Giraldo da Borneill
Trovatore vissuto dalla seconda metà del XII agl'inizi del XIII secolo, nato a Excideuil nel Périgord; fu in relazione con Riccardo Cuor di Leone e coi sovrani d'Aragona e di Castiglia, e si legò d'amicizia col trovatore Raimbaut d'Orange.
In VE II II D. dichiara che tre sono i magnalia che possono essere materia della canzone (che è la forma più solenne in cui si realizza la lirica illustre): questa non può essere che o ‛ poesia delle armi ' - nella quale eccelle, in Provenza, Bertram de Born, mentre in Italia nessuno ha poetato di armi, arma vero nullum latium... invenio poetasse -; o ‛ poesia d'amore ' - nella quale eccelle in Provenza Arnaldo Daniello e in Italia Cino da Pistoia -; o ‛ poesia della rettitudine ', nella quale eccelle in Provenza G. e in Italia l'" amico di Cino ", cioè D. stesso. I tre magnalia, che son dunque le tre massime finalità assegnate all'anima umana, hanno la stessa dignità; ma è possibile porre tra essi una gerarchia di valori, nella quale il grado più alto spetta alla " rettitudine " che indirizza alla virtus: e quindi la poesia morale di G. sta più in alto che la poesia d'amore di Arnaldo, che a sua volta sta più in alto della poesia delle armi. Posizione non diversa da quella di Cv I I 16, in cui ‛ dolci ' rime d'amore si considerano come il prodotto della vita giovanile, della ‛ vita nova '; mentre nell'età sua temperata e virile, nella raggiunta maturità, il poeta si esprime con la rima aspra e sottile delle sue canzoni morali. Ma questa gerarchia di valori per cui la poesia morale di G. si pone sopra la poesia di Bertram de Born e di Arnaldo Daniello è smentita da D. in Pg XXVI 115 ss., dove con la solenne parola di Guido Guinizzelli si proclama la superiorità di Arnaldo Daniello su quanti hanno scritto, in versi o in prosa, in volgare: fu miglior fabbro del parlar materno. / Versi d'amore e prose di romanzi / soverchiò tutti; e lascia dir li stolti / che quel di Lemosì [cioè G.] credon ch'avanzi (v. ARNALDO Daniello). Annota il Torraca che la diversità del giudizio dipende dal fatto che nel Purgatorio la considerazione è rivolta unicamente alla forma della poesia, alla lingua poetica di cui Arnaldo fu artefice insuperabile, mentre nel De vulg. Eloq. si guarda alla materia poetica, al contenuto; e si definisce una gerarchia di valori dei vari contenuti; e, osserva sempre il Torraca, G., quanto alla forma, " fu... non di rado, prolisso e pedestre ". Questa osservazione pare legittimata dal fatto che, per bocca del Guinizzelli, D., dopo aver affermato la superiorità di Arnaldo e giudicato stolti quelli che pretendono di porre G. più in alto di Arnaldo, accosta, nel suo giudizio riprovativo, G. a Guittone d'Arezzo, cui molti antichi avevano dato pregio, fin che l'ha vinto il ver (Pg XXVI 118-126); e si sa che contro la lingua e lo stile di Guittone due volte D. si pronuncia severamente nel De vulg. Eloq. (I XIII 1, II VI 8). Senonché tutt'altro che plebeo giudica D. lo stile di G. nello stesso passo di VE II VI 5, dove si tratta dei gradi dello stile; e a indicare primamente il grado più alto, che è il sapidus et venustus etiam et excelsus, qui est dictatorum illustrium, D. non trova altro mezzo che l'allegazione di undici esempi di canzoni illustres (cinque di trovatori provenzali e sei di poeti italiani) contextae con lo stile più alto (v. Folchetto di Marsiglia); la prima canzone citata è Si per mon Sobretots non fos, di G.; cui seguono la Tan m'abellis l'amoros pensamen di Folchetto di Marsiglia e, al terzo posto, la Sols sui che sai di Arnaldo Daniello. E annota il Marigo: " anche questa di Giraut come altre due (II, Il, 9; V, 4) delle quattro citate nel trattato [la prima, citata in VE I IX - Sim sentis fezelz amics - è canzone d'amore], è una lirica morale: vi si deplora che i grandi signori non amino più, come un tempo, gioia, poesia ed onore... ma sopruso e violenza. A Dante piacque oltre l'eloquenza con cui si deplora la decadenza morale della nobiltà e la fiera invettiva contro la tristezza del tempo... il largo respiro del periodo che si snoda abbracciando anche, in pause sapienti, un'intera stanza ". Insomma la collocazione di G. al primo posto nel De vulg. Eloq. dipende non solo dalla considerazione della gerarchia di valori del contenuto, ma anche dalla valutazione dell'eccellenza