D'ADDA SALVATERRA, Girolamo
Nacque a Milano il 19 ott. 1815, primo dei due figli del marchese Gioachimo e di Elisabetta Pallavicino Trivulzio.
Membro delle guardie nobili volontarie al momento della restaurazione austriaca, Gioachimo non doveva assolvere in seguito ad altre funzioni di rilevanza pubblica, preferendo dedicarsi a multiformi attività in campo artistico. Pittore non del tutto oscuro, prese parte alle esposizioni di Brera. Inoltre, appassionato collezionista in particolare di stampe ed incisioni e studioso di qualche rinomanza tanto da essere nominato nel 1821 socio della Società di incoraggiamento delle scienze e delle arti, Gioachimo pubblicò, corredando entrambi i volumi - ispirati ad una riscoperta e ad una valorizzazione delle glorie cittadine - di tavole e riproduzioni, Raccolta delle migliori fabbriche, monumenti, ville, antichità di Milano (Milano 1820), apparsa anonima, e La metropolitana di Milano, e dettagli rimarcabili di questo edificio (ibid. 1824).
Dal padre il D. veniva avviato ad una precoce familiarità con gli oggetti d'arte, bruscamente interrotta quando, nel 1824, fu collocato nel collegio dei gesuiti di Novara. Nonostante reiterati richiami dell'autorità di governo lombarda e nonostante egli stesso fosse tanto insofferente del rigore disciplinare da fuggirne due volte, rimase a Novara finché, morto il padre a pochi anni di distanza dalla moglie, il tribunale non impose al tutore, Antonio De Barzi, di fargli completare l'educazione entro i confini dello Stato. Dal 1830il D. fu così trasferito nel collegio Longone annesso all'I. R. liceo di Porta Nuova, ove ebbe a compagni Cesare Correnti e Giulio Carcano. Si indirizzò poi verso l'apprendimento del diritto sotto la guida di N. Cotta Morandini, ma dopo il primo biennio durante il quale sostenne regolarmente gli esami a Pavia finì col desisterne. Nel frattempo era andato infatti maturando sulla scia delle memorie familiari del Rinascimento una vocazione intellettuale fatta di passione per l'arte in tutte le sue espressioni, legata a un gusto prezioso e raffinato, nutrita d'erudizione antiquaria. A coronamento della propria formazione intraprese anche fra il 1835 e il 1836 un lungo viaggio per l'Europa (e a Lubiana conobbe il fratello della madre, Giorgio, reduce dalle carceri austriache) e per la meta ancora inconsueta dell'Oriente.
Emancipato nell'anno 1837, il D. entrava di lì a poco in possesso di un patrimonio reso più consistente dal confluire nell'asse ereditario delle sostanze della nonna, Virginia Nava, e valutato oltre 920.000 lire austriache per la sola parte che era sita in Lombardia. All'atto della divisione con il fratello Luigi egli si vedeva infatti attribuire con una porzione del palazzo cittadino le possessioni dette di Triulzio nei comuni di Bolgiano e di San Donato prossimi a Milano, di Pregnana nel distretto di Saronno e di San Fiorano nel Lodigiano (presto ceduta, quest'ultima, allo zio Giorgio), cui si assommavano anche beni stabili negli Stati sardi. Grazie a queste larghe disponibiltà egli prendeva allora a radunare intorno al nucleo superstite delle collezioni e della biblioteca di Gioachimo, ampiamente alienate sul principio della curatela De Barzi, importanti raccolte di quadri, incisioni, stampe e soprattutto di libri rari.
