BUONVISI, Girolamo
Nacque a Lucca da Ludovico e da Caterina di Alessandro Diodati nel 1535. Erede del padre, con il fratello maggiore Alessandro, ne proseguì le attività mercantili e bancarie. Documenta la mancanza di qualsiasi soluzione di continuità nel passaggio dal padre ai figli delle aziende e degli interessi della famiglia il grosso libro personale che Ludovico aveva inaugurato nel 1549 e che i suoi due eredi continuarono fino al 1569: alcuni dei conti aperti da Ludovico furono addirittura completati dagli eredi, che per la tenuta del libro si avvalsero anche di dipendenti e collaboratori delle aziende Buonvisi. Al termine della parte contabile del libro (seguita da un settore di "ricordi" anch'essi tutti relativi all'azienda domestico-patrimoniale) due lunghi conti finali, intestati ad Alessandro e al B., e dallo sviluppo parallelo, costituiscono un "vero e proprio bilancio dell'attività commerciale del ventennio 1549-1569" (Casali): da essi apprendiamo ad esempio che la cifra di investimento nelle varie società dei Buonvisi era passata dai 7.200 scudi del 1549 ai 31.750 del 1569.
Il libro degli eredi di Ludovico permette di cogliere alcuni aspetti tipici dei rapporti fra i grandi mercanti lucchesi e gli artigiani. Il 23 genn. 1555 Alessandro e il B. - seguendo un uso già del padre Ludovico - prestavano malleveria per 500 scudi ad una famiglia di filatori che lavoravano le sete della compagnia lucchese dei Micheli e degli Arnolfini. Tali impegni a favore dei filatori non comportavano rischi, tant'è vero che il 17 febbr. 1559 Alessandro e il B. ricordavano nel loro libro (Casali, cc. 222 sinistra, 223 sin.) di aver acquistato con contratto davanti a notaio la casa d'abitazione dei filatori: la vendita in realtà era stata fatta "non perché habbia d'havere luogo, ma solo per nostra segurtà", e a maggiorcautela i Buonvisi si erano dichiarati acquirenti per 450 scudi, mentre il valore della casa era di 665. Dà la misura della dipendenza dai Buonvisi di questi artigiani - in fondo abbastanza agiati se possedevano una casa del valore di oltre 600 scudi - il fatto che un accordo privato che essi avevano fra loro stipulato per la divisione dei beni e degli utili delle attività artigiane sia integralmente riportato nel libro dei due Buonvisi sotto la data del 1º marzo 1559: in quanto debitrice dei Buonvisi la famiglia dei filatori era dunque nelle loro mani, e ciò indipendentemente da un diretto rapporto di lavoro. La posizione dei Buonvisi può apparire come quella di semplici usurai: in realtà occorre pensare a casi inversi in cui lavoratori alle dipendenze dei Buonvisi soggiacevano per le malleverie agli esponenti di altre compagnie lucchesi; il cerchio così si chiudeva, e viene in luce un assoggettamento dell'artigiano al mercante-imprenditore del tutto analogo a quello dei contadini nei confronti dei proprietari fondiari, che oltre a percepire le quote di rendita avevano la possibilità di speculare sui debiti colonici dei propri e degli altrui dipendenti.
Alessandro e il B. non continuarono in questi primi anni la politica di investimenti in beni stabili del padre, anche se fra il 1550 e il 1569 spesero oltre 7.000 scudi per acquisti di immobili e fondi; effettuarono infatti delle vendite e soprattutto delle retrovendite (a favore di Vincenzo Buonvisi e degli eredi di Martino Buonvisi che riacquistarono le loro quote-parti del palazzo della famiglia), così che la differenza fra il valore del patrimonio immobiliare del 1569 (27.000 scudi circa) e quello del 1549 (23.000 scudi circa) appare di poco superiore al valore della quota-parte dei possessi nel frattempo ereditati dallo zio Antonio di Benedetto Buonvisi (3.400 scudi).
L'acquisto più notevole dei due fratelli, insieme con i cugini figli di Martino, fu quello di una casa già dei Cenami e poi di Francesco Gabrielli, contigua al palazzo Buonvisi. Essa costò nel 1560, 4.600 scudi, metà dei quali sborsati dai figli di Ludovico, e consentì ("siando multiprichate" le famiglie) una prima divisione in due parti (a una divisione definitiva non si addivenne che nel 1569), una per Alessandro e il B., l'altra per gli eredi di Martino, del palazzo Buonvisi, fino ad allora rimasto residenza comune di tutti i discendenti da Benedetto "il vecchio": Nella stessa occasione vennero divisi anche i "menaggi e argentarie" il cui valore complessivo si aggirava sui 1.500 scudi.
