GUARESCHI, Giovannino
Nacque a Fontanelle, frazione di Roccabianca, in provincia di Parma, il 1° maggio 1908 da Primo Augusto, negoziante di biciclette e macchine agricole, e Lina Maghenzani, maestra elementare del paese.
Trasferitasi nel 1914 la famiglia a Parma (la madre era stata assegnata alla scuola elementare di Marore, alle porte di Parma, e il padre aveva preso a esercitare con poca fortuna l'attività di mediatore di immobili, fino a quando non venne richiamato alle armi come operaio militare e congedato nel 1918), il G. vi frequentò prima le scuole elementari, poi, per decisione del padre, ma con scarso interesse e profitto, l'istituto tecnico (1918-19). Respinto, nel 1920 venne ritirato dai genitori, che lo iscrissero al ginnasio Romagnosi, presso il convitto Maria Luigia di Parma, mentre la famiglia, in difficoltà economiche, l'anno dopo si trasferiva a Marore. Le persistenti traversie familiari (che culminarono nel 1925 con il fallimento del padre e con una lunga vicenda legale, che si sarebbe conclusa solo nel 1935) influirono sul rendimento scolastico del G., che terminò a stento gli studi ginnasiali e dovette abbandonare il convitto, frequentando il liceo da esterno.
A questi anni, oltre all'influsso del professore di latino e greco, F. Bernini, editore della Cronica di Salimbene de Adam e conoscitore della letteratura umoristica, risale la conoscenza e l'amicizia del G. con C. Zavattini, di pochi anni più anziano di lui e allora istitutore al Maria Luigia. Zavattini in una nota del 1925 al rettore del convitto, pur lodando la viva intelligenza del brillante alunno, lo descriveva indocile, "troppo spiritoso", le cui "mancanze sono conseguenza d'irrefrenabili doti umoristiche", dato che per "fare dello spirito cade facilmente nell'indisciplina" (Chi sogna nuovi gerani?, pp. 121 s.). Altra presenza importante nella formazione del giovane G. fu quella del parroco di Marore, Lamberto Torricelli, i cui modi bruschi ma contemperati da una fondamentale bonomia sarebbero più tardi confluiti nel carattere di don Camillo.
Già dall'ultimo anno di liceo, il G. iniziò a lavorare saltuariamente come cartellonista e, conseguita la maturità, cominciò a svolgere diversi lavori precari (tra cui quello, procuratogli dall'amico Zavattini, di correttore di bozze della Gazzetta di Parma, che continuò fino al 1931, quando divenne, fino al 1935, cronista nello stesso giornale), anche per mantenersi come studente della facoltà di giurisprudenza dell'Università di Parma, alla quale era stato iscritto dal padre e a cui avrebbe continuato a iscriversi solo per ottenere il rinvio del servizio militare. Dal 1929 iniziò a collaborare al settimanale La Voce di Parma con i suoi primi scritti (articoli, corsivi e poesie), con disegni e con una novella, Silvania, dolce terra, che vinse un premio messo in palio dallo stesso periodico. In breve, alternando l'attività giornalistica a occupazioni saltuarie (tra cui quelle di istitutore presso il convitto Maria Luigia e di portiere stagionale in uno zuccherificio), estese le sue collaborazioni a diversi altri periodici e numeri unici.
Tra gli altri, si ricordano l'organo dei Gruppi universitari fascisti (GUF) di Parma, La Fiamma, il periodico goliardico Bazar e Il Tevere, su cui comparvero, oltre a diversi testi, sue illustrazioni per cinque racconti dell'amico Zavattini. A quella di giornalista-scrittore, perlopiù con lo pseudonimo Michelaccio, affiancò una cospicua produzione di disegni (caricature, vignette e, spesso, lavori pubblicitari) e incisioni (xilografie e stampe da linoleum) che nel 1931 attirarono l'attenzione di M. Maccari, il quale propose al G. una collaborazione a Il Selvaggio che tuttavia non si concretizzò (il meglio dei testi, delle vignette e delle illustrazioni di questo periodo è raccolto in Bianco e nero. G. G. a Parma, 1929-1938, a cura di Alberto e Carlotta Guareschi, Milano 2001).