Nel corso dei decenni successivi, almeno fino a quando la lievitazione incontrollata dei prezzi e insieme la contrazione delle sue rendite per le tante traversie lamentate dalle sue terre non glielo resero proibitivo, il D. riuni con intelligenza d'amore e sicura competenza manoscritti, codici miniati, incunaboli, prime edizioni introvabili e talora uniche che imposero la sua fra le biblioteche private milanesi di maggior rilievo per quantità dei pezzi e più ancora per la singolarità di molti come per il pregio delle legature. Settori privilegiati della raccolta furono, con i viaggi e le arti in genere, i secoli d'oro della rinascita soprattutto lombarda: e la intensa politica degli acquisti, operata oltre che in Italia nei ripetuti soggiorni all'estero o con l'appello al mercato internazionale, voleva avere anche il senso di un recupero e di una riappropriazione di testimonianze di cultura e di vita smembrate e disperse nella lunga decadenza nazionale. Un ventennio circa dopo la sua morte, sul principio del nuovo secolo, la biblioteca dei D., che aveva già patito alcune perdite marginali, prese poi definitivamente, come altre notevoli collezioni milanesi, la via dell'estero, acquistata dal bibliofilo inglese C. F. Murray, per finire nel 1918 all'asta con la imponente biblioteca di questo. Prima di rifonderla nella propria comunque il Murray ne aveva stampato in un numero ristretto di copie il Catalogo dei libri posseduti da Charles Fairfax Murray provenienti dalla biblioteca del marchese G. D. (Londra 1902). Il repertorio, un progetto accarezzato dal D. stesso, benché incompleto e provvisorio in alcune sue parti, era reso di non poco valore dal fatto di riprodurre le schede dell'antico proprietario, fitte di annotazioni, di rimandi, di indicazioni, frutto di un sapere profondo quanto per certi versi rarefatto.
Votatosi ai libri per convinzione intima di studioso, nei libri il D. aveva trovato un rifugio dalle vicissitudini dell'esistenza e in particolare dal suo sofferto fallimento matrimoniale. All'indomani della maggiore età, su suggerimento delle parentele e nonostante la totale dissonanza di spirito...e di inclinazioni, egli aveva infatti sposato una cugina della madre, Ippolita Pallavicino Clavello. Pochi anni dopo la nascita, nell'aprile del 1842, dell'unico figlio, Gioachino, che venne poi allevato dal padre, il legame si ruppe lasciando al D. un'eredità di disturbi di origine prevalentemente nervosa che presero forme assai, gravi nei suoi tardi anni. Personalità brillante e mondana, al centro di corti e salotti in Francia e in Austria, la Pallavicino, che fu lungamente in intimità con il. conte austriaco Blume, di sentimenti marcatamente antiliberali, dopo le vicende del 1859 tornò a vivere a Milano, bene accolta in società. Per reazione il D. si chiuse allora sempre più in un voluto isolamento nella comunità sovranazionale dei dotti. Il ripiegamento in una cultura intesa come aristocratico distacco corrispose del resto ad una progressiva involuzione in senso conservatore dalle posizioni politiche iniziali più sfumate ed aperte. Nel 1861 si dimise così dalla Società patriottica d'incoraggiamento di scienze, lettere ed arti, alla quale aveva aderito dal 1848, e dalla Società degli artisti.
Di quest'ultima, oveandavanoenucleandosi posizioni ideologiche più pronunciate rispetto al segno moderato prevalente, il D. risulta esser stato fra i soci fondatori e presidente quanto meno nel 1846. Testimone convinto e partecipe delle Cinque giornate del marzo 1848, il D. firmò in quell'occasione con Carlo Tenca, Cesare Cantù e svariati altri un saluto ai fratelli genovesi che nell'esaltazione delle piccole patrie voleva celebrare la comune matrice nazionale. Politicamente più caratterizzante fu il suo sostegno al programma monarchico-unitario lanciato quale terza via da, Cristina di Belgioioso. In seguito però il suo nome non compariva fra quelli degli oblatori alla Società (cfr. Deposito delle esigenze fatte per conto della Società dell'Unità d'Italia, in Archivio Malvezzi, c. 21, fasc. 8, conservato presso l'Archivio storico civico di Milano), né, ciò che suona più sorprendente, fra i firmatari dell'indirizzo di solidarietà a F. A. Mignet, rimosso dall'incarico all'Archivio degli Esteri per le sue dichiarazioni in merito alla questione italiana, cui aderirono personalità di diverse aree politiche (cfr. Il Crociato del 4 luglio 1848).