Nell'ottobre del 1569 Alessandro e il B. si separarono (mantenendo indivisi soltanto la casa, affidata alle cure della madre, e alcuni magazzini di Viareggio) e l'assenza di altri libri contabili non consente di analizzare nei particolari gli ulteriori incrementi dei loro capitali, cui contribuirono non soltanto gli utili delle aziende mercantili e bancarie e le rendite dei beni fondiari, ma anche le eredità degli zii Antonio e Vincenzo Buonvisi, rispettivamente di 46.763 e 40.875 scudi per ciascuno dei due fratelli.
Mentre Alessandro era stato inviato ad Anversa fin dal 1555-56, il B. incominciò il suo apprendistato mercantile a Lione. Come erede di Ludovico era stato socio della "Antonio, Ludovico Buonvisi e C. di Lione" (dal 1550 "eredi di Ludovico") con una "missa" pari alla metà di 4.000 scudi, che gli aveva fruttato utili per la metà, di 6.743 scudi. Fu poi socio, ammesso alla firma, della "Antonio, eredi di Ludovico Buonvisi e C. di Lione" aperta in fiera di Pasqua del 1554 e chiusa nel 1559: in questo periodo fu quasi certamente a Lione, ma non in qualità di direttore dell'azienda; con il fratello Alessandro aveva fatto una "missa" di 5.000 scudi ritraendone altrettanti nella divisione degli utili. Quando la ditta fu rinnovata nella fiera di Apparizione del 1559 per cinque anni, il B. era ormai uno dei tre amministratori con lo zio Vincenzo Buonvisi e con il cugino Bernardino di Martino Buonvisi. La "missa" di Alessandro e del B., al netto delle partecipazioni segrete di altri lucchesi che avevano affidato loro denaro, era di 7.000 scudi. Nel luglio-agosto 1560 il B. fu estratto tra gli Anziani, ma era "assente", cioè a Lione, come rileviamo dal libro degli eredi di Ludovico e da un reclamo alla regina madre Caterina de' Medici che il B. sottoscrisse insieme con altri banchieri fiorentini e lucchesi di Lione. Sempre nella città francese era nel marzo del 1561 (quando gli si mandò da Lucca "una soma d'acqua di bagno") e nel gennaio del 1562 quando era fra i firmatari, con lo zio Vincenzo e con altri 14 mercanti, dell'evasiva risposta della nazione lucchese di Lione all'esortazione della Repubblica a troncare ogni rapporto con gli eretici. Il B. ritornò a Lucca nel 1564 per sposare, con una dote di 2.000 scudi, la cugina Lucrezia di Giovanni Buonvisi che nominò sua erede nel testamento, poi annullato, dell'8 febbraio di quell'anno, ma rientrò ben presto a Lione, probabilmente con la moglie. Fu nuovamente socio e amministratore, con Bernardino Buonvisi, della compagnia di Lione del 1564-69, ora intitolata "Eredi di Ludovico, Benedetto Buonvisi e C.", e vi partecipò con una "missa", insieme con il fratello Alessandro, di 10.350 scudi. Dopo il 1569, quando la compagnia venne rinnovata per altri cinque anni sotto la medesima intitolazione, il B. fu forse meno regolarmente a Lione, anche se sappiamo dalle ultime volontà di suo zio Vincenzo (1571) che egli aveva ottenuto in Francia lettere di naturalità. Una continua presenza del B. in Francia (nonostante fosse socio con diritto alla firma della compagnia del 1575-80) sembra da escludersi negli anni '70.
Come il fratello Alessandro, il B. dopo il 1580 uscì non solo dalla compagnia di Lione ma da tutte le compagnie Buonvisi, ad eccezione di quelle del banco di Lucca (dove ebbe diritto alla firma) in cui comparve sempre la dizione "Eredi di Ludovico Buonvisi": sappiamo che Alessandro e il B. parteciparono alle compagnie del 1545-1554 (che fruttò utili del 69%) con una "missa" di 3.200 scudi; a quella del 1555-59 (utili dell'83,2%) con una "missa" di 2.000 scudi; a quella del 1560-64 con 5.000 scudi; a quella del 1564-69 con 6.000 scudi. Non conosciamo quali siano state le "misse" nelle compagnie del banco di Lucca negli anni seguenti. Nel 1602 il B. aveva un credito nei confronti della compagnia del banco di Lucca di 15.000 scudi, ma non è possibile stabilire se si trattasse soltanto di "misse" o anche di depositi.
