CATENA, Girolamo
Nacque a Norcia nella prima metà del secolo XVI in data ancora sconosciuta. In giovanissima età fu portato a Roma presso la corte pontificia, dove iniziò quegli studi umanistici che dovevano dargli fama e potere. La sua vita trascorse quasi completamente nella sede papale, tranne qualche soggiorno a Pavia dove risiedeva quella Accademia degli Affidati di cui il C. era membro, sotto l'allegorica insegna del nautilo, mollusco che riesce a salvarsi dalle tempeste ritraendosi nel proprio guscio e lasciandosi galleggiare: l'immagine è quella del letterato, che si ritrae dalla mischia quotidiana: fu al servizio, successivamente del cardinale Dolera, fino al 1568, di Girolamo da Correggio, fino al 1572, e del cardinal Alessandrino, Michele Bonelli figlio di un nipote del papa (in omaggio a questa famiglia, il C. scrive la Genealogia della famiglia Bonelli-Ghislieri, in Bibl. Ap. Vaticana, Barb. lat. LXII, 27) fino circa all'85, allorché Sisto V lo chiamò a far parte della Sacra Consulta.
In Roma il C. esercitò un'attività culturale che lo portò a contatto con moltissimi letterati dell'epoca, che venivano a lui, come testimonia il ricchissimo epistolario, per ricevere pareri sulle loro opere. Proprio dalle lettere abbiamo le maggiori notizie sull'attività del C.: esse offrono una esemplificazione della vastissima erudizione che lo portò ad intervenire su svariatissimi problemi, culturali o eruditi. Egli affronta problemi storici (la vicenda di Maria Stuarda regina di Scozia, di cui si occuperà anche nella Vita di Pio V; la storia del Circo Massimo); problemi letterari (rivendica una maggiore purezza, in senso bembiano, alla lingua volgare; si cimenta in questioni di ortografia, in giudizi poetici, espressi sempre su parametri petrarchisti; dà una definizione della poesia "come rappresentazione fantastica del verisimile" (che, nella pratica, viene ridotta ad una funzione edificante della poesia stessa); affronta problemi sociali e morali (si diverte in paradossi come l'affermazione che l'ostilità è più utile dell'amicizia); dà norme sul comportamento nello ambiente cortigiano, in linea con la trattatistica tipica del secolo; ribadisce la dipendenza dell'autorità dell'imperatore dall'autorità del pontefice; polemizza con la astrologia e si dichiara d'accordo con Pio V sulla opportunità di cacciare i teatranti da Roma, per la loro immoralità. Dalle lettere risulta anche un'intensa frequentazione del Tasso, che probabilmente si rivolgeva al C., oltre che al cardinal Bonelli, per ottenere protezione dalle persecuzioni della censura ecclesiastica: in una lettera del settembre 1588, il C. fa promesse al Tasso di intervenire per distogliere la censura dalle sue opere.
Dell'epistolario del C. abbiamo un solo volume, edito a Roma nel 1589; ad esso ne dovevano seguire altri, che poi non videro la luce, forse anche per la morte del C., che avvenne probabilmente poco prima della fine del secolo, a settanta anni di età: il C. fu onorato con solenni funerali e sepolto a Roma.
Dell'intensa opera storico-letteraria del C. abbiamo varie testimonianze. È del 1577 una raccolta di versi, dal titolo Hieronimi Catenae Academici Affidati Latina Monumenta, pubblicata a Roma e dedicata al cardinal Bonelli. Si tratta di composizioni di diverso genere (sonetti, canzoni, epigrammi), quasi tutte di tipo encomiastico e petrarcheggiante: il C. vi dimostra una certa scioltezza ed efficacia di immagini, unita ad una evidente esperienza stilistica, che gli doveva derivare dalla ricchezza degli studi letterari effettuati. La raccolta comprende anche una elogiativa Vita di Veronica Gambara. Un sonetto dedicato ad un ignoto fa riferimento ad un misterioso furto di tre libri di versi del C., che dovevano essere pubblicati (cfr. anche la lettera del 25 febbr. 1579). Altre rime del C. le troviamo nella raccolta Per Alessandro Farnese in Fiandra (Roma 1586), e in Carmina illustrium poetarum italorum (Parigi 1576), dove è possibile leggere i sonetti del C. dedicati a personaggi di rilievo, fra cui Pio V e Aldo Manuzio.
