ZAMBOTTI, Giovanni (Giovanni da Mantova)
– Nacque probabilmente a Mantova tra il 1344 e il 1349, da genitori ignoti; appartenne a una famiglia che già ai primi del Trecento, durante la dominazione bonacolsiana, ebbe qualche prestigio.
Esponenti degli Zambotti presenziarono, nella Mantova di inizio Trecento, alla conclusione di trattative diplomatiche; uno Zambotti era notaio. Nel 1380 Ludovico Gonzaga, signore di Mantova, ebbe a occuparsi del matrimonio di Ziliana, sorella di Giovanni.
Non si sa nulla della formazione e delle prime esperienze di Zambotti, che nel 1374 compare come già appartenente all’Ordine dei crociferi. In quell’anno fu designato come vicario dell’ospedale di S. Cristofano in Piacenza: un incarico di una certa rilevanza.
Deriva dall’erudito mantovano Donesmundi, seguito poi con qualche esitazione da Luca Wadding, e successivamente da Konrad Eubel, la falsa opinione dell’appartenenza di Zambotti all’Ordine dei frati minori.
Nell’anno citato Zambotti è menzionato nella corrispondenza fra Ludovico Gonzaga e il maestro generale dei crociferi. Fu proposto come priore del priorato mantovano di S. Biagio, in vista di una riforma del medesimo, ma – mostrando già il suo temperamento energico – si rifiutò di accettarlo, e affermò di fronte al capitolo di non volere in alcun modo recarsi a Mantova, ribadendo l’anno successivo l’opinione allo stesso Ludovico Gonzaga. Qualche anno più tardi tuttavia si riconciliò con Gonzaga; da Venezia (ove attraverso il cardinale Agapito Colonna, allora presente nella città lagunare per le trattative successive alla guerra di Chioggia, aveva ottenuto il priorato di S. Marco di Asti) si recò nella città natale per conferire con Ludovico sulle sorti di S. Biagio di Mantova. Nei mesi successivi Zambotti fu a Bologna e poi ad Asti, ove ebbe a respingere, a proposito del suo priorato, le pretese di un ignoto adversarius.
Per alcuni anni non si hanno notizie di Zambotti, ma alla fine del 1385 o all’inizio del 1386 fu eletto dai monaci priore del monastero e ospedale crocifero di S. Maria di Venezia. La conferma fu laboriosa. Venezia attese due anni prima di chiedere a Roma la conferma dell’elezione di Zambotti (gennaio 1388), ma poi lo sostenne quando lo stesso superiore generale dell’Ordine lo accusò a Roma, in Curia, di aver ospitato gli ambasciatori viscontei a Venezia. Zambotti si difese personalmente (luglio-agosto 1388), anche con il fattivo sostegno dei Gonzaga.
È stato ragionevolmente sostenuto (Cenci, 1965a) che, fra i motivi dell’ampio e altolocato network di relazioni che Zambotti seppe creare attorno a sé e all’ospedale veneziano, vada annoverata la disponibilità, in Venezia, di spazi adatti all’ospitalità di personaggi autorevoli e dei loro seguiti. A S. Maria dei Crociferi si avvicendarono in effetti Agapito Colonna, i rappresentanti del Comune di Bologna, quelli di Gian Galeazzo Visconti, quelli dei Gonzaga, più tardi il cardinale legato Pietro Filargo. Ivi fu anche sottoscritto, nel 1407, un accordo fra Venezia e i signori di Mantova.
Nel frattempo Zambotti aveva ricevuto dal papa incarichi di un certo rilievo, come l’immissione di Pietro Barbo nel possesso dell’abbazia di S. Giorgio Maggiore (1397), l’assoluzione del vescovo di Caorle già filoavignonese e al momento in prigione a Mantova (1401). È importante anche il fatto che Zambotti avesse presenziato nel dicembre del 1402, a Milano, alla pace tra i Carraresi e Caterina Visconti; pochi mesi prima del resto (dicembre 1401) era stato uno dei candidati proposti da Gian Galeazzo Visconti per la cattedra aquileiese.