Nessuna delle compagnie Buonvisi si intitolò mai al B., che però a tutte partecipò fino agli anni '80. Fu socio della "Alessandro Buonvisi e C." del 1565-70 e della "Benedetto, Bernardino Buonvisi e C." del 1570-74, entrambe di Anversa. Identiche a quelle del fratello Alessandro furono le sue partecipazioni alle aziende lucchesi di arte della seta e della lana direttamente legate ai Buonvisi. Nel 1573 tuttavia non rinnovò l'associazione alla "Alessandro, Giuseppe, Lorenzo Buonvisi e C." che doveva durare fino al 1578. Nelle partecipazioni in accomandita alla "Biagio Balbani e C. di Ancona" del 1565-68, alla "Alamanno e Bartolomeo Orsucci e C. di Napoli" del 1573-77 e alla "Santi del Duca, Cosimo Orsucci e C. di Monteleone di Calabria" del 1573-76, si espose per 500 scudi e 4.500 ducati del Regno contro i 500 scudi e i 6.000 ducati del Regno del fratello Alessandro.
Il parallelismo degli investimenti di Alessandro e del B. proseguì anche dopo lo "sganciamento" dalle aziende Buonvisi iniziato negli anni 1575-80. Tuttavia il B. non fu socio della "Augusto e Iacopo di Stefano Samniniati e C." del 1575-78, della "Agostino Serafini e C." del 1575-79, della "Nicolao Gratta e C." del 1576-80, della "Lazzaro Arnolfini, Iacopo Sanminiati e C." del 1579-82, della "Pompeo Micheli, Fabio Arnolfini e C. di Lione", del 1579-84, delle "Alessandro, Pompeo Micheli e C.", del 1593-97, del 1597-1600 e del 1600-1603; delle "Girolamo Parensi, Niccolò Micheli e C." del 1593-96 e del 1596-99; e infine della "Fabio Buonvisi e C." del 1599-1602. E anche nelle "misse" in accomandita fatte nelle compagnie cui entrambi parteciparono vi fu una notevole differenza fra i due fratelli: 900 scudi del B. (7,3%) contro 2.900 di Alessandro (23,2%) nella "Francesco Sbarra e C." del 1575-78; 4.000 scudi contro 3.500 nella "Bartolomeo, Ludovico, Fabio Arnolfini e C." del 1579-83; 1.000 contro 2.400 nella "Girolamo Micheli, Girolamo Guinigi e C." del 1582-85; 1.000 (9,5%) contro 3.000 (28,5%) nella "Lazzaro Arnolfini e C." del 1592-85; 1.500 (15%) contro 4.000 (40%) nella stessa ditta del 1584-86; 5.000 (35,7%) contro 4.000 (28,5%) nella "Giuseppe, Francesco, Bernardino Arnolfini e C." del 1584-86; 1.500 contro 3.300 nella "Girolamo Micheli e C." del 1588-90; 5.000 (31,33%) contro 5.000 nella "Giuseppe, Francesco, Bernardino Arnolfini e C." del 1589-91; 3.000 contro 3.000 (21,4%) nella "Benedetto, Cesare, Ottaviano de' Nobili" del 1590-96 e del 1596-1601; 3.000 contro 2.000 nelle "Giuseppe, Bernardino Arnolfini e C." del 1592-97 e del 1598-1603. Il divario negli investimenti continuò anche quando ad Alessandro succedette il figlio Ludovico: se alla "Cesare, Ottavio, Orazio de' Nobili e C." del 1602-1606 Ludovico e il B. parteciparono con 3.000 scudi ciascuno, soltanto Ludovico conferì in accomandita 2.000 scudi alla "Ferrante Diodati, Simo Simi e C." del 1601-1604.
Se comune ai due fratelli fu il mutamento di rotta che li indusse ad estraniarsi, almeno ufficialmente, dalle aziende Buonvisi, diverso fu il loro impegno nelle nuove, e forse non troppo remunerative, forme di investimento dei capitali, quelle almeno che ci sono note. Si tratta d'una prima indicazione per comprendere come nel 1599 il patrimonio del B. fosse valutato 270.000 scudi contro i 126.000 del fratello Alessandro.
