BRITONIO, Girolamo
Nacque a Sicignano degli Alburni in Lucania (ora in Campania) prima del 1491, da un Nicola, oriundo di Nantes in Bretagna, donde il cognome; in talune delle sue opere si attribuisce anche il soprannome di Sicinio, dalla sua patria.
Di questo minore poeta cortigiano ci sono rimaste notizie scarse e imprecise, ridotte quasi unicamente a una breve biografia inserita da Pescennio Nigro nella Cosmodystychia. Fin dall'infanzia sembra si desse allo studio delle arti liberali, interessandosi particolarmente alla poesia, alla musica e alla pittura monocromatica; si trasferì poi a Napoli, dove frequentò l'Accademia Pontaniana probabilmente dopo la morte del Pontano (1503), quando le riunioni si tenevano nella villa del Sannazzaro: ma da questo dovette essere scarsamente apprezzato, se il Giovio in una lettera del 1534-35 allo Scannapeco preferisce non ripetere il giudizio che il Sannazzaro dava del B. come poeta.
Iniziò la sua carriera di letterato cortigiano presso Roberto II, principe di Salerno, cui fu presentato dallo zio Paolo; alla morte del principe (2 nov. 1508) si diede per breve tempo allo studio del diritto civile e di quello canonico. In seguito lo ritroviamo alla corte di Eleonora di Aragona, che più tardi egli esalterà nel suo canzoniere dicendosi sopravvissuto a lei unicamente per eternarne il nome: e dalla principessa sembra che egli fosse particolarmente apprezzato per le sue molte abilità artistiche, che gli consentivano di cantare le proprie poesie con l'adeguato accompagnamento musicale. Morta Eleonora il 7 ott. 1511, restò breve tempo presso il marito di lei Berardino Sanseverino principe di Bisignano; ma già verso il 1512 si trovava a Ischia, chiamato da Costanza d'Avalos senior. Subito dopo, con tutti i suoi fratelli, passò al servizio di Vittoria Colonna, allora anch'essa ad Ischia, e le si rese tanto gradito che in breve poté riassestare la situazione finanziaria della propria famiglia, decaduta a causa delle guerre. Si stabilì quindi a Napoli dandosi alla poesia e alle altre arti liberali, restando sempre al servizio della Colonna, cui dedicò il suo canzoniere pubblicandolo per la prima volta a Napoli nel 1519. Tra il 1513 e il 1521 si dovette recare a Roma per qualche tempo, ma con scarsa fortuna, se il Giraldi lo ricorda tra i poeti che, ammessi ai banchetti di Leone X, cercavano di farsi apprezzare improvvisando versi latini, ma così maldestramente da venire derisi (De poetis nostrorum temporum dialogus, I, in Opera, I, Basileae 1580, p. 398). Seguì poi nelle sue imprese il marchese di Pescara, marito della Colonna; nella battaglia di Pavia del 1525 fu in prima fila tra i cavalieri, ed ebbe poi l'incarico di raccogliere le carte e le altre cose di Francesco I, disperse dai soldati.
Morto in quello stesso anno il condottiero suo mecenate, le tracce del B. si perdono per lungo tempo: probabilmente, in questo periodo oscuro e sfortunato, vagò per le corti d'Italia, aiutato talora da Costanza d'Ávalos iunior, da lui conosciuta bambina a Ischia presso la omonima zia. Lo ritroviamo stabilito a Roma agli inizi del pontificato di Paolo III Farnese, come sembrerebbero dimostrare le sue molte opere quivi stampate e dedicate al pontefice sin dal 1535: ebbe come mecenate, a quanto attesta il B. stesso dedicandogli il Sermo, il cardinal Guido Ascanio Sforza.
Il 12 luglio 1546, in una lettera da Roma, il Giovio lo ricorda tra i dotti e i letterati che si riunivano intorno a lui; del 2 nov. 1549 è la dedicatoria a Costanza d'Ávalos iunior dei Cantici. Questa è l'ultima notizia che abbiamo dello scrittore, che dovette morire a Roma non molto tempo dopo.