A Venezia Zambotti operò proficuamente per il suo priorato, sollecitando il Senato a difenderne i diritti in quel di Fano, ottenendo l’incorporazione del convento di S. Maria Maddalena di Rimini e quella (pur contestata da alcuni) di S. Maria Maggiore presso Mantova. Prima dell’11 marzo 1400 del resto Bonifacio IX, che sin dal 1392 lo aveva considerato fra i suoi cappellani onorari, nominò Zambotti collettore apostolico delle diocesi di Aquileia, Grado, Ravenna, Zara, Ragusa, Spalato e Antivari, con obbligo di fare cospicui versamenti alla Camera apostolica o a clientes del papa; un compito assai oneroso che comportò una lunga serie di viaggi. L’incarico esattoriale fu poi ristretto alla Liguria e alla Lombardia, ma non mancarono per Zambotti opposizioni e accuse al tribunale papale, relativamente soprattutto alla collettoria veneta. Superate le difficoltà dell’anno 1404, Zambotti poté poi guardare con ottimismo al futuro quando nell’ottobre del 1404 fu eletto papa Innocenzo VII, che prima lo designò come supervisore di tutte le collettorie italiane e successivamente lo incaricò di inventariare i beni pubblici e i beni mobili nelle città dello Stato pontificio (giugno 1405).
Il 3 marzo 1406, dopo la morte di Pietro Cocco (1400-06), Zambotti fu eletto dal papa patriarca di Grado e, dunque, primate di Venezia e Dalmazia.
La proba, in Senato, era stata favorevole a Leonardo Dolfin, contro tre altri competitori; in genere il governo veneziano arricciava il naso contro le designazioni che non si conformavano ai suoi desiderata, ma in questa circostanza non batté ciglio. Inoltre, Zambotti ottenne dal papa che la carica di priore dei crociferi veneziani fosse assegnata, con il gradimento del governo e dei giuspatroni (gli Zeno), a un suo fedele collaboratore, Marino da Gubbio (che rimase in carica sino al 1438).
Zambotti non si occupò granché della sua (piccola) diocesi, anche se nel primo biennio è documentato qualche suo atto di ordinaria amministrazione (indulgenze, conferma di nomine di pievani o di canonici). Ebbe un vicario al quale probabilmente affidò questa banale attività. Mantenne invece la carica di supercollettore e di nunzio papale (aprile 1406); trattò un prestito di 1500 ducati chiesto da Innocenzo VII ai Gonzaga di Mantova e incassò la somma (agosto-settembre 1406); era infatti nella città natale il 15 agosto, quando fu consacrata la chiesa di S. Maria delle Grazie. Ebbe, invece, gravi difficoltà all’inizio del pontificato di Gregorio XII (eletto il 30 novembre 1406), che gli tolse la collettoria (sostituendolo, nel marzo 1407, con il vescovo di Verona Angelo Barbarigo).
Zambotti fu accusato di appropriazione indebita; di fronte alla richiesta di presentare i conti, tirò in lungo sino al luglio-agosto del 1408, quando dopo convulse trattative non andate a buon fine gli fu comminata (da Lucca, ove si trovava la Curia papale) la scomunica, in contumacia. Nel giro di breve tempo, tuttavia, il provvedimento rientrò sulla base di un’ammenda di 1500 fiorini, che Zambotti ottenne in prestito cedendo in pegno gli introiti del patriarcato di Grado dell’anno seguente.
Risalito in sella, nell’anno dei tre papi Zambotti – che nell’aprile del 1408 era entrato in Roma insieme con Ladislao di Angiò – sembrò per un momento (gennaio 1409) al Senato veneziano un buon candidato per occupare, attuando uno scambio, il patriarcato di Aquileia, ma l’operazione non andò in porto. Pochi mesi dopo si adeguò al cambio di obbedienza veneziano (da Gregorio XII a Alessandro V) e riuscì a sventare la minaccia di Francesco Lando, un navigato ecclesiastico veneziano che sin dal 1383 era sulla carta patriarca ‘avignonese’ di Grado (per nomina di Clemente VII) e sino al 1409 era rimasto fedele a Benedetto XIII, facendo poi valere al Concilio di Pisa la sua antichissima nomina. Ma Alessandro V trasferì Lando a Costantinopoli e risolse il problema dell’esistenza di due patriarchi gradensi; mostrò il suo favore a Zambotti, concedendogli il ricco beneficio del priorato nonantolano di S. Silvestro di Nogara.
