GIOVANNI
Venne creato duca del Ducato bizantino di Napoli nel 711, forse nel settembre (l'entrata in carica del duca sembra sempre coincidere con il cambio di indizione e cioè con l'inizio di settembre); è quindi possibile ipotizzare che sia nato nella seconda metà del VII secolo, dato che presumibilmente la carica ducale spettava a un uomo maturo.
La notizia dell'elezione di G. ci è fornita dal Catalogus Beneventanus (noto anche col titolo Chronicon ducum et principum Beneventi, Salerni et Capuae et ducum Neapolis) dal quale si hanno notizie, già a partire dal secolo VI (un periodo nel quale l'amministrazione militare comincia ad assorbire quella civile), dei duchi e dei magistri militum napoletani.
G. era duca di Napoli nell'epoca durante la quale nel Ducato longobardo di Benevento era duca Romualdo (II); quest'ultimo, fra il 716 e il 717, sfruttando forse le conseguenze, a lui favorevoli, di una pestilenza scoppiata a Napoli, organizzò una spedizione per occupare il castello di Cuma. Le fonti narrano che i Longobardi presero Cuma con uno stratagemma, cioè fingendo di venire in pace. Il pontefice romano Gregorio II protestò con veemenza contro l'impresa longobarda, arrivando anche a scrivere direttamene al duca Romualdo (II) nel tentativo di convincerlo a ritirarsi e a liberare il castrum minacciando, al contempo, l'ira divina sull'usurpatore e offrendo largo compenso nel caso la piazza fosse stata restituita. Dal momento che i Longobardi non ascoltarono le suppliche papali, Gregorio II si rivolse al duca e al popolo di Napoli, fornendo tanto aiuti materiali quanto consigli attraverso lettere quotidiane. G. si apprestò all'impresa: raccolto l'esercito, mosse in direzione di Cuma insieme con il suddiacono Teodimo, dispensatore della chiesa di S. Andrea, e uscì da Napoli durante la notte; le fonti raccontano come, cercandosi prima della partenza un sacerdote che benedicesse l'impresa, si trovò per compiere il sacro ufficio il prete Sergio; a questo G. promise il soglio episcopale alla morte del vescovo Lorenzo, nel caso fosse riuscito a conquistare la fortezza; il voto, sul finire del 717, venne positivamente sciolto: infatti i Napoletani assalirono Cuma e la occuparono, uccidendo circa 300 Longobardi, insieme con il gastaldo, e prendendone vivi circa 500. I biografi dei papi e dei vescovi riportano concordi che, nonostante i Napoletani avessero compiuto l'impresa per proprio conto, ossia dell'Impero bizantino, il papa donò per quell'impresa 70 libbre d'oro, mantenendo la promessa fatta; questa somma di denaro fu giudicata addirittura il prezzo del riscatto del castrum, ma i conti di Cuma sembrano non avere alcun diretta relazione giurisdizionale con la Curia romana.
Pertanto, risulta chiaro che, ancora una volta, il pontefice romano si faceva carico della difesa del territorio imperiale, nel tentativo di impedire il dilatamento del dominio longobardo; Gregorio II tenne, dunque, un comportamento tipico, ovvero nella tradizione di quanto prima di lui molti suoi predecessori avevano fatto. L'insistenza e la preoccupazione del pontefice per la sorte di Cuma hanno anche originato l'opinione che il papa avesse giurisdizione e vero e proprio diritto di proprietà su Cuma; ma si è già notato che i conti cumani sarebbero stati più tardi sempre dipendenti da Napoli e non già da Roma. Come ha sottolineato Cassandro (p. 39), anche per i Napoletani l'accordo con Roma, in occasione dell'azione di G. per la riconquista di Cuma, non costituisce "velleità di iniziative politiche", ma "rientra nell'ordinaria vita di questi isolati e residui territori bizantini ai primi urti coi Longobardi".
Sul piano dell'amministrazione ecclesiastica, i rapporti con Roma non furono però altrettanto semplici: "i tentativi effettuati dai Bizantini per sottrarre alla giurisdizione di Roma le Chiese dell'Italia meridionale non ebbero successo a Napoli" (ibid., p. 40): il già menzionato episodio dell'incontro fra il prete Sergio e il duca G., rappresentante dell'autorità imperiale e, quindi, latore della stessa politica bizantina in Italia meridionale, risulta essere esemplificativo di tale situazione; infatti, se G., in apparenza, come ringraziamento per la benedizione ricevuta prima della battaglia di Cuma, aveva promesso il seggio episcopale a Sergio, in realtà poneva lo stesso Sergio nella condizione di subire e di non poter resistere, almeno in un primo momento, agli allettamenti da parte greca accettando il pallio arcivescovile congiuntamente alla diretta soggezione alla Chiesa costantinopolitana; solo il fermo richiamo del papa fece sì che Sergio tornasse sui suoi passi e, facendo atto di sottomissione, ottenesse il perdono per il temporaneo cedimento, riconoscendo, però, allo stesso tempo la suprema autorità di Roma.
Ignoriamo la data di morte di G., poiché non sappiamo se la carica ducale (la cui durata variava da un duca all'altro) fosse fin dal principio a vita: possiamo quindi solo supporre che egli sia morto intorno al 719, dato che proprio in quell'anno salì alla carica un altro duca, Gregorio.
Fonti e Bibl.: Anastasius Bibliothecarius, Vitae Romanorum pontificum, in L.A. Muratori, Rer. Ital. Script., III, Mediolani 1723, col. 155; Catalogus Beneventanus, a cura di G.H. Pertz, in Mon. Germ. Hist., Scriptores, III, Hannoverae 1839, p. 12; Paulus Diaconus, Historia Langobardorum, a cura di L.C. Bethmann - G. Waitz, Ibid., Script. rer. Langob. et Italic., ibid. 1878, p. 179 (IV, 40); Gesta episcoporum Neapolitanorum, a cura di G. Waitz, ibid., pp. 412-422; B. Capasso, Monumenta ad Neapolitani Ducatus historiam pertinentia, I, Napoli 1881, pp. 8, 43 s.; Liber pontificalis, a cura di L. Duchesne, I, Paris 1886, pp. 400 s.; P.F. Kehr, Italia pontificia, VIII, Berolini 1935, p. 471; F. Hirsch, Il Ducato di Benevento sino alla caduta del Regno longobardo, Torino 1890, pp. 63-66; M. Schipa, Il Ducato di Napoli. Periodo primo o longobardo del Ducato, in Arch. stor. per le provincie napoletane, XVII (1892), 2, pp. 367-371; B. Capasso, Le fonti della storia delle provincie napolitane dal 568 al 1500, Napoli 1902, pp. 22 s., 43; P. Fedele, Il catalogo dei duchi di Napoli, in Arch. stor. per le provincie napoletane, XXVIII (1903), 3, p. 21; L.M. Hartmann, Geschichte Italiens im Mittelalter, Gotha 1903, II, 2, pp. 87 s.; E. Caspar, Geschichte des Papsttums von den Anfängen bis zur Höhe der Weltherrschaft, Tübingen 1930-33, p. 728 n. 3; G. Cassandro, Il Ducato bizantino, in Storia di Napoli, II, 1, Napoli 1969, pp. 38-40.