CRIVELLI, Girolamo
Pochissime sono le notizie che ci restano della sua vita. Milanese, figlio di Marco "castellano ducale del castello di Masserano", e di Antonia Ciocca, visse nella seconda metà del XV sec.; il fratello Bernardo, più noto, dottore in utroque iure, entrò a far parte del nobile Collegio dei giusperiti di Milano nel 1514. Il C. è ricordato come medico, anche se, come è ammesso da chi si è occupato della sua biografia, questa notizia si basa più su di una tradizione che su testimonianze documentate. Con più sicurezza si può affermare che il C. visse alla corte sforzesca, entrando in contatto con l'ambiente degli umanisti milanesi, del Decembrio, del Filelfa e del Merula. Proprio alla sua qualità di cortigiano e alla sua cultura umanistica si deve probabilmente l'incombenza che gli fu affidata di comporre e leggere di fronte ai consiglieri ducali e ai più illustri cittadini l'orazione funebre per Bianca Maria Visconti, morta nel 1468.
L'Oratio parentalis in laudem Blancae Mariae Sfortiae Vicecomitis è in effetti l'unica opera del C. di cui siamo a conoscenza, conservata nel ms. T. 20 della Bibl. Ambrosiana di Milano ai ff. 96-103v (l'orazione fu edita dal Muratori nel vol. XXV dei Rerum Italicarum Scriptores, Mediolani 1751, coll. 425-432 e ried. in Rer. Ital. Script., 2 ed., XXV, 2, pp. 50-54, a c. di C. Castiglioni). In essa il C. riassume le vicende dei ducato milanese rispecchiate nella vita di Bianca Maria, figlia di Filippo Maria Visconti, sposa di Viancesco Sforza e madre di Galeazzo; loda poi la pietà, la carità e l'abilità politica della duchessa, che seppe reggere il potere alla morte di Francesco fino al ritorno del figlio; di quest'uffimo si diffonde a illustrare la gloria e i rapporti di affetto e sollecitudine con la madre, anche per allontanare le voci che sostenevano che proprio lui aveva fatto assassinare Bianca Maria col veleno.
È questo l'unico momento in cui il C. compare come protagonista di un avvenimento pubblico. Le altre occasioni, sporadiche, in cui viene menzionato illuminano debolmente la natura dei suoi rapporti con l'ambiente erudito. A lui è diretta una lettera di Giacomo Gherardi, nunzio pontificio a Milano, che nel gennaio del 1490 lo prega di cercare un copista in grado di trascrivere un manoscritto ricevuto in prestito da Girolamo Donato (contenente la traduzione volgare fatta da quest'ultinic; di un'opera di s. Giovanni Damasceno), poiché, spiega il Gherardi, "mihi ocium transcribendi non est, nec tibi esse credo, propter pene continua et curam domesticarum rerum". Al C., ancora, è dedicato uno degli innumerevoli sonetti latini composti da Lancino Curti, poeta vissuto anche egli alla corte sforzesca.
Non conosciamo la data della morte, che viene generalmente supposta prima della fine dei XV sec.; tuttavia allo scadere del secolo il C. doveva essere ancora in vita, come è testimoniato da alcuni versi latini da lui composti in lode della Historia patria di Bernardino Corio, terminata nel 1499, e che compaiono alla fine della prima edizione a stampa di questa, apparsa a Milano nel 1503.
Fonti e Bibl.: B. Corio, Historia Patria, Mediolani 1503, ff. n. n.; L. Curti, Epigràmmaton, Mediolani 1521, p. 87; G. Sitoni de Scotia, Theatrum equestris nobilitatis secundae Romae, Mediolani 1706, p. 86; F. Argelati, Bibliotheca scriptorum Mediolan., I, 2, Mediolani 1745, col. 507; A. Dina, Ludovico il Moro Prima della sua venuta al governo, in Arch. stor. lomb., XIII(1886), p. 756; A. Simioni, Un umanista milanese, P. Piatti, ibid., s. 4, II (1904), p. 273; Dispacci e lettere di G. Gherardi, a cura di E. Carusi, Roma 1909, p. 394; M. Pesenti Villa, I letterati e i poeti a Milano durante la signoria di Ludovico il Moro, in F. Malaguzzi Valeri, La corte di Ludovico il Moro, IV, Milano 1923; C. Castiglioni, Introduz. all'Oratio parentalis del C., in Rer. Ital. Script., 2 ed., XXV, 2, a cura di B. Miglierina-C. Castiglioni, pp. 37-45; E. Garin, La cultura milan. nella seconda metà del XV sec., in Storia di Milano, VI, Milano 1956, pp. 547-99; P. O. Kristeller, Iter Italicum, I, p. 343; Repert. fontium historiae Medii Aevi, III, p. 673.