Fra il 1409 e il 1410 Zambotti fu inviato dal doge in missione diplomatica semiufficiale in Lombardia, presso Facino Cane che governava larga parte dei domini viscontei, per ottenere la liberazione di un nobile ferrarese. Con il nuovo papa (Giovanni XXIII) negli anni successivi ebbe ulteriori incarichi di arbitrato (1411) e di collettore per le province di Aquileia, Grado, Milano, Ravenna, Zara, Ragusa e Spalato. Svolse anche missioni diplomatiche (più volte a Latisana in Friuli, nei mesi di luglio e agosto 1412, come inviato-ombra del governo veneziano che già progettava la conquista del patriarcato aquileiese e non voleva esporsi). Nel novembre del 1414 si recò a Costanza, al Concilio, non senza aver avuto durante il viaggio abboccamenti politici con Filippo Maria Visconti, al quale un po’ velleitariamente «era arrivato a promettere [...] di parlare in suo favore all’imperatore» (Cenci, 1965a, p. 459). Minori informazioni si hanno per quanto riguarda gli anni successivi, ma nel 1418 Zambotti non ebbe difficoltà a schierarsi con il nuovo papa Martino V.
Negli anni seguenti Zambotti si occupò un po’ di più della sua diocesi, per esempio restaurando la sua chiesa patriarcale di S. Silvestro in Venezia (ante 1422). Ma Martino V gli affidò anche diversi importanti incarichi, come una perizia sui diritti goduti dai francescani sui Luoghi Santi (che Zambotti proclamò solennemente a Mantova il 7 gennaio 1421), e una questione concernente il monastero camaldolese di S. Maria delle Carceri a Padova (1421). Anche il governo veneziano (Senato e Consiglio dei dieci) ricorse alla sua esperienza: per la trasformazione di S. Bartolomeo e S. Tommaso a Vicenza da monasteri misti a monasteri monosesso (1423), per un processo a carico dei frati minori veneti per sodomia e altro (1423-25), ma il processo di fatto languì per le traversie cui Zambotti andò incontro.
Venuto a conoscenza del progetto veneziano di sostituire Ludovico di Teck, patriarca di Aquileia, l’ambizioso Zambotti si mobilitò immediatamente e si precipitò in Friuli per perorare la propria candidatura, ma il Consiglio dei dieci lo processò per aver divulgato segreti di Stato, condannandolo a tre anni di confino, subito commutati in un domicilio coatto nel monastero di S. Giustina di Padova (agosto 1424).
Nulla si sa dei suoi ultimi anni; non è documentata la voce di una sua elezione al patriarcato di Gerusalemme.
Morì nel 1427, prima del 2 ottobre (quando si aprì la procedura della proba per la sua sostituzione, ancora una volta gestita direttamente dal papa che preferì Biagio Molin, arcivescovo di Zara, a Ludovico Barbo, il celebre abate di S. Giustina di Padova).
Il profilo di Giovanni Zambotti – manovriero, attivissimo, ambizioso, talvolta imprudente; grande navigatore fra la Curia papale e i governi locali, in anni sicuramente complicati anche per costruirsi una carriera, come lui in ogni caso riuscì a fare – anticipa per certi aspetti quello degli ecclesiastici del pieno Quattrocento.
Fonti e Bibl.: C. Miari, Chronicon Bellunense (1383-1412), a cura di M. Melchiorre, Roma 2015, pp. 82 s., 89-94, 147 s.
C. Cenci, Fra Francesco da Lendinara e la storia della provincia di S. Antonio tra la fine del s. XIV e l’inizio del s. XV, in Archivum franciscanum historicum, LV (1962), pp. 103-192 (in partic. pp. 156 s., 160); Id., Fr. G. Z. da Mantova, crocifero, patriarca di Grado († 1427), in Rivista di storia della Chiesa in Italia, XVIII (1965a), pp. 436-465; Id., I Gonzaga e i frati Minori dal 1365 al 1430, in Archivum franciscanum historicum, LVIII (1965b), pp. 3-47, 201-279 (in partic. pp. 222 nota 3, 233 nota 2); Id., Ludovico da Pirano e la sua attività letteraria, in Storia e cultura al Santo, a cura di A. Poppi, Vicenza 1976, pp. 265-278 (in partic. p. 267 nota 15); Id., Documenta Vaticana ad franciscales spectantia ann. 1385-1492, II, in Archivum franciscanum historicum, XCI (1998), pp. 65-131 (in partic. pp. 89-92); A. Poppi, La comunità francescana del Santo nel XV secolo, in Il Santo, L (2010), 2-3, pp. 301-348 (in partic. pp. 319 s.).