Si trattasse di una improvvisa presa di distanza dal "partito" della Belgioioso, incline alla Costituente nonostante l'opzione monarchica, o di un più generale disincanto dalle ragioni della politica, certo i primitivi orieritamenti del D. dovettero, in quel mesi cruciali, lasciare il passo ad un versione più prudente e cauta del liberalismo. Nel 1853 poi, all'indomani dell'attentato a Francesco Giuseppe, sottoscrisse l'atto di omaggio all'imperatore. Nel caso del D., come della gran parte degli aderenti, non erano peraltro in causa né una scelta lealista né una sconfessione del passato o un'ipoteca sul futuro. Il gesto si inquadrava piuttosto nel clima pesante dello stato d'assedio e nel timore a più facce destato dai fatti del 6 febbraio. Dopo l'Unità, del resto, egli avviava il figlio al servizio della monarchia nazionale iscrivendolo all'Accademia militare di Torino. Con il grado di luogotenente nell'arma d'artiglieria Gioachino prese cosi parte alla guerra del 1866 e, una volta rientrato nei panni del civile, fu nominato gentiluomo di corte della regina.
Il consenso tributato all'idea unitaria e la fedeltà alla dinastia sabauda., che gli conferì il cavalierato dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro, non impedirono al D. di approdare ben presto ai confini del conservatorismo; e la sua visione dell'andamento morale prima ancora che politico della vita nazionale si fece con l'andare degli anni e dei casi sempre più allarmata fino a sfociare in un pessimismo pressoché totale e privo di prospettive.
Il paese era molto al di sotto delle istituzioni che dovevano reggerlo; e queste stesse, adeguate allo sviluppo civile del Piemonte ma non della nazione - unificatasi più per felici circostanze esterne che per sua iniziativa autonoma o per la sola accortezza dei suoi statisti -, avevano favorito un eccesso subitaneo di libertà, e segnatamente di libertà ai partiti politici. Era quanto egli scrisse senza i mezzi termini (e gliene vennero, confidava ad A. De Gubernatis, minacce ed inimicizie) nella premessa che volle apporre alla ristampa di un famoso e diffuso saggio di educazione per il popolo del Mignet, riproposto poc'anzi al pubblico italiano anche da P. Thouar (cfr. M[onsieur] Mignet, Vita di Franklin. Nuova versione dal francese col consenso dell'autore. Preceduta da brevi cenni bibliografici di G. D., Milano 1870).
Dedicato alle Biblioteche popolari di recente fondazione, il volumetto si inseriva nel frequentato filone della pedagogia e della precettistica morale per le classi subalterne. Antindustrialista, legato ad una concezione statica dei rapporti fra i ceti ed avverso ad una dottrina del progresso che gli appariva all'insegna esclusiva del materialismo e dell'ateismo, nella biografia di Franklin, per il quale da sempre nutriva una sconfinata ammirazione personale anche e soprattutto perché questi come filosofo non aveva rinnegato il sentimento religioso e come repubblicano era rimasto nell'alveo della moderazione, il D. riassumeva "un corso completo di morale pratica" ad uso dei benestanti e dei politici non meno che delle classi disagiate.