Nel 1933, a Parma, il G. conobbe Ennia Pallini, commessa in un negozio di scarpe, la Margherita protagonista di tante sue pagine (che sposò nel 1940 a Milano: dal matrimonio nacquero due figli, Alberto e Carlotta); l'anno successivo partì per assolvere il servizio militare, dapprima a Potenza, dove collaborò al numero unico Macpizero, poi a Modena, da dove mantenne le collaborazioni con i periodici parmensi, riuscendo inoltre a far pubblicare suoi disegni su LaDomenica del Corriere e sul periodico Menelik e, soprattutto, iniziando a collaborare con testi e disegni a due dei rotocalchi dell'editore Angelo Rizzoli, Il Secolo illustrato e Cinema illustrazione, nei quali operava l'amico Zavattini. Quando quest'ultimo, nel 1936, passò alla Mondadori, il G. - che stava per finire il servizio militare - accettò da Andrea Rizzoli l'offerta di un posto di redattore del Bertoldo, il nuovo bisettimanale umoristico che la casa editrice si apprestava a lanciare come contraltare milanese e più colto del romano e più popolare Marc'Aurelio. Ottenuto il congedo, nel settembre 1936 il G. si trasferì a Milano insieme con Ennia, lavorando intensamente, fino al 1943, al Bertoldo con testi e disegni, per lo più vignette e caricature (testi e documenti sono raccolti nel volume Milano 1936-1943: G. e il Bertoldo, a cura di A. e C. Guareschi, Milano 1994).
Del periodico, diretto da V. Metz e G. Mosca - cui lavoravano umoristi e scrittori della levatura di C. Manzoni, G. Marotta, M. Marchesi -, il G. divenne ben presto redattore capo, contribuendo fortemente a determinarne il carattere garbato e stralunato con i suoi numerosi pezzi di costume, le critiche cinematografiche (non sempre gradite al regime) e le piccole storie d'ambiente familiare (spesso sottolineate dalle sue efficaci e godibili illustrazioni) "in cui veniva a galla, limpido, lo statuto comicamente assurdo del reale" (A. Baricco, Il che è bello e istruttivo, prefaz. a G. Guareschi, Lo zibaldino, Milano 1997, pp. VII s.).
Su tale registro espressivo, spinto fino a esiti comicamente irrealistici, è impostato il primo romanzo del G., La scoperta di Milano, uscito a puntate sul Bertoldo e poi in volume (ibid. 1941), storia (con evidenti ma ironicamente decantati risvolti autobiografici) delle peripezie di due giovani innamorati, Giovannino e Margherita, che decidono di sposarsi e metter su famiglia, assistiti da un angelo custode dal significativo nome di Camillo. L'impostazione surrealistica risulta fortemente accentuata e la velocità narrativa accelerata fino al virtuosismo nel secondo romanzo del G., che vide la luce nel 1942, Il destino si chiama Clotilde (ibid.), storia vorticosamente intricata dell'amore in primo tempo non corrisposto della bella ereditiera Clotilde Troll per il giovane gentiluomo Filimario Dublè.
Al lavoro per il Bertoldo il G., diventato ormai una firma di una certa notorietà, associò collaborazioni giornalistiche prestigiose a quotidiani (come quelle, 1938-42, per La Stampa e il Corriere della sera, con elzeviri, novelle e reportages) e a programmi radiofonici di varietà e d'intrattenimento (anche per la Radio militare), e la partecipazione alla stesura di sceneggiature cinematografiche (tra cui, nel 1939, quella del film di M. Mattoli, Imputato, alzatevi, interpretato da E. Macario). Questa intensa attività subì una battuta d'arresto alla fine del 1942, quando, dopo essere stato arrestato per aver pronunciato, durante una sbornia, frasi poco riguardose nei confronti di B. Mussolini e del regime, il G., per punizione, venne richiamato alle armi e distaccato ad Alessandria, dove, tuttavia, riuscì a terminare il suo terzo romanzo, Il marito in collegio - vicenda sentimentale e surreale, svolta con un'intricatissima trama, ricca di colpi di scena, al centro della quale è ancora una giovane, bella e altezzosa ereditiera -, uscito a puntate sul periodico l'Illustrazione del popolo, 1942-43, poi in volume (ibid. 1944).
Il 9 sett. 1943 il G. fu fatto prigioniero dalle truppe tedesche nella caserma di Alessandria, quindi internato nel lager tedesco di Sandbostel e trasferito in vari campi di concentramento, in Germania e in Polonia, fino al settembre 1945.
