BON, Girolamo
Nacque a Venezia da Angelo e Lucia Panighetti sul finire del sec. XVI, come fa presumere la sua nomina a "ballottin" del 12 sett. 1614. Di famiglia cittadina, il B. abbracciò la carriera burocratico-cancelleresca, al pari di un altro dei suoi tre fratelli, Vettor: Questi divenne straordinario di Pregadi nel 1625, ordinario nel 1630, dopo essere stato coadiutore del bailo Giovanni Capello a Costantinopoli nel 1629-30; nel 1634-38 fu a Madrid segretario dell'ambasciatore Giovanni Giustinian.
Quanto al B. - che nel 1635 risulta sposato con un figlio, Angelo - venne nominato ordinario di Pregadi il 18 dic. 1630, segretario il 22 genn. 1633. Per quasi quattordici anni fu quindi assorbito da incarichi diplomatici. Dapprima, tra il settembre del 1634 e il giugno del 1638, rappresentò, come residente, la Repubblica a Milano, in un periodo di limitato interesse per quanto attiene ai rapporti della Serenissima con la Lombardia spagnola.
Controversie tra confinanti per l'utilizzazione delle acque, richieste di estradizione, fughe e sconfinamenti in territorio veneto di uomini al soldo della Spagna di cui comunque la Repubblica rifiuta ogni responsabilità, violazioni di giurisdizione specie a danno di Venezia, sono le questioni di cui il B. deve occuparsi assiduamente. La maggior parte dei suoi dispacci è, comunque, dedicata alla situazione interna del Milanese e al conflitto in corso tra Spagnoli e Franco-Piemontesi. Riferisce sull'esito degli scontri, sulle mosse degli eserciti, sulle voci di divergenze tra collegati, sulla delicata situazione di Mantova, sulla politica farnesiana. È attento anche ai riflessi della guerra sulla popolazione, ai suoi mutevoli umori; intuisce i sordi rancori per l'eccessivo fiscalismo spagnolo, mentre i Francesi, nelle zone occupate, si comportavano più abilmente; è sensibile alle sofferenze apportate dalle prepotenti soldatesche.
Abile e dignitosa nel B. la difesa dell'assoluta neutralità veneta: frutto di "independenza" oltre che di "prudenza", scelta basilare e permanente di una condotta di pace che la Repubblica vorrebbe fungesse da modello per i principi italiani e le stesse potenze europee. In realtà per essa la rigorosa estraneità alla guerra era più una necessità di sopravvivenza che una scelta tra diverse possibilità, e utopistica appare la pretesa di costituire un ideale punto di riferimento per una decantazione dei contrasti.
Ultimato il "servitio in ottima maniera prestato... e con molto merito" a Milano, come riconobbe il Senato, il B. raggiunse direttamente, il 18 luglio 1638, la nuova sede di Firenze, ove dimorò, in qualità di residente, sino al 21 maggio 1641.
Meno faticosi questi anni rispetto a quelli trascorsi a Milano: la guerra non toccava il granducato e la spinosa questione di Castro - pur interessando e preoccupando vivamente, se non altro per ragioni di parentela con Edoardo Farnese, la corte medicea - si sperava ancora componibile senza ricorrere alle armi. Ferdinando II, velleitario ed oscillante, non meritava d'esser preso molto sul serio, e garbatamente il B. metteva in luce l'incostanza e la fragilità delle sue opinioni. Non mancano nei suoi dispacci pettegolezzi e dicerie sulla vita di corte, frequenti le voci e le notizie giuntegli da Livorno sulla guerra della Porta con la Persia e, più ancora, sulle reggenze barbaresche, in particolare sulle intenzioni e i movimenti del rinnegato italiano 'Alī Bičenin. Interessante anche quanto il B. riporta sulle controversie d'ordine giurisdizionale che inasprivano i rapporti mediceo-pontifici.
