CASSAR, Girolamo
Architetto e ingegnere militare, nacque probabilmente alla Vittoriosa (Malta) nel 1520, in una famiglia Cassar, originaria probabilmente della Sicilia, stabilitasi a Malta almeno dal 1440 (G. F. Abela, Descrittione di Malta, Malta 16473 p. 473). Sposatosi con una certa Mattia di origine maltese, ne ebbe i figli Vittorio, Gabriele, Marietta, Battistina e Caterina. Un altro figlio Domenico, nato fuori del matrimonio, gli fu causa di numerose difficoltà, tanto che nel secondo suo testamento redatto il 9 genn. 1589 (Archivio notarile di Malta, Atti del notaio Enrico Zarb, R 504/14, ff- 528-33) finì per diseredarlo.
Il C. aveva fatto parte delle maestranze locali utilizzate dall'Ordine gerosolimitano per alcuni lavori nell'isola di Gerba e alla Vittoriosa, dove risiedevano i cavalieri prima di trasferirsi definitivamente nella nuova sede.della Valletta. Ma egli si guadagnò la stima e la riconoscenza dell'Ordine durante il grande assedio dell'estate del 1565, allorché diede prova di grande coraggio e abilità. Fra l'altro inventò macchine da guerra ed ideò uno stratagemma che gli permise di lanciarsi contro il nemico, protetto da una cassa imbottita da lui stesso costruita, per sbaragliare una torre che minacciava seriamente le difese portuali maltesi (G. Bosio, Historia della Sacra Religione et Ill.ma Militia di S. Giovanni Gierosolimitano, Napoli 1684, p. 611). Per rimunerarlo dei servigi resi durante e dopo l'assedio (Bibl. di Malta, Arch. dell'Ordine, Liber Bullarum, vol. 432, f. 251), il gran maestro Pietro del Monte accolse il C. in qualità di frate serviente nella Venerabile lingua d'Italia, e il giorno dopo, 23 apr. 1569, lo inviò per breve tempo nella penisola "per esser a più luoghi d'Italia a vedere alcuni edificij massime in Roma, Napoli et in altre parti dove vi son perfettissimi, et degni d'imitatione, per tornarsine qui quanto prima et avvalersine in suo essemplo nell'opre ch'egli havera da far per servitio di nostra Religione, et non per altro effetto" (ibid., f. 253).
Mai forse un viaggio di studio fu così tempestivo, utile e fecondo di risultati. La pur breve visita nel 1569 a Roma - dove il Vignola lavorava alla chiesa del Gesù e dove fervevano gli esperimenti e si maturava il processo di transizione dall'architettura del Cinquecento a quella del Seicento -, a Napoli, e presumibilmente a Firenze, servì certamente ad arricchire la personalità e a perfezionare e definire lo stile architettonico del C., il quale era destinato a lasciare la sua impronta sull'architettura della nuova città della Valletta e, di riflesso, su quella di tutta l'isola. Tornato a Malta verso la fine del 1569, gli fu commissionata la costruzione di tutti gli edifici principali della Valletta, secondo il tracciato proposto da F. Laparelli, il quale del resto partiva allora definitivamente da Malta.
L'idea di costruire una nuova città fortificata si era presentata all'Ordine gerosolimitano quasi subito dopo il possesso dell'isola (1530), e furono perciò fatti venire dall'Italia per consultazione alcuni dei più illustri architetti e ingegneri militari dell'epoca: A. Ferramolino, B. Genga, B. Lanci, F. Laparelli, G. Serbelloni. Toccò al Laparelli, con l'appoggio dell'influente Serbelloni, realizzare il progetto, all'indomani del grande assedio del 1565. Costruita su una collina peninsulare fin allora disabitata, con una strada rettilinea principale congiungente il forte Sant'Elmo alla porta della città e le altre vie rettilinee le quali si intersecano ad angolo retto, tutta racchiusa entro le imponenti e armoniose mura difensive, La Valletta costituisce uno degli esempi più interessanti dell'arte fortificatoria e dell'urbanistica rinascimentale. Durante il suo soggiorno di quasi quattro anni a Malta (vi era arrivato il 28 dic. 1565), il Laparelli fu assistito soprattutto dal C. che può esseme considerato l'erede spirituale, oltre che esecutore materiale dei progetti, i quali furono del resto alquanto modificati dallo stesso architetto maltese.
Le opere più importanti del C., come anche i suoi meriti di uomo e di artista e la stima di cui fu circondato risultano confermati da un attestato di benemerenza rilasciatogli il 18 maggio 1581 dal gran maestro Jean de la Cassière (ibid., vol. 439, f. 270).