della forma; e il rifiuto di Pg XXVI nasce certo dall'acquisizione di una coscienza nuova e più severa di quelle che sono le esigenze altissime dell'arte, cui serve l'impegno quasi eroico di Arnaldo. In ogni modo D. seguì G. poeta della rettitudine come modello e maestro nel momento della composizione delle sue canzoni morali: il De Lollis tra la poesia ‛ temperata e virile ' di D. e quella di G. nota " una rilevante conformità di tono " pur non potendo additare " una vera e propria concordia di parole "; ed è tono solenne che il De Lollis rileva affermando una " maestà sacerdotale " comune a G. e a Dante. Solennemente ieratica appare spesso la poesia di G., che ha, in generale, andamento raccolto e meditativo, se pur talvolta prorompe in aspre e concitate rampogne. Predicatore accigliato e austero appare G., che giudicava egli stesso i suoi canti più prediche, talvolta, che poesie: " Oimais semblara prezics mos chans...; vuoill far sermos ". E non solo toni sacerdotali ha la poesia di G., ma anche magistrali: felicemente il compilatore del canzoniere provenzale A (codice Vaticano lat. 5232) suggeriva al miniatore di raffigurare G. come " maistro in carega ", maestro in cattedra. Al carattere dottrinale e ai toni culti e austeramente morali della poesia di G. convengono i dati che ci offre l'antico biografo; il quale dice che fu " savis... hom de letras e de sen natural " e che " la soa vida si era aitals qua tot l'invern estava en escola et aprendia letras, e tota estat anava per cortz e menava ab se dos cantadors que cantavon las soas chansos "; e aggiunge che " non volc mais muiller, e tot so qu'el gazaingnava dava a sos paubres parents et a la eglesia de la villa on el nasquet " (Boutière-Schutz, p. 39). Aggiunge ancora, che " fo apellatz maestre dels trobadors ", essendo " meiller trobaire que negus d'aquels qu'eron estat denan ni foron apres lui ". Maestro dei trovatori: l'appellativo che già era stato attribuito al maggiore degli " antiquiores doctores ", Pietro d'Alvernia, e il giudizio è condiviso dagli amatori e cultori della poesia trobadorica, compilatori dei canzonieri: G. è il secondo (dopo Pietro d'Alvernia) cui, nei canzonieri ordinati per autore, sia attribuito il posto d'onore, il primo posto. L'editore di G., il Kolsen, riconosce che delle settantasette composizioni del Limosino che i canzonieri ci hanno conservato (canzoni, sirventesi politici e morali, e una celebre ‛ alba ', Reys poderos) ben cinquantadue sono " reine Minnelieder "; il che porterebbe a raffigurare G. come poeta prevalentemente d'amore. Ma il giudizio di D. che quel di Lemosì pone come principe dei poeti della ‛ rettitudine ' resta pienamente valido, quali che siano le conclusioni che si possono derivare dalla considerazione della materia della poesia di Giraldo. Al centro del suo interesse sta il problema della moralità. Anche se canta d'amore: che è sempre - anche se il tema concreto può apparire il tema dell'amore per la donna - amore della virtù, della giustizia, dell'onestà cui l'amore per la donna è scala e guida: a virtù e pregi di cavaliere perfetto amore è guida e sprone; e in tal intenzione beltà di donna è d'amore ministra (" Ma poiché pregio di cavalleria è umiliato nel fango, amor di donna valente appena trova più sua degna sede "). Pregio è umiliato nel fango di avarizia, il più orrendo peccato che il codice della cavalleria contempli; e contro avarizia e i suoi sacerdoti che osano intendere ad amore, sermoneggia e tuona G.: " contro il decadere di pregio e di sollazzo - scrive il De Lollis -, con parole di fuoco contro i cavalieri mercanti e ladri, che a donneare intendono con mani puzzolenti di montone, è il canto scorato di Giraldo che Dante cita nel De vulgari Eloquentia a convalidare il battesimo che egli gli dà di poeta della rettitudine ".
Bibl. - A. Kolsen, Sämtliche Lieder des troubadours G. B., Halle 1910; id., Der Trobadour G. de B. als poeta rectitudinis, in " Archiv für das Studium der neueren Sprache und Literaturen " CXXXVII, 79; C. De Lollis, Quel di Lemosì, in A Ernesto Monaci per l'anno XXV del suo insegnamento gli scolari, Roma 1901, 353 ss.; J. Boutière-A.H. Schutz, Biographies des Troubadours, Parigi 1964², 39; A. Marigo, De vulg. Eloq. 213; A. Viscardi, Storia delle letterature d'oc e d'oil, Firenze-Milano 1967, 138 ss.