La lunga prigionia segnò profondamente il G. che, insieme con alcuni compagni (tra cui il musicista A. Coppola, il poeta C. Rebora e l'attore G. Tedeschi), organizzò iniziative di informazione e intrattenimento per gli internati: un giornale - il Bertoldo parlato, che leggeva passando di baracca in baracca -, conferenze, spettacoli. Alcuni dei testi scritti per tali occasioni furono ripresi e pubblicati dallo stesso G.: La favola di Natale, struggente apologo con illustrazioni del G. e musica di A. Coppola (ibid. 1945; rist. 1971, 1998); l'asciutto e amaramente paradossale Diario clandestino, 1943-45 (ibid. 1947). Nel volume postumo Ritorno alla base, a cura dei figli Alberto e Carlotta (ibid. 1989), sono raccolti i testi rimanenti (la sezione finale, che dà titolo al libro, è costituita da una serie di articoli scritti nel 1957 in occasione di una visita del G. ai luoghi della sua prigionia).
Tornato a Milano alla fine del 1945, dopo un breve periodo come redattore del quotidiano Milano sera, nel dicembre di quell'anno fondò con G. Mosca il settimanale Candido, di cui fu condirettore, insieme con lo stesso Mosca, fino al 1950, e direttore unico fino al novembre 1957; dopo un breve periodo in cui la direzione fu assunta da A. Minardi, il periodico, per decisione dello stesso G., cessò le pubblicazioni nell'autunno 1961.
Un'ampia raccolta antologica dei testi e disegni del G. pubblicati sul Candido è nei tre volumi, curati dai figli, Mondo Candido: I, 1946-1948, ibid. 1991; II, 1948-1951, ibid. 1992; III, 1951-1953, ibid. 1997.
Gli anni del Candido, introdotti dalle pagine agrodolci ma fondamentalmente ottimistiche del volume Italia provvisoria (diario-cronaca della vita italiana nel dopoguerra, ibid. 1947), segnano il culmine dell'intensa attività del G. sia come giornalista, osservatore e commentatore (progressivamente più tagliente e distaccato) del costume politico e sociale italiano, sia come scrittore. Dopo il 1946 - quando condusse sul Candido una vigorosa campagna in favore della monarchia in occasione del referendum istituzionale - il momento di massima risonanza ed efficacia della sua opera di polemista politico e disegnatore satirico fu senza dubbio la violenta campagna, sempre dalle colonne del Candido, contro il Fronte popolare alla vigilia delle elezioni del 18 apr. 1948.
Il G. creò epiteti, slogan e vignette di grande impatto, divenuti presto proverbiali, che contribuirono non poco all'affermazione della Democrazia cristiana.
Dopo il 1948 il G. ritirò gradatamente il suo sostegno alle forze centriste rifluendo su posizioni di critica sempre più aspra alla nuova classe dirigente e all'evoluzione del costume politico e sociale dell'Italia che veniva industrializzandosi, e tale critica si trasformò ben presto in scontro diretto.
Dapprima, nel 1951, il G. fu condannato, insieme con C. Manzoni (allora redattore del Candido), per la pubblicazione di una vignetta ritenuta offensiva nei riguardi del presidente della Repubblica L. Einaudi; poi, nel gennaio 1954, pubblicò, sempre sul Candido e con un duro commento, due lettere (da lui ritenute autentiche) con cui nel gennaio 1944 A. De Gasperi, all'epoca rifugiato in Vaticano, avrebbe chiesto ai vertici delle truppe statunitensi in Italia di bombardare obiettivi civili per suscitare la rivolta della popolazione romana contro le forze d'occupazione tedesche.
Querelato da De Gasperi, il G., nell'aprile 1955, fu condannato e scontò la pena di oltre un anno di reclusione, non avendo voluto ricorrere in appello.
A tale progressivo e polemico distacco dalla vita politica e morale dell'Italia del tempo corrisponde la piena maturazione del G. scrittore, che, segnato anche dalla mai dimenticata esperienza della prigionia tedesca, trovò la sua cifra espressiva più caratteristica ed efficace nella creazione delle figure, nello stesso tempo archetipiche e storiche, di don Camillo e Peppone, esemplari non solo di una lotta politica animata da punti di vista e obiettivi divergenti (e tuttavia basata sulla condivisione di valori di fondo), ma anche dell'umanità sana e spontanea del "piccolo mondo" della declinante civiltà contadina.
