BOLOGNINI, Girolamo
Nato verso la fine del sec. XIV da Andrea di Bartolomeo di Bolognino, premorto al padre nel 1400, e da Camilla di Egano Lambertini, il B. ereditò dal nonno, assieme al fratello Francesco, una discreta ricchezza derivata dalla produzione e dal commercio della seta, di cui la famiglia Bolognini aveva importato l'arte della lavorazione in Bologna verso la metà del XIII secolo.
Il B. è ricordato per la prima volta nel testamento, rogato il 10 febbr. 1408, del nonno Bartolomeo. Il 12 apr. 1412 presentò a Giovanni, abate di S. Procolo e vicario del vescovo di Bologna, il cappellano addetto all'ufficiatura nella cappella di giuspatronato dei Bolognini nella basilica di S. Petronio. Ma la ricchezza e il prestigio goduto dalla famiglia in Bologna dovevano portare ben presto il B. a prender parte viva nella politica cittadina: il 2 ag. 1428, partecipando alla sommossa contro il governo pontificio, rappresentato dal legato Alamanni, venne eletto nella casa di Marchionne Canetoli, capo della congiura, tra gli Otto di Balia a cui veniva affidato il governo del ripristinato Comune bolognese. Il 23 aprile dell'anno seguente il B. fu uno dei Sedici riformatori dello Stato di libertà.
Ritornata la Città, il 25 sett. 1429, sotto il dominio diretto della Chiesa, il nuovo legato pontificio Lucio de' Conti estromise dalla magistratura dei Sedici il B., troppo compromesso col precedente regime, ma, riconoscendo la parziale estraneità della famiglia Bolognini dalle lotte di fazione, lo sostituì con il fratello minore Francesco. Il B. fu comunque tra i cinque ambasciatori che il Senato bolognese nel febbraio del 1430 inviò a Roma per rendere omaggio al papa Martino V e chiedere onorevoli capitoli per la città. La fiducia di cui godeva in patria e la buona riuscita dell'ambasceria romana lo fecero rientrare ben presto nella politica attiva. L'anno seguente infatti fece parte dei venti magistrati, cinque per quartiere, nominati da Eugenio IV a sostituire i Sedici Riformatori nel governo della città. Anche nel 1432 ricoprì questa carica, sempre per il quartiere di porta Ravennate, mentre tre anni dopo risulta tra i Dieci di Balia deputati all'elezione di tutti i magistrati minori della città. Il 13 giugno 1436 ospitò nel suo palazzo in strada S. Stefano il marchese Niccolò d'Este venuto a Bologna per incontrarsi con Eugenio IV che vi si trattenne per quasi due anni.
Passata Bologna nel maggio 1438 sotto il dominio visconteo, il capitano Niccolò Piccinino, vicario del duca di Milano, lo chiamò a far parte dei Dieci di Balia. Nel 1440 venne eletto nella ripristinata magistratura dei Sedici Riformatori autorizzati a restare in carica per tutto il tempo che giudicassero opportuno.
Anche dopo il rientro in Bologna di Annibale Bentivoglio, il B. fece parte, nel 1443, dei Sedici Riformatori e poi, abolita nuovamente questa magistratura, dei Dieci di Balia. Nel 1444 ricoprì la carica di gonfaloniere di Giustizia e in tale funzione sventò una congiura ordita dagli abitanti di San Giovanni in Persiceto per dare la loro terra in potere ai Visconti. Le cronache bolognesi contemporanee sono concordi nel porre in risalto l'astuzia, più da mercante che da uomo d'arme, usata dal B. per sventare quell'insidia che avrebbe potuto recare un grave colpo alla libertà sempre precaria di Bologna.
Venuto a conoscenza della congiura, il B. radunò l'esercito e passò il Reno a Cento, facendo spargere la voce che si recava contro il capitano di ventura Francesco Piccinino. Giunto nelle vicinanze di San Giovanni, mandò a chiamare la compagnia di cavalieri che il Comune di Bologna teneva in quel borgo sotto il comando di Pietro da Navarrino. Alla testa di queste truppe e con uno stratagemma si impadronì della rocca e il giorno stesso condusse i Persicetani che la presidiavano a Bologna, dove chiese al Consiglio dei Seicento la distruzione del castello di San Giovanni e la dispersione degli abitanti: ma il consiglio si limitò ad ordinare la distruzione della rocca.
Nel giugno 1445 Bologna fu funestata dalla congiura dei Canetoli, che provocò l'uccisione di Annibale Bentivoglio ma anche la fuga dei congiurati, inseguiti dal popolo inferocito. Il B. si assunse, in quella tragica circostanza, insieme con Melchiorre da Maglio, il difficile compito di pacificare le fazioni, ma la sua mediazione non ottenne alcun esito: Galeazzo Marescotti continuò ad infierire sui Canetoli. Il tentativo di mediazione costò al B. le simpatie dei Bentivoglio e così, dopo aver fatto parte per l'ultima volta dei Sedici Riformatori per i primi sei mesi del 1446, quando ancora dominava nella città Galeazzo Marescotti, al ritorno di Sante Bentivoglio in Bologna, nel novembre di quell'anno, fu tra i dieci nomi che il nuovo signore cancellò, riducendo i Riformatori al numero di sei.
Non è nota la data esatta della morte, che dovette avvenire poco dopo.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Bologna, Alberi Genealogici (ms. di G. B. Guidicini), cc. 22-26; Bologna, Bibl. Univ., ms. n. 788; Cronaca di Bolognacomposta da Francesco Maria Guidotti (a c. 233 inizia un capitolo sulle origini della famiglia Bolognini); Hieronimus de Bursellis, Cronica gestarumac factorummemorabilium civitatisBononie, in Rer. Ital. Script., XXIII, 2, a c. di A. Sorbelli, pp. 83, 85; C. Ghirardacci, Della historia diBologna, III, ibid., XXXIII, 1, a c. di A. Sorbelli, ad Indicem; A. Machiavelli, Lettera intornoalla nobil prosapiaBolognini diBologna, Bologna 1737, pp. 23-25; P. S. Dolfi, Cronologia dellefamiglie nobili di Bologna, Bologna 1670, p. 188; G. B. Guidicini, Cose notabilidi Bologna, Bologna 1870, II, p. 366; G. Gozzadini, Delle torri di Bolognae delle famiglie alle quali prima appartennero, Bologna 1875, p. 166; G. B. Guidicini, I Riformatori dello Stato di Libertàdella città di Bologna dal 1394 al1797, Bologna 1876, pp. 29-38; L. Frati, La cappella Bolognini nella basilica di S. Petronio a Bologna, in L'Arte, XIII (1910), n. 3, pp. 214-216.