BARBARIGO, Girolamo
L'anno della nascita del B. si può fissare intorno al 1479, avendo egli assunto nell'ottobre 1509 la carica di savio agli Ordini, per la quale era allora richiesta l'età minima di trent'anni; figlio di Girolamo,.era nipote del doge Marco Barbarigo, fratello e predecessore del più famoso Agostino. La sua carriera politica fu fin dagli inizi facile e brillante. Nel 1509 fu dal 10 agosto capo della Quarantia criminale e dal 10 ottobre savio agli Ordini, carica di solito riservata ai giovani delle famiglie senatorie destinati alle più alte magistrature della Repubblica. Nel marzo 1510 fu eletto giudice del procuratore e nel 1511 camerlengo di Comun. Il 29 giugno 1512 il Maggior Consiglio lo elesse podestà e capitano a Feltre, carica che assunse soltanto nel settembre dell'anno successivo, dopo aver sposato, nel novembre del 1512, una figlia di Giovanni Battista Foscarini.
Feltre si trovava in una posizione esposta alle offese dell'esercito dell'imperatore, con il quale Venezia era nuovamente in guerra. Il B. dovette segnalare presto al Senato minacciosi concentramenti nemici e cercò di chiedere rinforzi e organizzare la difesa; ma la città, distrutta dall'incendio del 1510 e priva di mura, non era difendibile: perciò dopo le prime scaramucce, all'avvicinarsi del nemico, il 10 febbr. 1514 il B. fu costretto ad abbandonarla per rifugiarsi a Serravalle, finché il 15 dello stesso mese poté ritornarvi, dopo che l'esercito veneziano aveva ricacciato i nemici.
Nel 1515, tornato da Feltre, fu dall'agosto al dicembre camerlengo di Comun. Nel luglio 1516 approfittò di uno dei provvedimenti straordinari a cui la Repubblica ricorreva sovente per trovare denaro, entrando nella giunta del Senato mediante il dono di 200 ducati; più tardi, nel dicembre, fu invece eletto allo stesso Consiglio per via normale, e da allora ne fece parte quasi in continuazione, sia come ordinario sia nella giunta. Dal 10 maggio 1519 al 31 ag. 1520 fu podestà di Chioggia.
È di questo periodo l'unico episodio a noi noto che lasci intravedere la personalità dell'uomo, altrimenti conosciuto soltanto attraverso il freddo elenco delle cariche pubbliche da lui assiduamente esercitate, come ogni altro buon patrizio veneto. Si presentò dunque in Collegio, pochi giorni dopo che il B. era entrato in Chioggia, Bernardino Venier da Pirano, vescovo clodiense, il quale narrò di uno spirito che si era manifestato battendo dei colpi per più notti in una stanza dove dormivano alcuni preti ed aveva predetto che la cittadina sarebbe sprofondata il 15 maggio alle ore 8; e anche il vescovo ("è uomo dotto", annotava il Sanuto) una notte si era sentito stringere il naso, segno certo della presenza degli spiriti. Il B. non rimase affatto impressionato: "me ne fezi beffe", scriveva al fratello, né vi avrebbe fatto caso se la città non fosse stata in preda allo spavento, percorsa dalle processioni guidate dal vescovo, "seguito da assai femenuzole". Per il B. era chiaro che si trattava di un imbroglio: andò inutilmente di notte nella stanza infestata dai pretesi spiriti, e infine fece arrestare uno dei preti, che confessò; così finalmente poté scrivere a Venezia che aveva scoperto "la bararia e trufa de li preti", e come appunto questi fossero gli autori dei misteriosi colpi.
Tornato da Chioggia, il 3 sett. 1520 il B. fece la relazione al Collegio, il cui sunto, riferito dal Sanuto (Diarii, XXIX, 147), contiene alcune interessanti notizie sulla vita economica e sociale della città. Eletto podestà a Bergamo il 15 ag. 1521, assunse la carica soltanto un anno dopo, e la esercitò per due anni "con gran fatica et pericolo": i suoi dispacci lo mostrano tutto intento a seguire le vicende della guerra combattuta in quegli anni tra Francesco I e Carlo V sui campi di Lombardia. Ritornò a Venezia verso il principio del giugno 1524; nell'ottobre dello stesso anno fu eletto tra i savi incaricati della riforma dell'estimo, e l'8 genn. 1525 nel Consiglio dei Dieci, giovane ancora, come notava il Sanuto, rispetto all'importanza della magistratura: ciò nonostante, a riprova del prestigio di cui già godeva il B., i colleghi lo elessero quasi a mesi alterni capo dello stesso consiglio.
Da allora egli sedette quasi in permanenza al governo della Repubblica, avvicendandosi al Senato, al Consiglio dei Dieci e alla Signoria (fu consigliere ducale per il sestiere di S. Polo dal giugno 1528). La morte lo colse il 15 ag. 15 31 a Padova, dove soggiornava da alcuni mesi per curare la malattia che doveva portarlo alla morte: "saria sta, più grando asai - commentò il Sanuto - se Dio li havesse dà longa vita".
Fonti e Bibl.: Venezia, Civico Museo Correr, cod. Cicogna 3781, G. Priuli, Pretiosi frutti del Maggior Consiglio, I, p. 22; Arch. di Stato di Venezia, Capi del Consiglio dei Dieci, Lettere di rettori, b. l'f. 121; b. 73, ff. 178-180; M. Sanuto, Diarii, IX, X, XIV-XVIII, XX-XXX, XXXIIIXXXIX, XLII-LIV, Venezia 1883-1899, passim.