I numerosi scritti in cui (dal 1948 al 1966) i due personaggi, ben presto diventati celeberrimi, compaiono come protagonisti configurano - nella forma del racconto-romanzo seriale impostato su personaggi e caratteri fissi - un microcosmo autonomo (il Mondo piccolo), che nelle intenzioni del G. doveva organicamente articolarsi in romanzi brevi (Il compagno don Camillo, pubblicato a puntate nel Candido del 1959 e in volume, Milano 1963) e, soprattutto, in raccolte di racconti (Don Camillo, ibid. 1948; Don Camillo e il suo gregge, ibid. 1953; e postumo, Don Camillo e i giovani d'oggi, ibid. 1969, in cui sono riuniti i racconti pubblicati su Oggi nel 1966; nuova ed., a cura di A. e C. Guareschi, corretta sugli originali e integrata con inediti, con il titolo Don Camillo e don Chichì, ibid. 1996). La raccolta completa di tutti i testi della serie Mondo piccolo è nei tre volumi di Tutto don Camillo (ibid. 1998), curati dai figli del G. e corredati da schede illustrative, indici e appendici, in cui, oltre ai 116 racconti raccolti in volume dal G. e ai 170 editi in volumi postumi, sono 57 testi pubblicati dall'autore in riviste, ma mai riproposti in volume.
Al crescente favore di pubblico (non solo in Italia) toccato agli scritti di Mondo piccolo contribuirono in maniera decisiva le fortunatissime trasposizioni cinematografiche, su soggetti predisposti dallo stesso G. (spesso in dissenso con i registi, in particolare con J. Duvivier) e che ebbero come protagonisti la coppia Fernandel - G. Cervi: Don Camillo (1951) e Il ritorno di don Camillo (1952), regia di J. Duvivier; Don Camillo e l'onorevole Peppone (1955) e Don Camillo monsignore… ma non troppo (1961), regia di C. Gallone; Il compagno don Camillo (1965), regia di L. Comencini.
Più lontani dallo spirito degli scritti del G. sono Don Camillo e i giovani d'oggi (1972), con G. Moschin e L. Stander, regia di M. Camerini, e Don Camillo (1983), diretto e interpretato da T. Hill, entrambi prodotti dopo la sua morte.
Per il cinema, inoltre, il G. preparò i materiali e diresse il montaggio della prima delle due parti di un film-documentario sulle tensioni e le contraddizioni del mondo contemporaneo, La rabbia (1963): la seconda parte era stata affidata a P.P. Pasolini, che però, quando il film uscì (con deludente esito di pubblico e critica), volle ritirare la sua firma dall'opera.
Altro microcosmo su cui il G. indirizzò "con enorme leggerezza, e con esattezza da artigiano consumato" (Baricco, p. VII) la sua capacità di osservazione minuta e ironicamente deformante è il "Piccolo mondo borghese" della famiglia, su cui sono incentrati i racconti (di nuovo in forma seriale, impostati su personaggi della famiglia dello stesso G.: la moglie Margherita, i figli Albertino e Carlotta, detta la Pasionaria, la domestica, ecc.) delle raccolte Lo zibaldino (Milano 1948) e Corrierino delle famiglie (dal titolo dell'omonima rubrica sul Candido, ibid. 1954): anche attraverso tale recupero e l'analisi dell'universo autosufficiente della famiglia, di cui peraltro sono umoristicamente evidenziati gli aspetti paradossali, si esprimono, come già nei testi di Mondo piccolo, con un lessico essenziale e in uno stile volutamente asciutto (che non correttamente sono stati talora considerati come povertà espressiva), il progressivo distacco e la crescente estraneità del G. al clima morale e politico dell'Italia del suo tempo.
Tale distacco divenne separazione anche fisica dalla città, con il conseguente recupero dello stile di vita contadino, sin dal 1952, quando il G. si trasferì con la famiglia a Roncole Verdi, decidendo di fare il pendolare con Milano (dove soggiornava per tre giorni la settimana, finché lavorò alla direzione del Candido) e investendo i suoi guadagni di giornalista e scrittore dapprima in un'azienda agricola (che poi fu costretto a svendere), quindi nella gestione di un caffè vicino alla casa natale di G. Verdi (successivamente affiancato da un ristorante, che volle di nuovo gestire personalmente). La detenzione nel 1954-56 e i duri, talora volgari, attacchi che gli vennero rivolti accentuarono in G. la tendenza a isolarsi, e nel 1957 il già ricordato pellegrinaggio sui luoghi della sua prigionia durante la guerra e l'abbandono della direzione del Candido segnarono la netta riduzione di attività che caratterizzò l'ultima fase della sua vita.