Ma in contrasto con il carattere propositivo di questo libro il quadro della situazione italiana appariva al D. troppo fosco perché l'opera dell'educazione, necessariamente lenta, potesse dare buoni frutti. Nella corrispondenza con gli amici più intimi egli lamentava infatti la barbarie alle porte, la marea montante delle rivendicazioni proletarie, la sovversione imminente, la classe politica corrotta e cinicamente pronta a cavalcare lo sfascio, la monarchia stessa troppo condiscendente verso chi sotto mentite spoglie puntava ad affossarla. In questa profonda crisi delle idealità non vedeva alcuna forza sociale in grado di operare un risanamento, dato che il terzo stato era stato delegittimato dal suo "feroce egoismo". Ugualmente critico si fece il giudizio del D. nei confronti del mondo delle lettere dominato dalla mediocrità quando non dall'insipienza: ecco perché egli finiva spesso per rivolgersi al più avvertito e colto pubblico ffiternazionale stampando le sue cose in francese.
A lungo restio a prendere una parte attiva nel movimento intellettuale europeo, il D. aveva incominciato a confrontarsi con la pagina scritta piuttosto tardi. Il suo esordio avvenne in sordina, con una vivace corrispondenza inviata al Bulletin du bibliophile et du bibliothécaire (s. 14, I, marzo 1859, pp. 203-205) per indicare le. novità bibliografiche dell'Alta Italia, giacché, non mancava di sottolineare, Stato pontificio e Regno delle Due Sicilie erano "la Chine". Sommessamente poi egli dava conto qui di sue ricerche che motivavano l'attribuzione del pamphlet antigesuitico l'Alcibiade fanciullo a scola a Ferrante Pallavicino. Altrettanto discreto fu il suo intervento personale nella pubblicazione delle Note bibliografiche del fudon Gaetano Melzi edite per cura di un bibliofilo milanese con altre notizie (Milano 1863).
In stretta familiarità e consuetudine di studio con casa Melzi, il D., con il rendere di pubblica ragione le postille del Melzi alla Bibliografla dei romanzi e poemi cavallereschi apparsa sotto il nome di G. Ferrario, voleva confutare l'accusa di plagio da poco lancipta contro il Melzi stesso dal libraio P. A. Tosi. In appendice, su suggerimento di A. Panizzi, segnalava alcune edizioni sconosciute tratte dalla sua collezione.
Contemporaneamente però egli affrontava anche il suo primo lavoro di vasto respiro, un excursus intorno agli Artistes milanaises (per l'attribuzione cfr. l'indicazione manoscritta, apparentemente di pugno del D. stesso, sull'estratto dal Cabinet de l'amateur, nn. 25, 26, 29 s. del 1863, conservato presso la Società storica lombarda con segnatura Op. 1034).
Rivendicando l'importanza della Milano viscontea e soprattutto sforzesca come centro d'arte e di cultuia, un centro non inferiore ne pure a quello fiorentino nella rinascita tardomedievale, l'indagine del D. si soffermava sugli oggetti prodotti dalle arti minori o, come si incominciava sempre più spesso a dire, dalle arti industriali quali accessori obbligati della vita civile e del lusso di un tempo. Grazie alla magnificenza delle corti prendevano così a delinearsi alcune individualità di 'Spicco e intorno a queste, fino alla diaspora seguita alla caduta di Ludovico il Moro, una scuola preitamente milanese.
Ai nodi tematici qui rappresentati si Saldarono le ricerche posteriori, dai rilevanti contributi alla, bibliografia vinciana ai saggi di impianto più marcatamente erudito con i quali prendeva avvio la sua collaborazione alla Gazette des beaux-arts. Adottando per questo come per svariati articoli successivi la titolatura generale di L'Art et l'industrie aux XVI° et XVII° siècles, significativa dell'esigenza di coglierne le intime relazioni in ogni campo per contribuire all'educazione del presente, il D. affidava così nel 1863 al mensile parigino un Essai bibliographique sur les anciens modéles de lingerie, de dentelles et de tapisserie graves et publiés aux XVI° et XVII° siècles en Italie (V, t. XV, pp. 342-359) e vi integrava, a un anno di distanza, le descrizioni relative ad altri paesi europei, a meglio documentare i prestiti reciproci ovvero il commercio di scambio dell'intelligenza nei secoli a lui cari (VI, t. XVII, pp. 421-435).
