ALIBRANDI, Girolamo
Pittore, nato a Messina negli ultimi decenni del sec. XV (nel 1470 secondo Hackert e Grano), operoso nei primi decenni del XVI (all'incirca fino al 1523). La più antica notizia che lo riguarda è del 1514, quando l'intagliatore Antonio Floresta venne incaricato di eseguire la cornice per un quadro rappresentante la Madonna col Bambino che l'A. s'era impegnato a dipingere per la chiesa madre del casale di Santo Stefano Medio (Messina). La tavola, consegnata ai committenti nell'agosto del 1516, si conserva tuttora, sia pure in pessime condizioni, nella chiesa per la quale venne dipinta, ed è, almeno per quanto fin qui si conosce, l'opera più antica dell'Alibrandi. Essa, com'è facile dedurre non solo dalla composizione, ma anche dai tipi delle figure, dai panneggi e dallo stesso paesaggio, è tutta piena di ricordi leonardiani e raffaelleschi. E son questi gli aspetti per i quali l'A. venne dagli scrittori locali esaltato come il "Raffaello di Messina". Gli accennati motivi sono, però, ad evidenza, mediati dall'opera di Cesare da Sesto, con il quale, secondo un'ipotesi del Cavalcaselle, l'A. sarebbe nel 1514 rientrato in Messina, dopo una ipotetica studiosa peregrinazione in vari centri della Penisola, e del quale, di fatto resta un modesto imitatore.
La riprova e, insieme, la giustificazione del ricordato appellativo sono fornite dalle altre opere sicuramente sue: una Sacra famiglia di collezione privata e la Presentazione del Bambino al Tempio (firmata e datata 1519), celebrata dagli scrittori locali oltre ogni convenienza (ricomposta nel museo di Messina dopo i guasti provocati dal terremoto del 1908). Nella Sacra famiglia, di piccolo formato, la figura della Vergine ha il modulo tipico, ma non la sfumata morbidezza, delle Madonne del pittore lombardo (valga il confronto con quella dell'Adorazione dei Magi, dipinta per la chiesa messinese di S. Nicolò ed ora conservata nella Pinacoteca di Napoli), mentre la figura di s. Giuseppe ha un timbro schiettamente raffaellesco. La Presentazione del Bambino al Tempio non è - e su questo il parere degli studiosi è concorde - che una disinvolta e corsiva parafrasi della già citata Adorazione dei Magi di Cesare da Sesto.
Il poco che positivamente si conosce dell'A. si riferisce pertanto al momento del suo incontro con Cesare da Sesto: nulla sappiamo, ad esempio, della sua attività giovanile. Le opere rimaste appaiono prive di autonomia, e acquistano rilievo solo nella vasta risonanza che, come ormai è stato ampiamente dimostrato, ebbe, non soltanto a Messina ma anche in tutta la Sicilia, l'opera di Cesare da Sesto: il capitolo modesto, ma pur sempre significativo, della diffusione della cultura leonardiana e raffaellesca in Sicilia.
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