GIOVANNI
Arcivescovo di Ravenna dal 578. Le poche fonti su di lui tacciono in merito alla sua famiglia, alla nascita e alla vita precedente la nomina ad arcivescovo di Ravenna. Sono note invece, ancorché si tratti di indicazioni assai generiche, le sue origini romane. In proposito, un ancor più vago accenno è dato da un breve passo della nota Epistula Iohannis episcopi Ravennatis contenuta nel Reg. epist. di papa Gregorio I Magno (I, 1, III, 66). Sono controverse le date in cui si colloca l'azione pastorale di G., che subentrò al defunto arcivescovo Pietro: nella più recente analisi di Orioli si accoglie come data di assunzione alla cattedra arcivescovile quella del novembre 578.
Non è, a oggi, del tutto chiaro il motivo per cui papa Pelagio II pensò di inviare un sacerdote romano alla guida della Chiesa di Ravenna; si trattò forse di una risposta strategica sia dal punto di vista politico, sia sotto il profilo spirituale e dogmatico, tesa a garantire al vescovo di Roma una piena e valida collaborazione in una zona di frontiera, a contatto con il clero scismatico tricapitolino dell'Italia settentrionale e con gli invasori longobardi; inoltre Ravenna era sede della massima autorità bizantina in Italia. La confusa situazione socio-religiosa era segnata da endemiche contrapposizioni e rivalità tra Chiese, e scossa da frenetiche, orgogliose ricerche di identità istituzionali-ecclesiastiche che avrebbero in breve dato luogo a sentimenti di nazionalismo religioso e quindi di aperta ostilità nei confronti di Bisanzio. Tali attriti erano altresì pericolosamente potenziati dai contrasti o, peggio, dalle fratture dogmatiche in seno alle Chiese d'Occidente e d'Oriente, dovute a tanto numerose quanto complicate elaborazioni e interpretazioni dottrinali. A metà degli anni Ottanta l'esarca Smaragdo, ergendosi a garante dell'ortodossia cristiana, con una spedizione che agli scopi punitivi univa quelli dimostrativi della capacità di ferma reazione imperiale all'instabilità scismatica (ma con chiare valenze politiche) di non pochi presuli dell'Italia settentrionale, si recava a Grado dove procedeva all'arresto e alla traduzione a Ravenna del patriarca aquileiese Severo e di altri prelati che avevano aderito al credo tricapitolino (Paolo Diacono, III, 26; Giovanni Diacono, p. 74; A. Dandolo, p. 85).
L'azione congiunta di Smaragdo e di G. non ebbe tuttavia gli effetti sperati; poco più di un anno dopo, Severo e gli altri vescovi riuniti in concilio a Marano ritrattarono la loro adesione alla corrente contraria ai dettami dei Tre Capitoli staccandosi con un nuovo scisma dalla Chiesa di Roma. Con gli anni Novanta l'episcopato di G. era di fronte a figure e a scenari nuovi: la morte del re longobardo Autari, primo sovrano di quel popolo eletto dopo l'interregno ducale; l'avvento di Agilulfo, che si unì in matrimonio con la vedova di Autari, Teodelinda. Il 3 sett. 590 sulla cattedra di S. Pietro saliva papa Gregorio I. Risulta accertata l'intransigenza ortodossa di G. (cfr. Epist.… contra Iohannem Ravennatem ep., anonima, edita in Sotinel).
Dal 591 al 594 un fitto scambio epistolare si instaura tra G. e papa Gregorio I: una prima menzione in una lettera di istruzioni pastorali con data imprecisata del 591 (Reg. epist., I, 1, I, 24a); nel marzo 591 il pontefice inviò istruzioni a G. riguardo alla linea di condotta politica della Chiesa locale circa la posizione del funzionario bizantino Maurilione (ibid., I, 35), mentre sono dell'aprile 592 alcune disposizioni di carattere pastorale a G. (ibid., II, 28). Un'altra lettera papale a G., questa del luglio 592, è relativa a una causa tra Wilando e il diacono Gaviniano (ibid., II, 41); ben più interessante l'epistola - sempre del luglio di quell'anno - nella quale Gregorio si dilunga nel descrivere a G. la complessa situazione politica che caratterizzava l'Italia centrale (ibid., II, 45).
Verso la fine del suo mandato episcopale G. fu oggetto di severe ammonizioni papali per aver abusivamente indossato il pallio in occasioni liturgiche e non (ibid., III, 54, luglio 593), non rispettando le tradizioni e le gerarchie (ibid., III, 54). Tali ammonimenti si ripeterono tra il luglio 593 (ibid., App. ad indict. XI, III, 66) e l'ottobre 594 (ibid., V, 11), intervallati - nel settembre 594 - dalla calda raccomandazione a G. affinché non permettesse che chierici o perfino laici fossero preposti alla gestione di monasteri (ibid., V, 1). L'ultima lettera di papa Gregorio I a G., del novembre 594 (ibid., V, 15), ripropone il tema dei difficili rapporti tra le Chiese di Roma e di Ravenna; G. è con veemenza accusato di doppiezza nei confronti del papa, suo amico ma anche suo superiore, e ancora gli si rimprovera sia di fare sfoggio del proprio potere, sia di esibire una superbia indegna della sua carica. Una lettera gregoriana del dicembre 594, indirizzata all'esarca Romano, nella quale si menziona l'arcivescovo G. in relazione a un suo provvedimento restrittivo nei confronti dell'ex presbitero Specioso (ibid., V, 19), è l'ultima che attesti G. ancora in vita.