Con questa capillare ricognizione nelle collezioni private (e parecchi degli esemplari censiti erano suoi) il D. apriva agli studi un filone ancora inedito ma destinato a riscuotere un'attenzione crescente per le sollecitazioni dello sviluppo industriale stesso. Sintomi di un risveglio in questa direzione non mancavano neppure in Italia preannunciando fra l'altro la diffusione di scuole d'arte applicata all'industria, ma essi passarono inosservati al D., chiusosi nel corso degli anni Settanta appunto in un pessimismo a tratti disfattista. Egli finì pertanto con il lasciare nel cassetto una Bibliografia generale dei libri di ricami ecc., cui nel frattempo non aveva smesso di lavorare, pago di essere interpellato come un'autorità anche in questa materia (cfr. le sue lettere inserite da Carlo Lozzi nel Bibliofilo, I [1880], 2, Libretti di merletti, ricami e tappezzerie [Anciens ouvrages de dentelles et de lingerie], II, pp. 22-24). Era d'altro canto in linea con il suo modo di intendere la propria funzione intellettuale, identificata con quella di un "consulente" della letteratura. E non a caso egli coltivò una totale disponibilità verso le ricerche altrui mirando a favorire nel solco della tradizione settecentesca dei grandi epistolari eruditi la circolazione continua e minuziosa delle notizie. Ad un criterio non dissimile ispirò del resto la gran parte dei suoi scritti che, indipendentemente dal supporto interpretativo e dalla coerenza interna, appaiono divisi fra l'informazione bibliografica e l'edizione documentaria.
La modestia della presentazione non gli impedì comunque di ottenere riconoscimenti e fama internazionali a partire soprattutto dalla pubblicazione della Lettera in lingua spagnola diretta da Cristoforo Colombo a Luis de Santangel (15 febbraio-14 marzo 1493) riprodotta a fac-simile ed illustrata per cura di G. D. dall'unico esemplare a stampa sinora conosciuto che si conserva nella Biblioteca Ambrosiana (Milano 1866), una segnalazione giudicata da lui stesso troppo importante per non essere dettata nella lingua nativa. Nel 1878 il D. dedicò poi ai Ritratti di Cristoforo Colombo un breve scritto d'occasione con il quale si chiudeva la sua saltuaria ma tutt'altro che irrilevante collaborazione alla Perseveranza (una copia dell'estratto con sue postille ed aggiunte autografe in Pavia, Biblioteca universitaria, 130 B 23). Sempre sull'organo dei moderati milanesi erano comparse nel 1870. per citare un esempio indicativo delle molteplici connessioni fra uno scritto e l'altro, le sue pregnanti osservazioni su Leonardo da Vinci e la Cosmografia. Al rapporto fra Leonardo e l'ambiente artistico milanese il D. aveva già intitolato pagine nuove nelle prospettive nella Gazette des beauxarts (cfr. Léonard de Vinci. La gravure milanaise et Passavant, X [1868], t. XXV, pp. 123-152). Pochi anni più tardi egli diede poi il suo contributo più notevole con Leonardo da Vinci e la sua libreria. Note di un bibliofilo (Milano 1873), un lavoro di decifrazione e di identificazione intorno ad alcune annotazioni sommarie del Codice Atlantico. Ma per cogliere appieno il Leonardo "lombardo" occorreva ricordare che il soggiorno presso lo Sforza aveva offerto ai suoi proteiformi interessi la frequentazione della biblioteca ducale di Pavia ricca di scritti in ogni campo dello scibile a indicare che il Medioevo trascolorava ormai nella Rinascenza. Era quanto emergeva dalla collazione degli inventari del 1426 e del 1459 al centro delle Indagini storiche, artistiche e bibliografiche sulla libreria visconteo-sforzesca del Castello di Pavia, di cui nel 1875 il D. doveva stampare a Milano la prima parte.
