ARCOVITO, Girolamo
Nato a Reggio Calabria il 7 nov. 1771, da Natale e da Teresa Ranieri, fece i primi studi in seminario, poi, a venticinque anni, alla vigilia della consacrazione sacerdotale, svestì l'abito talare e si recò a Napoli per studiare legge.
A Napoli strinse amicizia con G. Logoteta, fu attivo propagandista giacobino, quindi segretario della Società patriottica degli "Amici della legge" (V. Cuoco, Saggio storico della rivoluzione napoletana del 1799, a cura di N. Cortese, Firenze 1926, p. 275 n.), della quale redasse gli Statuti (v. notizie del Mattei nel Venditore repubblicano del 10 germile, anno I della Repubblica napoletana). In questi Statuti il Soriga ha osservato, insieme con il ricordo della costituzione massonica, il preannunzio dell'imminente carboneria. Redasse anche un Piano regolatore della Società di pubblica istruzione. Comandante della fortezza di Sant'Elmo alla proclamazione della repubblica (B. Croce, La rivoluzione napoletana del 1799, Bari 1948, p. 309), poi inviato in Calabria dallo Championnet come capo cantone, si distinse nella difesa di Napoli contro le masse del Ruffo, come capitano della Legione calabra, e fu tra i difensori del forte di Vigliena. Sottratto alla morte dall'intervento del concittadino D. Chiantella, capitano borbonico, riuscì a salire a bordo di un legno francese; ripreso, sfuggì alla pena capitale perché il fratello sacerdote, Antonio, accorso da Reggio, mobilitò in suo favore amici e conoscenti. Venne condannato a vita e rinchiuso nel castello d'Ischia; graziato nel 1801, si addottorò ed esercitò in Reggio la professione.
Ritornati i Francesi, fu dal Saliceti nominato commissario civile presso le Colonne mobili. Nominato giudice nella corte dell'Aquila, dopo essere passato a quella di Monteleone, il 14 dic. 1811 venne nominato presidente della Gran Corte di Cosenza.
Alla restaurazione conservò il posto, poi fu rimosso nel 1817. L'A. non aveva cessato la sua attività patriottica; è attestato un suo intervento a un convegno di liberali di Napoli e di Salerno, tenuto nell'antica Pompei nel maggio del 1817, per concordare un piano di rivolta nella capitale. Questa attività clandestina dové sfuggire alla polizia borbonica, perché il 9 nov. 1818 l'A. venne reintegrato nella magistratura, come presidente della Gran Corte criminale di Teramo. Il 22 luglio 1820 fu nominato delegato speciale di Teramo nella giunta preparatoria per le elezioni, e nel 2º collegio di Calabria Ultra fu eletto deputato al parlamento, di cui fu scelto a presidente il 25 febbr. 1821.
Fu tra i parlamentari più operosi ed equilibrati. Membro della Commissione legislativa, fra l'altro fu relatore della legge sulla soppressione dei giochi d'azzardo, per l'abolizione della feudalità e per la divisione dei demani in Sicilia; tra i suoi interventi all'assemblea si ricordano quello (contrario al parere della maggioranza espresso da G. Poerio) avverso alla concessione al re del permesso di recarsi a Lubiana; e quello del 27 dic. 1820 per sollecitarne il ritorno. Ultimo tra i presidenti del parlamento napoletano, tenne con decoro il seggio fino all'ultimo giorno, e fu tra quei deputati che protestarono per la violazione del diritto delle genti.
Al ritorno dei Borboni, fu destituito e processato, ma riuscì a sfuggire all'arresto nascondendosi in Calabria, finché Francesco I lo amnistiò nel 1825. Dal 1827 al '29 fu mandato a domicilio coatto a Salerno per opera del Chiarini (ex rivoluzionario, incaricato dell'intendenza di Reggio) contro il quale l'A. si vendicò scrivendo un vivacissimo poemetto in dialetto calabrese, La Cucchiareddeide. Nel 1838 fondò in Reggio un giornale letterario, Fata Morgana, che fu palestra di cultura di valorosi calabresi.
Scoppiato a Reggio il moto del 2 sett. 1847, benché l'A. non avesse partecipato al comitato provvisorio rivoluzionario per l'età inoltrata e la malferma salute, pure fu compreso nella lista dei capi compilata dalla polizia. Dové, per nascondersi, abbandonare la sua casa; vi ritornò solo per morirvi il 1º dic. 1847.
Bibl.: C. Morisani, Notizie biografiche di G. A., Reggio Calabria 1874; V. Fontanarosa, Il parlamento nazionale napoletano per gli anni 1820 e 1821, Roma 1900, pp. 17, 36, 51, 55, 63; Atti del Parlamento delle Due Sicilie, Bologna 1926, sotto le date citate; V. G. Galati, Gli scrittori delle Calabrie, I, Firenze 1928, pp. 196-199 (con bibl.); A. Valente, Gioacchino Murat e l'Italia meridionale,Torino 1941, pp. 194, 211 e 237 n.; R. Soriga, Le società segrete, l'emigrazione politica e i primi moti per l'indipendenza, Modena 1942, pp. 75 s., 85, 193; V. Caldora, Calabria napoleonica (1806-1815),Napoli 1960, pp. 40, 62 s.; Dizionario del Risorgimento nazionale, II, p. 102.