Occorre tuttavia osservare che il B. si dette a investimenti fondiari (assai più facilmente soggetti alle rilevazioni fiscali) in misura maggiore del fratello: nel 1573 comprò beni a Forci e Castagnori per 755 scudi; nel 1581 beni a Pieve Santo Stefano da Bernardino di Niccolò Arnolfini per 2.000 scudi; nel 1582 beni a Lucca da Bernardino di Girolamo Arnolfini per 500 scudi; nel 1583 beni a Forci da Simone Mansi per 817 scudi; nel 1589 beni a Castagnori da Pompeo Micheli per 1.625 scudi; nel 1593 beni presso Lucca (in parte retrocessi nel 1602) da Giovanni e Lorenzo Buonvisi per 3.380 scudi. Sappiamo infine dal testamento che il B. era titolare di censi in Lucca e in Bologna per circa 30.000 scudi.
Il B., attestato ancora a Lione nel 1578, si stabilì definitivamente a Lucca nell'ultimo ventennio di vita: lo provano, fra l'altro, i suoi gonfalonierati del 1584, 1589 e 1596, i suoi anzianati del 1586, 1594 e 1598, le sue missioni diplomatiche presso il duca di Savoia Carlo Emanuele I in occasione delle nozze con Caterina di Spagna nel 1585 e presso il granduca di Toscana Ferdinando I per le nozze con Cristina di Lorena nel 1589.
Il B. fece testamento il 4 maggio 1600, aprendolo con un solenne atto d'ossequio "alla Santa madre Chiesa cattolica et apostolica romana". I suoi lasciti ai luoghi pii lucchesi ascendevano a 1784 scudi; inoltre 250 scudi in dieci anni dovevano esser somministrati ai carcerati e 2.000 scudi in 40 mesi dovevano esser distribuiti ai poveri. Aveva fatto costruire un altare nella chiesa di S. Pier Maggiore di Lucca e disponeva col testamento un'assegnazione di beni per la celebrazione giornaliera di una messa in suffragio suo e dei suoi parenti. Nei codicilli del 14 dic. 1601 e dell'11 maggio 1602 assegnò 10.000 scudi in dieci anni a fanciulle nobili che si monacassero e 3.000 scudi alle suore dell'Angelo; e dispose un lascito di 30.000 scudi all'ufficio dell'Abbondanza di Lucca, perché, con l'interesse annuo del 5%, si dessero contributi per le doti matrimoniali di fanciulle nobili. La crisi dell'economia lucchese rischiava di mettere in difficoltà, l'assetto sociale cui era ormai definitivamente approdata la Repubblica, e questi lasciti del B. sono ben indicativi della sua preoccupazione di contribuire ad arginare le crescenti difficoltà dei patrizi.
Col testamento il B. lasciò oltre 1.000 scudi ai suoi dipendenti e ai suoi fattori. Un lascito di 2.000 scudi (poi accresciuti nei codicilli) toccava alla moglie (dalla quale precisava di non aver avuto figli, né maschi, né femmine) "per l'amore e l'affezione e la buona compagnia e i buoni portamenti". Lucrezia, usufruttuaria del patrimonio, avrebbe potuto inoltre disporre liberamente di tutti i "menaggi", degli abiti, delle "provvigioni" alimentari esistenti alla morte del marito in casa e nei vari possessi, e delle carrozze del B. con le relative cavalcature.
Lasciato erede il fratello Alessandro, o, in caso di morte, suo figlio Ludovico, il B. istituiva un fedecommesso che la tradizione familiare avrebbe poi chiamato "primo" o "fedecommesso grande". La motivazione era singolarmente esplicita: "E perché la dignità e reputazione delle famiglie si conserva per mezzo delle facultà, esso signor testatore per seguire in parte [una limitazione che persuade della sua consapevolezza del nuovo indirizzo degli investimenti scelto già dagli ultimi decenni del Cinquecento] le pedate dei suoi antecessori di casa Buonvisi e per aiutare altri di detta famiglia a fare il medesimo, vuole e intende... fondare un fidecommesso di beni stabili e censi". Il B., fra l'altro, escludeva che un fedecommissario incorso in un fallimento potesse far fronte ai suoi debiti con i frutti del fedecommesso; nel caso di un fallimento (come nel caso d'un delitto che prevedesse la confisca dei beni) il fedecommesso sarebbe automaticamente passato di mano, una clausola destinata alla preservazione dei beni non meno che a fungere come una sorta di deterrente dal proseguire qualsiasi attività mercantile e bancaria.
