CALÀ, Girolamo
Nacque a Castrovillari nel 1632da Giovanni Maria e Isabella Merlino. Visse a Napoli sin dall'infanzia, dedicandosi agli studi giuridici. Nel 1652, appena ventenne, pubblicava a Roma il Novissimus Iustinianeum Imperium, sive de iurisdictione narratio, scolastico e farraginoso, ma fondato sulla conoscenza diretta della maggiore giurisprudenza europea del Cinquecento e di gran parte della recente trattatistica politica. Esercitò quindi l'avvocatura per un breve periodo.
Grazie all'appoggio del fratello Carlo, il C. divenne giudice della Vicaria criminale intorno al 1673 e poi di nuovo a partire dal 1677.
Il D'Andrea lo citava come esempio di forense dedicatosi troppo presto agli uffici, trascurando l'"avvocazione", sicché, pur essendo "fratello e nipote di tre reggenti, e di dottrina che ha pochi eguali anche in vita del fratello", e, pur essendo stato "due volte giudice", godeva di una posizione tutt'altro che solida, ed anzi "oggi si trova col ferraiolo". Lo stesso D'Andrea si stupiva di come il fratello Carlo non si fosse adoperato per farlo promuovere a un "posto perpetuo", forse per una oscura rivalità, o perché, vedendolo senza figli, gli preferiva il cugino Marcello, cui toccava la sorte di continuare la stirpe.
Il C. aveva sposato una dama dei Castromediano di Lecce, imparentata con la maggiore aristocrazia del Regno. Alle sue ambizioni nobiliari egli soddisfece anche per altre vie, ottenendo il titolo di marchese di Belmonte alla morte della madre e aggiungendo altri titoli negli anni a venire, attraverso acquisti ed eredità.
Nella qualità di giudice della Vicaria, comparve nelle cronache del 1679, quando il viceré, il marchese de los Velez, gli affidò un processo molto seguito dall'opinione pubblica. Nello stesso anno si pose in luce esprimendo la violenta ostilità dei baroni e dei togati alla "visita" regia iniziata in gennaio.
In un Discorso historico, legale e politico (Napoli, Bibl. naz., ms. XI.C.25, cc. 210-214) egli sostenne apertamente la pretesa dei baroni di sottrarsi alla "visita", con un'argomentazione che seguiva le orme d'un filone di contrattualismo feudale aristocratico, favorevole a una tendenziale privatizzazione dei feudi, tipico della cultura giuridica napoletana del sec. XVII. La tesi centrale era che "havendo ottenuto li Baroni li feudi con le giurisditioni in dominio, e proprietà, e lasciato di essere Governatori Regij, pare che cessi la raggione per la quale il Re possa inquirerli" (c. 212v).
Di un'altra opera, preparata per la stampa, fu impedita la circolazione per intervento diretto del visitatore che, ricevuto il C., lo licenziò "con termini assai aspri e con qualche disprezzo" (Arch. di Stato di Firenze, Mediceo 4122, 29 ag. 1679). Lo scritto intendeva provare che un visitatore generale non aveva autorità sui tribunali, "e va poi dilatandosi in tal modo che pare annichili in tutto l'autorità de' medesimi visitatori" (ibid.). Il volume fu pubblicato a Napoli solo nel 1683, col titolo di Dissertationes variae de magistratibus, et eorum visitatione ed una prefazione del giovanissimo Gaetano Argento.
Nel 1680 il C. pubblicò, sempre a Napoli, ancora un modesto Tractatus de praeminentia Magnae Curiae Vicariae, opera piuttosto di epigono e di compilatore. Alla morte del fratello, nel 1683, iniziò una lunga lite successoria col cugino Marcello. Morì nel gennaio 1698, lasciando erede di oltre 200.000 ducati il presidente della Real Camera della Sommaria Adriano Ulloa, con la condizione ch'egli aggiungesse al proprio il cognome Calà.
Fonti e Bibl.: Napoli, Soc. napoletana di storia patria, ms. XXIV.D.2.: D. Confuorto, Notizie di alcune famiglie popolari della città, e Regno di Napoli, cc.35-36; Id., Giornali di Napoli dal 1679 al 1699, a cura di N. Nicolini, I, Napoli 1930, p. 12; II, ibid. 1931, p. 290; N. Toppi, De orgine tribunalium urbis Neapolis, Neapoli 1658, p. 155; C. Calà, Historia de' Svevia Napoli 1660, p. 333; G. G. Origlia, Istoria dello Studio di Napoli, II, Napoli 1754, p. 172; L. Giustiniani, Memorie istoriche degli scrittori legali del Regno di Napoli, I, Napoli 1787, pp. 156-157; Nuovo dizionario storico, V, Napoli 1791, p. 15; N. Cortese, I ricordi di un avvocato napoletano del Seicento, F. D'Andrea, Napoli 1923, pp. 139, 182, 220-242; F. Russo, Gli scrittori di Castrovillari. Notizie bio-bibliografiche, Castro-Villari 1952, pp. 40-41; P. Fiorelli, La tortura giudiziaria nel diritto comune, I, Milano 1953, p. 153; S. Mastellone, F. D'Andrea politico e giurista, Firenze 1969, pp. 69, 78; G. Galasso, Napoli nel viceregno spagnolo dal 1648 al 1696, in Storia di Napoli, VI, 1, Napoli 1972, pp. 170: 245; Id., Napolinel viceregno spagnolo dal 1696al 1707,ibid., VII, ibid. 1972, pp. 109, 121.