G. morì l'11 genn. 595, data che è menzionata senza incertezze sia da Agnello, sia, con toni più distaccati, da Paolo Diacono (cfr. Orioli). Fu sepolto a Ravenna prope S. Apollinare in Classe, extra muros, nel monastero dei Ss. Marco, Marcellino e Felicola da lui stesso fondato probabilmente nel 592, come risulta da un'epigrafe ivi posta e ora scomparsa, della quale abbiamo notizia da Agnello e da lettere di papa Gregorio Magno. Il suo successore, Mariniano, era già insediato nell'agosto 595. G. è ricordato nel Martyrologium Romanum il 12 gennaio.
Sembra possibile proporre una lettura in chiave politico-propagandistica sulla presenza del romano vescovo G. nella Ravenna del tempo: Agnello, che scrisse il suo Liberpontificalis circa centocinquant'anni dopo il suo arcivescovato, potrebbe aver utilizzato l'espediente della nascita romana di G. - che, a oggi, non ha trovato alcun sicuro riscontro documentario - per sottolineare, una volta di più, la dipendenza della sede metropolitica ravennate dalla Chiesa di Roma.
Fonti e Bibl.: A. Dandolo, Chronica per extensum descripta, a cura di E. Pastorello, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., XII, 1, p. 85; Paulus Diaconus, Historia Langobardorum, a cura di G. Waitz - L. Bethmann, in Mon. Germ. Hist., Script. rer. Lang. et Ital. saec. VI-IX, Hannoverae 1878, pp. 101 s., 105-107, 109 s., 113 s., 120 (III, 18, 19, 26, 30, 35; IV, 10); Agnellus Ravennas, Liber pontificalis Ecclesiae Ravennatis, a cura di O. Holder Egger, ibid., pp. 243, 245 s.; Gregorii I Registrum epistularum, a cura di P. Ewald - L.M. Hartmann, ibid., Epist., I, 1-2, Berolini 1887-91, I, 1, 16, 24a, 35; II, 28, 41, 45; App. II, p. 440, App. ad indict. XI, 66; III, 54, 66; V, 1, 15, 19, 21, 22; VI, 1, 28; Le liber pontificalis, a cura di L. Duchesne, I, Paris 1886, p. 312; Iohannes Diaconus Venetus, La cronaca veneziana, a cura di G. Monticolo, in Fonti per la storia d'Italia [Medio Evo], IX, Roma 1890, p. 74; P.F. Kehr, Italia pontificia, V, Berolini 1911, pp. 24 ss.; R. Cessi, Documenti relativi alla storia di Venezia anteriori al Mille, I, Secoli V-IX, Padova 1942, pp. 14 ss.; Acta sanctorum Ianuarii, I, Antverpiae 1643, pp. 727-729; B. Bacchini, De ecclesiasticae hierarchiae originibus dissertatio, Modena 1703, p. 388 (ma si fa confusione con Giovanni Angelopte); F. Ughelli - N. Coleti, Italia sacra…, II, Venetiis 1717, coll. 337-339; G.A. Amadesi, Antistitum Ravennatum chronotaxim, I, Faventiae 1733, pp. 183-185; B.P. Gams, Series episcoporum…, Ratisbonae 1873, p. 717; E. Stein, Beiträge zur Geschichte von Ravenna in Spätromischer und Byzantinischer Zeit, in Klio, XVI (1919), pp. 52, 57; A. Testi Rasponi, [Commento a] Agnellus Ravennas, Liber pontificalis, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., II, 3, Città di Castello 1924, passim; Martyrologium Romanum…, a cura di H. Delehaye…, Bruxelles 1940, p. 17; G. Lucchesi, G., in Bibliotheca sanctorum, VI, coll. 934 s.; A. Patini, I luoghi di sepoltura dei vescovi ravennati nel Liber pontificalis, in Felix Ravenna, XCVIII (1968), pp. 62 s.; A. Guillou, Régionalisme et indépendance dans l'Empire byzantin au VIIe siecle. L'exemple de l'Exarchat et de la Pentapole d'Italie, Rome 1969, pp. 166, 205 n. 10; S. Gasparri, I duchi longobardi, Roma 1978, ad ind.; G. Orioli, Cronotassi dei vescovi di Ravenna, in Felix Ravenna, CXXVII-CXXX (1984-85), pp. 326 s.; M. Pierpaoli, Storia di Ravenna. Dalle origini all'anno Mille. Cultura e scuola in Ravenna antica dal V al X secolo, Ravenna 1986, pp. 184-186; C. Sotinel, Rhétorique de la faute et pastoral de la réconciliation. Dans la lettre apologétique contre Jean de Ravenne: un texte inédit de la fin du VIe siècle, Roma 1994; Dict. d'hist. et de géogr. ecclésiastiques, XXVII, coll. 494 s.