Qui, fra richiami d'attualità e indicazioni di metodo (la storia come scienza legata allo scavo documentario ma anche come forma d'arte mentre era da respingere la storia aritmetica dell'ultimo Ferrari), egli tracciava anche il piano completo dell'opera. Ma la promessa integrazione dei vari piani disciplinari non poté poi essere rispettata. E della seconda parte delle Indagini vide la luce soltanto L'arte del minio nel ducato di Milano dal secolo XIII al XVI. Appunti tratti dalle memorie postume del marchese G. D., a cura di G. Mongeri (in varie puntate sull'Archivio storico lombardo del 1885 e in estratto l'anno successivo). Il repentino aggravarsi del suo stato di salute con ripetute crisi nervose permise infatti al D. di completare soltanto un volume di Appendice alla parte prima che pubblicò nel 1879. Vari altri progetti in cantiere finirono così col trascinarsi a lungo senza venir concretati con qualche eccezione, tra cui il saggio su Une famille d'artistes lombards au XIV° et au XV° siècle. Les Besozzo, che fu un po' il suo testamento spirituale, e che in effetti uscì postumo sull'Art, VIII (1882), 2, pp. 81-91. Nel 1879 intanto egli aveva ricevuto la sua massima consacrazione di studioso dagli amici francesi con l'ambita nomina a socio corrispondente dell'Institut de France, ultima di una teoria di investiture onorifiche, fra cui quella all'Istituto lombardo di scienze e lettere.
E carattere onorifico assai più che politico o semplicemente amministrativo ebbe anche la sua segnalazione nella lista predisposta dalla Costituzionale nel 1873, in occasione del rinnovo dell'intero Consiglio comunale dopo l'aggregazione dei corpi santi. Già consigliere di Pregnana e di Agrate in ossequio al tradizionale mandato degli estimati, nella rappresentanza cittadina il D. si dedicò al lavoro di commissione sugli abbellimenti del volto urbano, senza mutare per questo il suo giudizio negativo nei confronti delle scelte municipali poco sensibili ai richiami della cultura. Inoltre, musicofilo stimato e membro del Consiglio direttivo del conservatorio fra il 1863 e il 1869, si occupò a lungo della questione teatrale.
Contemporaneamente all'elezione municipale, nel corso dello stesso 1873, convinto della necessità di smuovere la stagnazione intellettuale milanese, egli cooperò strettamente con C. Cantù alla fondazione della Società storica lombarda. Nominato con Giulio Porro alla vicepresidenza del sodalizio, a tutta prima si infervorò nella cura della Biblioteca historica italiana e in quella dell'Archivio storico lombardo.
Sua fu ad esempio la proposta di inaugurare la rubrica domande e risposte, consona allo spirito dei tempi che avevano sostituito alle grandi individualità l'associazione e la divisione del lavoro. E suo il suggerimento di imprimere all'Archivio contro "la tendenza letteraria" presente qua e là nei primi fascicoli un'impostazione rigorosamente erudita e documentaria. In questa direzione mossero del resto i suoi contributi particolari. Presto disilluso dall'andamento della Società, il D. finì però col prenderne le distanze. Quando alle malevolenze esterne verso Cantù si assommarono scontri e beghe interne, alimentati da personalismi e ambizioncelle varie, si dimise così dal suo incarico direttivo per entrare nel comitato di redazione del periodico sociale. Ma di lì a poco se ne disinteressò completamente parendogli questo divenuto ormai "una bottega". Dal 1877 il D. era anche vicepresidente della Commissione conservatrice dei monumenti per la provincia di Milano, carica. da cui si dimise l'anno seguente.
Il D. mori a Milano il 10 sett. 1881.