Dopo il 1957 il G. limitò le attività giornalistiche a collaborazioni al settimanale IlBorghese (una raccolta di articoli politici pubblicati su tale periodico è nel volume postumo L'Italia in graticola, Roma 1968) e a una rubrica di commenti politici e di costume sul settimanale Oggi (dal 1964 al 1968). Oltre alla stesura dei soggetti per i film tratti da Mondo piccolo, all'ultimo periodo della sua carriera letteraria appartiene il volume La calda estate di Gigino il pestifero, Milano 1967 (nuova ed. nella forma voluta dal G. e con il titolo originale La calda estate del pestifero, ibid. 1994), favola sarcastica sulla mentalità e i modi di vita dell'Italia consumistica degli anni del boom economico.
Ormai isolato, il G. morì a Cervia il 22 luglio 1968 per infarto cardiaco.
Postumi sono apparsi, oltre a quelli già ricordati, diversi volumi di suoi scritti, parzialmente o totalmente inediti, spesso raccolti e organizzati, per cura dei figli Alberto e Carlotta, secondo piani di pubblicazione elaborati ma non realizzati dallo stesso G. (tutti i volumi sono stati pubblicati a Milano dalla Rizzoli; per una valutazione critica dei caratteri e della larga fortuna editoriale di tali edizioni cfr. L. Clerici, Lo sfruttamento del filone Guareschi, in Tirature '96, a cura di V. Spinazzola, pp. 68-72): Vita in famiglia, 1968 (raccolta degli articoli pubblicati dal G. su Oggi dall'ottobre 1964 all'aprile 1968; nuova ed. ampliata con testi inediti e rivista sugli originali, con il titolo Vita con Gio': "Vita in famiglia" e altri racconti, 1995); Gente così, 1980; Lo spumarino pallido, 1981 (due raccolte di racconti del ciclo Mondo piccolo, riuniti in ed. riveduta e corretta nel volume dal titolo Don Camillo della Bassa, 1997); Il decimo clandestino, 1982; Noi del Boscaccio, 1983 (nuova ed. in volume unico, con il titolo, scelto dal G., Piccolo mondo borghese, 1998, raccolta dei racconti non legati al ciclo Mondo piccolo, già pubblicati sul Candido dal 1948 al 1958); Osservazioni di uno qualunque, 1988 (raccolta, secondo un piano di pubblicazione preparato dal G., di racconti di vita familiare apparsi sul Bertoldo e sul Candido: il titolo deriva da quello dell'omonima rubrica tenuta dal G. sul Bertoldo); Fantasie della Bionda, 1977 (fotografie e testi del G.); Un po' per gioco, 2000 (fotografie scattate dal G. dal 1934 al 1952, con suoi testi di commento).
Fonti e Bibl.: Il vasto archivio del G. (circa 20.000 documenti, molti dei quali su supporto elettronico), ricco di inediti in corso di studio e pubblicazione, è custodito a Roncole Verdi presso la sede del Club dei ventitré, associazione culturale fondata nel 1987 e diretta dai figli Alberto e Carlotta: la denominazione allude al numero dei lettori (di poco inferiore a quello dei "venticinque lettori" manzoniani), che con autoironica modestia il G. prevedeva per le sue opere. Il Club, oltre alla raccolta della bibliografia e di ogni altro tipo di documentazione relativo al G., ne promuove lo studio e la pubblicazione delle opere, anche attraverso l'organizzazione di mostre e convegni, la redazione di un periodico sociale quadrimestrale (Il Fogliaccio) e la gestione di due siti Internet, periodicamente aggiornati, dedicati allo scrittore, nei quali, inoltre, è consultabile, e continuamente aggiornata, la bibliografia sul G., cui si rimanda senz'altro per qualsiasi ulteriore approfondimento.
Fondamentale per la ricostruzione della biografia del G. è il volume curato dai figli Alberto e Carlotta, Chi sogna nuovi gerani?, Milano 1993 (il titolo è l'anagramma del nome Giovannino Guareschi), in cui la narrazione delle vicende biografiche è costituita dalla citazione di brani (editi e inediti), lettere, articoli e altri documenti del G., collegati da brevi testi redatti dai curatori. Più brevi Note biografiche si trovano in appendice alle edizioni o ristampe di opere del G. curate dai figli, consultabili (e scaricabili) nei siti Internet del Club dei ventitré. Altre ricostruzioni biografico-critiche sono quelle di B. Gualazzini, G., Milano 1981, e A. Gnocchi, G. G.: una storia italiana, Milano 1998. Un profilo più snello è nella voce G., Giovanni di S. Chemotti, in Diz. critico della letteratura italiana, II, Torino 1986, pp. 455 s.