Nel 1579 viene pubblicato a Roma il Discorso fatto all'Accademia degli Illustrissimi Affidati sopra la traduzione delle scientie e d'altre facultà, tenuto dal C. a Pavia. Dedicato al cardinale Luigi d'Este, vi si afferma che nel lavoro di traduzione occorre mantenere tutte le figure poetiche e retoriche del testo originale, pur naturalmente adattandole alla lingua. Il tema, anch'esso consueto nel dibattito dei circoli letterari dell'epoca, dà motivo al C. di sfoggiare tutta la propria cultura, esemplificando l'argomento con un arco di autori che va da Plinio a Quintiliano, da Cicerone ad Aulo Gellio, da Eraclito ai testi sacri, da s. Agostino alla patristica. A conclusione del Discorso, èstampata una canzone encomiastica per Luigi d'Este. Nel 1586, a Roma, viene pubblicata l'opera più importante del C., la Vita del gloriosissimo papa Pio V, per comporre la quale il C., secondo le informazioni che lui stesso dà, impiegò ben quindici anni. Nella dedica a Sisto V, il C. spiega i motivi che lo avevano spinto ad un'opera di quel tipo: da un lato c'è ildesiderio di celebrare un personaggio importante come Pio V, dall'altro l'istanza metodologica di realizzare una storia che fosse anche confortata dai dettagli dei vari eventi, contrariamente all'uso, diffuso in certa storiografia dell'epoca, di condurre la narrazione per le grandi linee, senza curare l'esattezza dei particolari. In realtà l'esigenza così espressa non conduce il C. ad un'operazione storiografica rigorosa: l'intento tanto chiaramente apologetico nei confronti di Pio V da provocare talvolta involontari effetti comici svuota di significato la pur articolata e documentata ricognizione storica che va dal 1503 al 1572 (anni della nascita e della morte del papa). La figura del pontefice fa da filo conduttore nelle intricate vicende politiche e religiose dell'epoca: la sua personalità ècostruita attraverso una serie di episodi edificanti, che manifestano la santità e l'austerità del pontefice. Dalla iniziale attività nella Inquisizione, di cui Michele Ghislieri, il futuro Pio V, faceva parte, alla serrata persecuzione degli eretici, soprattutto nell'Italia settentrionale, al concilio di Trento dove emerge tutta l'autorità del personaggio, fino all'elezione stessa, la narrazione segue un notevole clima ascendente, imperniato sulla santità del protagonista, espressa dall'austerità del fisico, la frugalità delle abitudini, la saggezza dei detti. Tale climax culmina, nel momento dell'incoronazione a pontefice, con l'annuncio di essa attraverso fenomeni portentosi, quasi divini. La storiografia romana era, naturalmente, tenuta presente nel modello di Plutarco.
Una delle parti più interessanti dell'opera così piena di limiti storiografici è soprattutto nell'abilità retorica con cui il C. conduce il suo discorso: in tal senso la narrazione della battaglia di Lepanto (1571), accuratamente preparata dalla descrizione di tutti i preliminari politici e militari e dalla breve storia delle nefandezze dell'Impero ottomano, costituisce, letterariamente, un pezzo di bravura. Anche qui, in modo esplicito, èrichiamato il modello della narrazione delle battaglie nella storia classica (Livio). Al termine della Vita, il C.fa pubblicare una raccolta di lettere di Pio V ed una "ragione" della raccolta, indirizzata a mons. Pietro Ghislieri, parente del defunto pontefice, in cui afferma di non essersi voluto discostare dagli autori classici.
L'opera del C. non ebbe vita molto facile, fuori della protezione pontificia: la tendenza ad esaltare l'operato di Pio V contribuiva a falsare alcuni avvenimenti storici, come i rapporti tra il papa e Filippo II, da cui la potenza del re spagnolo usciva molto ridimensionata. Ciò provocò le immediate reazioni della corte spagnola, che proibì il libro del C. in tutti i paesi sottomessi alla sua autorità e fece pressioni sugli ambienti pontifici affinché i passi incriminati dell'opera venissero cambiati. Il Pastor (Storia dei papi, VIII, Roma 1951, pp. 627-31) segnala molti falsi storici prodotti dal Catena. Nonostante ciò, la vita di Pio V servì da modello a tutte le altre biografie successive, e alla stessa Storia dei papi del Ranke.
Nel 1591 veniva pubblicato a Padova il discorso del C., Della beretta rossa da darsi ai Cardinali. Al C. vengono anche attribuite una Risposta alle ragioni allegate dagli avversari contra la potestà et diretto dominio temporale universale del Papa a favore dell'Imperatore et altri prencipi temporali, Roma 1587 e l'opera erudita De magno obelisco circensi circoque maximo, in cod. D. 29, pp. 287-369, della Badische-Landesbibl. di Karlsruhe).
Fonti e Bibl.: A. Solerti, Vita di Tasso, Roma-Torino 1895, I, pp. 180, 501, 604, 605, 608, 609, 638; III, pp. 300, 306 s., 309; G. Ghilini, Teatro d'huomini letterati, Roma 1647, pp. 224 s.; L. Iacobilli, Bibliotheca Umbriae sive de scriptoribus Umriae, Fulginiae 1658, pp. 133 s.; G. M. Crescimbeni, Istoria della volgare poesia, V, Venezia 1731, p. 106; G. Fontanini, Biblioteca dell'eloquenza ital., a cura di A. Zeno, Venezia 1753, pp. 108, 188; A. Mariotti, De' Perugini auditori della Sacra Rota romana, Perugia 1787, p. 122; F. Cancellieri, Lettera intorno alla vita e alle opere di G. G. da Norcia, Roma 1823; J. A. de Hübner, Sixte-Quint..., II, Paris 1870, p. 30.