La prima opera del B. è la giovanile Gelosia del Sole, pubblicata a Napoli nel 1519 col titolo Sonetti et canzoni del Britonio, poi a Venezia nel 1531 con quello di Opera volgare di G. B. di Sidgnano intitolata Gelosia del Sole, ad esprimere la splendente bellezza della donna amata, di cui il sole si ingelosisce. Il primo libro di questo canzoniere - dedicato, come si disse, alla Colonna - è diviso, secondo il consueto schema petrarchesco, in due parti: nella prima il poeta implora la donna di ricambiare il suo amore, nella seconda manifesta la propria delusione per non averlo ottenuto. Seguono al primo libro poesie di vario argomento, e finalmente l'opera si chiude con una canzone a Dio - in cui il poeta, dicendosi ventottenne, ci dà il termine ad quem per la sua nascita - e un'altra alla Vergine, che prega di togliergli dalla mente i vani pensieri d'amore. Pur essendo questa l'opera più sincera del B., l'unica da cui esulino quasi completamente intenti encomiastici e cortigiani, ben poco essa si distacca dalla monotonia di tanti altri canzonieri del secolo; l'espressione è fiacca e senza rilievo, anche là dove, nel tentativo di apparire originale, assume toni decisamente artificiosi. Nel 1525 pubblicò a Napoli il poemetto in terzine Trionpho de lo Britonio nel quale Parthenope Sirena narra e canta gli gloriosi gesti del gran Marchese di Pescara, in dialetto napoletano;poi abbiamo tutta una serie di opere dedicate a Paolo III: il Dialogo pastorale,marittimo,e ninfale composto in rime nella creazionedel papa Paulo III, Roma 1535;la Strena Parcarum,opusculum devotissimum,sub poetico velamine, s. n. t., in cui si immagina che Flora e le Parche predicano al pontefice lunga vita, contenente anche degli esametri In redeunte die coronationis e un'elegia De coronis multis antiquorum et de corona pontificali. Già da queste operette risulta chiara la statura del B. poeta latino e si comprende agevolmente il giudizio negativo che di lui dettero il Sannazzaro e altri contemporanei: il verso è usato senza dubbio con correttezza, ma con assai scarsa originalità, la presenza della mitologia è continua, massiccia e tediante, assente è qualsiasi sincero interesse dell'autore per la materia, fiaccamente trattata per finalità unicamente cortigiane. A Paolo III il B. dedicò anche una descrizione della città di Lisbona, infarcita dei' boliti riferimenti mitologici, l'Ulisbonae regiae Lusitaniae urbis,carmen, Romae 1546, in esametri; e in suo onore scrisse, dedicandolo però al cardinal G. A. Sforza, il Sermo in carmen redactus,de discessu Alexandri Farnesii cardinalis,et Octavii ducis fratrum,contra Lutheranos euntium,et de hortatu Pauli tertii Max. Pontificis ad eos et ad reliquos duces,et de vaticinio miseri exitus inimicorum, s. n. t., in esametri, il cui nucleo è un lungo e tedioso discorso del pontefice ai nipoti. Dalla rielaborazione di questo poemetto latino dovette nascere la più prolissa delle opere del B., I Cantici e i Ragionamenti,e quelli del Pontefice in favore della Santissima Romana Chiesa, Venezia 1550, dedicato a Costanza d'Ávalos iunior il 2 nov. 1549, otto giorni prima della morte del papa. È questo un poema epico sui generis di 11 canti in ottave, per un totale di 580 pp.; in esso il B. mise a frutto non solo il Sermo, ma un po' tutti i poemetti latini già composti, sicché, anche strutturalmente, l'opera si presenta eterogenea e priva di unità ideale.
Del B. ci sono anche rimasti una Nuova elegia volgare di M. G. B.,in guisa d'epistola,composta,et con ordene della vera lingua moderna, s.n. t., elegia in terzine dantesche che si finge scritta da una nobildonna romana per invocare il ritorno del marito dalla guerra; l'Opusculum de larvis marmoreis effossis,et de earum vaticinio, Romae s.d., in distici elegiaci, in cui si immagina che le maschere di marmo, ritrovate davanti alla soglia del palazzo romano del cardinal Niccolò Ridolfi, gli predicano la tiara; un Carmen bucolicum, s.n. t., ad imitazione della prima egloga di Virgilio, e la Sicinii H. B. Siciniani Ecloga cui titulus est Deiphia quam Dolipus pastor amat, Venetiis 1550. Altre sue rime si trovano in raccolte dell'epoca, tra cui quarantacinque sonetti da c. 485 a c. 510 delle Rime scelte didiversi Autori raccolte da L. Dolce, II, Venezia 1563, sei sonetti e tre canzoni in Rime di diversi raccolte da A. Arrivabene, III, Venezia 1550, pp. 162-167. Di un omonimo sembrano essere due opere filosofiche pubblicate molto tempo dopo la probabile morte del B.: Philosophia,sensibus demonstrata,in octo disputationes distincta, Neapoli 1591, e De atheismo triumphato,de gentilismo non retinendo,de praedestinatione,electione,reprobatione et auxiliis divinae gratiae Cento Tomisticus, Lutetiae 1636.
Fonti e Bibl.:P. Giovio, Lettere, a cura di G. G. Ferrero, Roma 1956-58, I, p. 177; II, p. 36; G. M. Mazzuchelli, Gli Scritt. d'Italia, II, 4, Brescia 1763, pp. 2112-14; G. Tiraboschi, Storia d. letter. ital., VII, 4, Venezia 1796, pp. 1311 s.; F. Flamini, Il Cinquecento, Milano s.d., pp. 101, 190, 536, 547; G. Mercati, Ultimi contr. alla storia degli umanisti, II, Città del Vaticano 1939, p. 86 e, a pp. 30* s., la breve biografia del B. scritta da Pescennio Nigro.