Il senso della casata appare fortissimo nel B. che dopo aver minuziosamente elencato tutte le possibili successioni nel fedecommesso, per estinzione delle diverse linee, concludeva assegnandolo, come "extrema ratio", "a quello che in tal tempo si troverà vivo al mondo, maschio, di maggiore età di tutti gli altri di detta famiglia Buonvisi... senza avere riguardo alla maggiore prossimità né rispetto la persona dell'ultimo moriente, né rispetto la persona di esso testatore", purché non si trattasse di un chierico.
Il lunghissimo elenco dei beni stabili inclusi nel fedecommesso è privo di indicazioni sul valore; sappiamo invece che i censi attribuiti al fedecommesso raggiungevano quasi i 30.000 scudi e che inoltre nel codicillo del 14 dic. 1601 i 15.000 scudi di cui il B. era creditore dal banco Buonvisi di Lucca venivano anch'essi aggiunti al fedecommesso, sia che fossero reimpiegati nella compagnia, sia che fossero convertiti in beni stabili.
Morì a Lucca probabilmente nel 1602.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Lucca, Anziani al tempo della libertà, n. 766, p. 195 (anzianati e gonfalonierati); Ibid., Comune,Corte dei mercanti, n. 87 (Libro delle date), pp. 97v, 122, 131v (Anversa); pp. 29v-30, 48-49, 91, 123v-124, 166v-167 (Lione); cc. 6, 45v-46v, 92, 95v, 108v, 120 v, 130v, 134, 163, 173 (compagnie di bottega di Lucca dei gruppo Buonvisi); c. 99 (Ancona); c. 158 (Napoli); cc. 159v-160 (Monteleone di Calabria); cc. 5, 55, 85v, 122v, 166 (banco di Lucca); c. 164 (associazione in accomandita alla "Francesco Sbarra e C." di Lucca); n. 88 (id.), cc. 22-23, 49v-50, 89, 159rv (banco di Lucca); cc. 5, 18, 27, 43v, 44v-45, 52v-53, 70, 74, 77v-78, 115rv, 146v-147, 186 e n. 89 (id.), c. 35v (associazioni in accomandita a diverse compagnie); Ibid., Arch. Buonvisi, I, n. 34 (Libro di contratti delli spettabili e nobili homini Allexandro e G. ... B. principiato questo dì primo decembre1565); n. 68, cc. 664 s. (notizie varie sulla famiglia); Lucca, Biblioteca governativa, ms. 1108: G. V. Baroni, Notizie genealogiche delle famiglie lucchesi (sec. XVIII), cc. 79-122 (testamento e codicilli) e passim; S.Bongi, Storia di Lucrezia Buonvisi, Lucca 1864, p. 153 (patrimonio dei Buonvisi nel 1599); Inventario del R. Archivio di Stato di Lucca, II, Lucca 1876, p. 212; Lettres de Catherine des Médicis, a cura di G. Baguenault de Puchesse, X (Suppl., 1537-1587), Paris 1909, p. 58; A. Pellegrini, Relazioni inedite di ambasciatori lucchesi alle corti di Firenze,Genova,Milano,Modena,Parma,Torino (secc. XV-XVII), Lucca 1901, pp. 28, 119-121; A. Pascal, Da Lucca a Ginevra…, in Riv. stor. ital., XLIX (1932), p. 291; H. Lapeyre, Une famille de marchands: les Ruiz…, Paris 1955, pp. 152, 448; F. Casali, L'azienda domestico-patrimoniale di Ludovico Buonvisi e la sua partec. alle compagnie principali del casato (con trascrizione del libro personale suo e degli eredi degli anni 1549-1569), tesi di laurea, università di Pisa, facoltà di economia e commercio, s.d. (ma 1964), (cfr. Arch. di Stato di Lucca, Archivio Buonvisi, I, n. 72); R. Mazzei, Ricerca sulla vita politica ed economica della Repubblica di Lucca agli inizi del secolo XVII, tesi di laurea, università di Firenze, facoltà di magistero, 1969-70, pp. 189 s., e passim.