CONTARINI, Girolamo
Della nobile famiglia veneziana, del ramo detto "dalla Natta", nacque a Venezia il 28 marzo 1521 da Marcantonio di Andrea e da Lucrezia di Pietro Contarini. Ebbe due fratelli (Andrea e Donato, oltre a un fratellastro) e quattro sorelle (Elisabetta, che si sposò con Bernardo Comer di Alvise, ed Eletta, Arcangela e Felice, queste ultime tutte suore nel monastero veneziano del S. Sepolcro).
La precoce morte del padre, nel 1528, dovette aggravare ulteriormente una Situazione economica già prima non particolarmente florida per la famiglia. Denunciando una rendita annua di appena 101 ducati, nella "condizione" presentata per la redecima del 1537 la vedova insisteva, non senza esagerazioni, sui gravi disagi patiti, dichiarando di vivere "con pochissima intrada, et sil non fusse il lavorar mio e de mie fiolle ad altri et li boni parenti morissimo da fame", ridotta quasi a mendicare "con questi poveri orfani mazzati et ruinati da molti creditori dil q. mio marido".
Il C. seppe comunque riportare la famiglia a un certo grado di agiatezza, al punto che nel 1572 poté permettersi, pur con qualche sacrificio, di versare 16.000 ducati in prestito alla Signoria ottenendo così l'elezione alla dignità procuratoria. Dal suo testamento, stilato quattro anni dopo, si apprende che il C. era comproprietario, assieme al senatore Alvise Foscari, di una bottega di spezie a S. Bartolomeo, nel centro commerciale della città; ma i maggiori guadagni dovevano comunque provenirgli dalla mercatura, cui attendeva probabilmente come socius stans, in società con lo stesso Foscari: a questi infatti, che il C. nomina esecutore testammtario e per cui ha ripetute espressioni d'amicizia e d'affetto, egli lascia tra l'altro due fanali da galera "et il modello della galea grossa, come a quello che con loro, in honor mio, si è tanto affaticato longi anni continui". Il C. si sposò in età avanzata, nel 1573, con Marma di Daniele Venier, vedova del procuratore di S. Marco Tommaso Michiel.
Nel seguire la carriera pubblica del C., occorre porre attenzione a non confonderlo con altri omonimi suoi contemporanei, anche essi figli di diversi Marcantonio, e rispettivamente nipoti uno di Alvise, nato nel 1500 e morto a Corfú, un altro di Michele, nato nel 1505, soproconsolo e morto al bando nel 1566, un altro ancora di Girolamo, del 1515, e infine un quarto, nipote di Tommaso, nato nel 1545 e morto nel 1591, che fu membro dei Senato.
Benché, secondo i Pretiosi frutti del Priuli, fosse stato "allevato da' suoi ne' studi delle buone lettere", il C. non seguì le orme del padre, che era stato avvocato e avogadore di Comun, e alla trafila delle magistrature giudiziarie preferì la professione del mare e la carriera militare. Guadagnatosi già nel 1538 una certa stima - sempre stando al Priuli - in occasione della guerra coi Turchi, il 4 dic. 1539 ottenne dall'Avogaria di Comun di poter anticipare il proprio ingresso nel Maggior Consiglio, e tre anni dopo ebbe il suo primo incarico pubblico come sopracomito di galera. Eletto nell'ottobre del 1546 tra i governatori dei Collegio della milizia da mar, incaricato di sovrintendere alla flottiglia delle galere sottili, dovette poi attendere fino al gennaio del 1551 per iniziare, nuovamente al comando di una galera, un periodo di prolungata e intensa attività marinara. Nel 1552 venne infatti chiamato a far parte dei venti governatori delle triremi, mentre l'8 luglio 1553, col conferimento del grado appositamente istituito di capitano delle fuste, gli venne affidato il compito di ridare vigore ed efficacia alla lotta contro gli Uscocchi, che dalla negligenza e dalla mancanza di coordinamento tra i brigantini veneziani deputati alla difesa delle coste dalmate stavano traendo partito per infliggere sempre maggiori danni alla navigazione e alle popolazioni. Rimasto in carica fino al 1555, il 10 dicembre dì quell'anno il C. venne eletto provveditore a Marano, dove restò sedici mesi, dal marzo del 1556 al giugno del 1557. per tornare poi ancora sul mare nel 1558, come uno dei venticinque governatori di galera.
La mancanza di documentazione non permette purtroppo di porre in luce le linee o le vicende della condotta del C. in questi incarichi, che del resto sono confinati ad un piano strettamente esecutivo. Restano solo due suoi dispacci al Senato, come capitano delle fuste, del 29 ag. 1554 e del 31 genn. 1555 (1554 moreveneto), concernenti il primo il pericoloso incarico di rifornire di frumento la città di Capodistria colpita da una gravissima pestilenza, il secondo la richiesta dì istruzioni sul contegno da tenere per recuperare il bottino di un brigantino veneziano depredato dagli Uscocchi di Segna, dichiarandosi il C. non disponibile ad umilianti patteggiamenti coi corsari e propenso a ricorrere ad un'azione di forza, ma timoroso di andare in tal modo contro le direttive del Senato, favorevole ad una condotta più prudente. Egualmente la lotta alla pirateria - come ricorda anche il Priuli - dovette costituire il centro dell'azione del C. come capitano alla guardia di Cipro, e forse anche il fatto più saliente di tutta la sua carriera, se Alvise Foscari volle poi perpetuarne il ricordo facendo scolpire l'appellativo di "Cypri a piratibus defensori" sulla tomba dell'amico nella chiesa del S. Sepolcro.
Dopo un breve periodo di assenza dal servizio pubblico, il C. tornò governatore di galera nel 1566, e nel biennio successivo sostenne la carica di Provveditore sulle galere armate dei condannatì. Eletto ancora nell'ottobre del 1569 tra i governatori del Collegio della milizia da mar, il 30 gennaio successivo veniva eletto nuovamente governatore di galera mentre si armava la flotta contro i Turchi: trovandosi con la nave in avaria, gli fu affidato il comando di un galeone progettato da Vittore Fausto e rimasto incompiuto alla sua morte e per molti anni abbandonato all'Arsenale. Febbrilmente completato e armato di tutto punto il galeone fu varato il 29 apr. 1570, ma tra la delusione generale fu costretto in breve a rientrare in porto, essendo risultato del tutto inadatto alla navigazione e pericolosamente soggetto a rovesciarsi.
Nel 1571 il C. fu uno deì sei assistenti dì Vincenzo Morosini, eletto dal Senato provveditore generale deputato alla difesa del Lido, in vista della minaccia di una penetrazione turca nel Golfo.
Fu questo l'ultimo incarico operativo ricoperto dal Contarini. Il 15 luglio 1571 egli venne bensì eletto provveditore a Zante, ma con ogni probabilità la successiva elezione a procuratore di S. Marco, il 20 apr. 1572, lo spinse, o forse gli permise di rinunciare ad un incarico che, in piena guerra coi Turchi, non doveva apparirgli particolarmente allettante; sta di fatto che, senza che sia esplicitamente registrato un suo rifiuto o che risulti aver pagato la penale prevista di 500 ducati, il suo successore venne eletto proprio a ridosso della sua elezione a procuratore, cioè il 10 maggio.
Nell'ottobre successivo il C. ottenne invece la carica di provveditore all'Armar, cui venne rieletto anche nel 1576. In occasione della visita a Venezia di Enrico III di Valois, fu uno dei procuratori incaricati di assisterlo e di reggergli il baldacchino.
Il C. morì a Venezia il 10 apr. 1577.
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