tentarono di riprendere possesso delle città, assumendone il governo anche grazie all’appoggio delle forze popolari.
Le notizie riguardanti il governo di Vignati in Lodi non sono molte, ma sappiamo che, per garantirsi il supporto dei suoi sostenitori politici in città, tenne in vita i principali organi del Comune e fu fautore di un’accorta politica economica, favorita anche dalla rete di coalizioni sovralocali che aveva costruito. Egli riuscì a implementare le sue alleanze innanzitutto attraverso un’intensa politica matrimoniale, mirata a imparentare la sua famiglia con autorevoli casate dell’Italia settentrionale ostili ai Visconti: organizzò il matrimonio della sorella Margherita con Ottone Rusca, signore di Como, e fece sposare le figlie Caterina e Leonarda rispettivamente a Carlo Cavalcabò, dominus di Cremona, e al marchese Bartolomeo Malaspina. Lo storico lodigiano Cesare Vignati riferisce poi che il figlio Giacomo sposò Samaritana da Polenta, vedova di Antonio Della Scala, ultimo signore di Verona, ma non ci sono certezze al riguardo (Codice diplomatico laudense, II, 1883-1885, a cura di C. Vignati, p. cix).
In questi anni, infatti, Vignati prese parte a diverse leghe contro il duca Giovanni Maria. Insieme ai Rusca di Como, tentò di occupare Milano; l’operazione fallì, ma, insieme a Pandolfo Malatesta, Vignati riuscì a saccheggiare la parte orientale del contado di Milano, arrivando a insediarsi nel castello di Melegnano, luogo strategico per il controllo militare del Milanese.
In questi anni fu di decisiva importanza il legame stretto da Vignati con il vescovo di Lodi, grazie al quale riuscì a essere dispensato dal giuramento di fedeltà a Giovanni Maria Visconti, e quello con il doge di Venezia Michele Steno, dal quale fu nominato, nel 1406, patrizio veneziano (tale titolo aveva valore anche per i suoi figli). Nel 1410 Vignati si impadronì di Piacenza, dando vita a una signoria pluricittadina. La città emiliana – acquistata da Antonio di Hostendun, ufficiale del governatore di Genova per il conte di Provenza – venne governata da Vignati attraverso un vicario (Bassiano Casseti) che ricoprì la carica di podestà. Qui Giovanni cominciò a coniare monete d’argento e di bronzo, sulle quali erano incise le sue iniziali.
Nel primo decennio del secolo Vignati riuscì a mantenere e consolidare il governo sulle due città, anche attraverso una serie di tregue raggiunte con Visconti. Le cose cambiarono con l’ascesa di Filippo Maria, che si adoperò per la ricomposizione politica e territoriale dello Stato visconteo con più energia rispetto al fratello. In seguito alle pressioni di Visconti – che nel feudo individuò uno strumento di disciplinamento del ducato – Vignati fu costretto a giurargli fedeltà (settembre 1412) e a prestare i suoi armati per le operazioni belliche milanesi.
Nel tentativo di smarcarsi dal duca di Milano, Vignati strinse alleanza con Sigismondo di Lussemburgo, dal quale fu confermato signore di Lodi insieme ai suoi eredi (6 marzo 1413) e successivamente ricevette il titolo di conte della città (dicembre 1413). Per quanto riguarda il dominio su Piacenza, Vignati ottenne dall’imperatore il titolo di dominus, ma perse di fatto il governo sulla città, che era diventata residenza imperiale nel 1414.
A partire da questo stesso anno, con l’allontanamento di Sigismondo di Lussemburgo dalla città emiliana, il potere di Vignati iniziò a subire le prime battute d’arresto. Piacenza, infatti, venne presto riconquistata da Filippo Maria Visconti, che aveva saputo sfruttare un momento di debolezza di Vignati, provato dagli alti costi della permanenza a Lodi dell’imperatore; poco dopo il duca di Milano catturò anche Giacomo Vignati, figlio del signore. Costretto a scendere a patti per liberare il figlio, Vignati abbandonò la lega antiviscontea e giurò la sottomissione a Filippo Maria, riuscendo a mantenere il titolo di conte di Lodi solo al costo di esserne reinvestito dal duca di Milano (10 maggio 1416).
Ma la sua vicenda politica e umana si concluse proprio in quell’anno: Filippo Maria, dopo aver convocato Giovanni in città per ratificare l’investitura, lo fece imprigionare e lo condusse a Pavia.
Secondo alcune fonti, Vignati morì durante il tragitto verso la prigione; secondo altre morì a Milano insieme con il figlio, oppure a Pavia in prigione (forse suicida).
Nell’agosto del 1416 Lodi cadde nelle mani del Carmagnola, entrato in città per volere del duca.
Fonti e Bibl.: Codice diplomatico laudense, a cura di C. Vignati, II, Milano 1883-1885, ad indicem.
D. Lodi, Discorsi historici in materie diverse appartenenti alla citta di Lodi, Lodi 1629, pp. 495-548; G. Molossi, Memorie d’alcuni uomini illustri della citta di Lodi, I, Lodi 1776, pp. 117-126, P. Biagini, G. V. Signore di Lodi e di Piacenza, in Archivio storico per la città e comuni del circondario di Lodi, XII (1893), pp. 72-96, 114-144, 153-181, XIII (1894), pp. 1-30; A. Caretta - L. Samarati, Lodi, profilo di storia comunale, Milano 1958, ad ind.; B. Corio, Storia di Milano, a cura di A. Morisi Guerra, II, Torino 1978, ad ind.; A. Pievani, G. V., conte di Lodi e signore di Piacenza (1360 c.a. - 1416), Lodi 1986; L. Samarati, La crisi del ducato e l’avventura di G. V., in Lodi. La storia dalle origini al 1945, I, Lodi 1989, pp. 235-241; F. Cengarle, Immagine di potere e prassi di governo. La politica feudale di Filippo Maria Visconti, Roma 2006, ad ind.; A. Gamberini, Cremona nel Quattrocento. La vicenda politica e istituzionale, in Storia di Cremona, VI, Il Quattrocento. Cremona nel ducato di Milano (1395-1535), a cura di G. Chittolini, Azzano San Paolo 2008, pp. 2-39 (in partic. p. 5).