La chiesa conventuale di S. Giovanni, disegnata e costruita dal C. (1573-1577), fu consacrata solennemente dall'arcivescovo di Morireale, monsignor Ludovico de Torres, il 20 febbr. 1578. Riccamente ornata di pietra lavorata, marmi e sculture, dipinta la enorme volta dal calabrese Mattia Preti nel 1662-67, riconosciuta con decreto papale del 27 genn. 1816 con-cattedrale di Malta, e considerata ancora oggi la più preziosa opera d'arte a Malta e "una delle chiese più straordinarie e più suggestive della Cristianità" (Hughes, 1969, p. 89), S. Giovanni è una testimonianza praticamente intatta dell'arte del suo autore: "Con le poderose lesene che sostituiscono i costoloni, con l'assenza dell'aggetto della trabeazione inesistente e con la grande curva della volta leggermente appuntita è la dimostrazione [del] felice incontro" tra i moduli siciliani coltivati precedentemente nell'isola e la versione manieristica del Rinascimento introdotta proprio dal C. (V. Bonello, L'architettura a Malta, in Atti del XV Congresso di storia dell'architettura, Roma 1970, p. 454). Le altre chiese disegnate dal C. alla Valletta sono state ricostruite nei secoli posteriori, con l'eccezione forse di quella di S. Maria del Gesù, oggi dei frati minori, la quale conserva numerose tracce della struttura originaria. È rimasta ben conservata la piccola chiesa di S. Agostino a Rabat, che il C. costruì nel 1571 come una specie di "prova d'artista" in vista del suo capolavoro.
Analoga a quella delle chiese è la sorte toccata alle albergie (o palazzi) appartenenti alle sette "lingue" dell'Ordine gerosolimitano, tutte completate dal C. nel breve arco di sei anni, tra il - 1570 e il 1576. Solo l'albergia d'Aragona ci è pervenuta intatta, con la sua tipica conformazione architettonica: facciata semplice, avara di aperture, resa più austera dagli angoli fortemente bugnati, intemo signorile e maestoso, col peristilio centrale circondato di grandi arcate che danno simmetricamente alle stanze. Quella di Castiglia e, in misura minore, quelle di Provenza e d'Italia sono state rifatte o modificate nel Sei e Settecento. L'albergia d'Alemagna fu abbattuta nel 1839 per far posto a una chiesa di stile neoclassico. Quelle di Francia e di Alvernia sono state distrutte nel corso dei bombardamenti aerei della seconda guerra mondiale. Non hanno altresì resistito ai tempi i forni (demoliti nel 1926), i mulini e le numerose case private che l'architetto aveva disegnato e costruito nei suoi vent'anni di lavoro, spronato dall'"Officio delle Case" che igran maestri avevano istituito per accelerare e sorvegliare l'ordinata crescita della città.
Restano ancora pressoché intatti i due palazzi che il C. costrui per i gran maestri dell'Ordine, l'uno al centro della città e l'altro in piena campagna. Il palazzo magistrale, costruito nel 1571 su un precedente edificio privato, rivela alcune imperfezioni nella planimetria e nei particolari decorativi; ma non ha mancato di impressionare i viaggiatori sei e settecenteschi nonché i più recenti visitatori per la comodità e "funzionalità" delle larghe scale e la straordinaria imponenza ed eleganza delle grandi sale dei piano nobile (oggi sede del Parlamento maltese). Il palazzo Verdala, così chiamato dal nome del gran maestro che ne ordinò la costruzione nel 1586, è metà villa di campagna e metà fortezza, in ottemperanza alle esigenze locali e ad imitazione di alcuni noti modelli del tempo, come quelli vignoleschi, che il C. sicuramente ebbe modo di vedere durante il suo soggiorno romano. D'altra parte è una costante delle pur armoniose ed eleganti opere architettoniche del C. un certo carattere austero che richiama la sua frequentazione di architetti militari quali il Genga e il Laparelli, e le stesse vicende della sua vita.
Il C. morì alla Valletta verso il 1590, e fu sepolto nella chiesa di S. Maria di Porto Salvo.
Non risulta che il C. abbia lasciato scritti: del Parere di M.oGerolamo sopra la fortificatione della città di Valletta, citato da C. Promis (Biografie di ingegneri militari, Torino 1874, p. 717), non si è mai trovata traccia.
Vittorio, figlio primogenito e prediletto del C., seguì le orme del padre, succedendogli nella carica di principale architetto dell'Ordine gerosorimitano, dal quale fu anche accolto quale frate serviente nella lingua di Castiglia. Per l'Ordine costruì, fra l'altro, alcune fortezze in diverse località strategiche dell'arcipelago maltese: a lui risalgono, infatti, il forte San Luciano, che domina la baia di Marsascirocco, il forte San Tomaso antistante la omonima insenatura del mare e la torre di Comino in difesa degli stretti canali fra le isole maltesi. Disegnò infine alcune chiese parrocchiali, come quelle di Birchircara, Zebbug e forse Tarxien. Morì prima del 1615.
Fonti e Bibl.: G. C., in L'Arte, 7 dic. 1862, pp. 3 s. (con una litogr. del C.); E. Sammut, G. C., Architect of Valletta, in Annales de l'Ordre Souverain Militaire de Malte, XXIII (1965), pp. 22-34(con docc. in app.); Id., The City Architect, in Scientia (Malta), 1970, pp. 22-27; Notizie utili in J. Q. Hughes, The Building of Malta, London 1967, ad Ind.;Id., Fortress Archit. and Military History in Malta, London 1969, pp. 77-92(con ill.); M. Ellul, The Holy Infirmary of the Order, in Scientia, 1970, pp. 173-186.