Il 9 marzo 1641 il Senato comunicò al B. che il Consiglio dei dieci, "colla stima solita" della sua "virtù", l'aveva destinato "al servitio in Roma", come segretario dell'ambasciatore straordinario Angelo Contarini. Recatovisi da Firenze, il B. ebbe per circa un biennio, a partire dal luglio 1641, completa responsabilità di rappresentanza presso la S. Sede essendo partito il Contarini. Ignoriamo dove il Livingston abbia tratta la notizia che Marc'Antonio Busenello, già residente a Mantova nel 1629-30, sia stato in lite nel 1642 "davanti al Consiglio dei X" col B., "che voleva far destituire"; senz'altro errata comunque la fonte archivistica cui rimanda. Risulta invece che il 6 marzo 1641 la Signoria deliberò potesse essere ballottato il B. alla carica di segretario dell'ambasciatore straordinario a Roma, escludendo nel contempo dalla ballottazione il Busenello "per esser legista".
I compiti del B. a Roma furono espressamente limitati dal Senato il 6 luglio 1641: "l'esperienza già fatta del tuo buon zelo e della tua virtù ci rende certi anco del tuo buon servitio presente che doverà per hora consistere più nell'osservar et avvisarci le occorenze della corte e gli andamenti di palazzo, i fini e gli interessi in ogni risolutione, che nell'operar d'avantaggio". Predominante nelle sue lettere da Roma la vicenda di Castro, motivo di turbamento via via maggiore, tale da porre in secondo piano altri e diversi problemi. Certo non placarono le smanie dell'esagitato pontefice i generici consigli di moderazione che il B. gli esprimeva a nome di Venezia; questa d'altra parte veniva assiamendo una posizione più decisa e responsabile di fronte alle sue pretese; il che rese sconsigliabile un'ulteriore permanenza del B. presso la S. Sede. Egli dovette pertanto partire da Roma, quasi clandestinamente, nel giugno del 1643.
Il B. tornò a Venezia, ma per poco più di un anno; nominato per la terza volta residente, la lasciò per Zurigo. Qui rimase dall'ottobre del 1644 al maggio del 1648 informando dettagliatamente il Senato sugli echi che giungevano della guerra dei Trent'anni, sui contrasti tra cattolici e protestanti, specie nei Grigioni, sulle manovre degli inviati esteri, in particolare francesi. Una volta iniziata la guerra di Candia, assorbente divenne per lui la coordinazione delle leve che si tenevano per Venezia in territorio svizzero, cui si aggiunsero le estenuanti trattative per ottenere dai vari cantoni una non troppo onerosa libertà di passaggio per le truppe destinate alla Serenissima. Indispensabili a tal proposito si rivelarono i cospicui donativi e le promesse di particolari vantaggi e favori per guadagnarsi l'appoggio dei personaggi più autorevoli.
Di nuovo a Venezia, il 23 sett. 1651 il B. divenne segretario del Consiglio dei dieci. Con tutta probabilità morì prima del 1675.
Fonti e Bibl.: La collocazione archivistica dei dispacci del B. al Senato in Dispacci degli ambasciatori... al Senato. Indice, Roma 1959, pp. 46, 168, 233, 318; le istruzioni senatorie al B., nel corso della sua attività diplomatica, in Arch. di Stato di Venezia, Senato. Corti, regg. 5-12, 15-22 e Senato. Deliberazioni Romaordinaria, regg. 41-44; Ibid., Consiglio dei X. Comune, reg. 91 cc. 6rv, 331v, e Consiglio dei X. Parti comuni, f. 483; Venezia, Bibl. Naz. Marc., cod. Ital., cl. VII, 1667 (8459): Elenco degliordinari,estraordinari segretari di Pregadi e cancellieri grandi dal sec.XIII fino al XVII, c. 10r; Le relazioni degli stati europei lette al Senatodagli ambasciatori veneziani. Spagna, a cura di N. Barozzi e G. Berchet, s. 1, II, Venezia 1860, p. 77; ibid., Turchia, II, Venezia 1872, pp. 66-67; I libri commemoriali della rep. di Venezia. Regesti, VIII, a cura di R. Predelli, Venezia 1914, p. 11; V. Padovan, Addizioni ed emendamenti alla nummografia veneziana, in Archivio veneto, XXI (1881), pp. 132-134; V. Ceresole, Relevé des manuscrits des Archives de Venisese rapportant à la Suisse etaux III Ligues Grises, Venise 1890, pp. 153-160; A. Livingston, La vita veneziana nelle opere di G. F. Busenello, Venezia 1913, p. 139; F. Catalano, La fine del dom. spagnolo, in Storia di Milano, XI, Milano 1958, pp. 53, 63-65, 72.