Fonti e Bibl.: Necrologi in Corriere della sera, 12-13 sett. 1881; L'Illustrazione ital., 2 ott. 1881, p. 223; P. Leroy, Le marquis G. D., in L'Art, VII (1881), 3, pp. 310 s.; G. Mongeri, G. D. Commemor., estratto da Atti della R. Accademia di belle arti di Milano, Milano 1881; La Perseveranza, 12 sett. 1881 (siglato P. R.); P. Rotondi, Il marchese G. D., in Arch. stor. lomb., IX (1882), pp. 149-161; Milano, Archivio storico civico, Archivio D'Adda Salvaterra, c. 1, fasc. 1, 2, 3; c. 8, fasc. 5; c. 9, fasc. 1, 2, 3; c. 11, fasc. 2; c. 17, fasc. 2, 3; c. 44, fasc. unico; c. 55, fasc. 3; c. 56, fasc. unico; c. 61, fasc. 1; c. 78, fasc. unico; c. 79. fasc. 1, 2; c. 80, fasc. 3 (sono carte di natura prevalentemente araldico-patrimoniale); Ibid., Consiglio comunale. 1802-1860, c. 21, n. 325; Ibid., Funzionari pubblici, c. 5; Archivio di Stato di Milano, Araldica p. m., c. 75, fasc. 2; Ibid., Autografi. Uomini celebri (scienziati e letter.), c. 107, fasc. 9; Ibid., Notai. Ultimo versamento, b. 767 (22giugno 1860); Ibid., Notarile, ff. 50.397 (1° apr. 1833), 50.418 (8 ott. 1840), 50.421 (15 sett. 1841, 15 genn. 1842); Ibid., Studi p. m., bb. 1186, 1189, 1192; Archivio di Stato di Pavia, Antico Arch. dell'univers. di Pavia, Registri, Politico-legale-Legge, reg. 179; Bologna, Biblioteca comunale dell'Archiginnasio, Autografi Campori, cart. III, fasc. 1; Ibid., Carteggio Landoni, cart. XVIII, fasc. 128bis; Cison di Valmarino (Treviso), Arch. Brandolini D'Adda, cass. 24; Firenze, Biblioteca nazionale, Carteggio De Gubernatis, cass. 33, ins. 10; Milano, Archivio del Museo di storia naturale, Corrispondenza Cornalia, c. 1; Ibid., Biblioteca Ambrosiana, Fondo Cesare Cantù, R 5-6 inf., ins. s; R 9 inf., ins. 1; R 23 infl, ins. 1 e 2; R 36 inf., ins. 3; R 52 inf., ins. 3; R 56 inf., ins. 2; R 66 inf., ins. 3; Ibid., Museo del Risorgimento, Arch. parte gener., D'Adda G. e Gioachino, n. reg. 36.658; Ibid., Arch. Ferrari, c. 34, pl. 54; Torino, Museo del Risorgimento, Arch. Durando, 104/9; Il 22 marzo, 28 marzo 1848, I milanesi ai loro fratelli di Genova; Il Crociato, 13maggio 1848, Programma della Società detta dell'Unità d'Italia; Il Pungolo, 9 dic. 1859, Aglielettori; Atti del municipio di Milano, annate 1871, p. 355, e 1873-1878, passim; LaPerseveranza, 24 luglio 1873; L. Melzi, Cenni storici sul R. Conserv. di musica in Milano, Milano 1873, pp. 36 s.; F. Calvi, D'Adda, in Famiglie notabili milanesi. Cenni storici e genealogici, I, Milano 1875, tav. V; A. De Gubernatis, Dizionario biografico d. scrittori contemporanei, Firenze 1879, pp. 10 s.; 1091; Id., Notizie bibliografiche, in Il Bibliofilo, I (1880), 2, pp. 26 s.; Atti della Commissione conservatrice dei monumenti e oggetti d'arte e di antichità della provincia di Milano (puntata prima che abbraccia il periodo dalla istituzione a tutto il luglio del 1880), annessa nell'Arch. stor. lomb., VII (1880), pp. 5 s.; 8, 14 s.; 27, 30, 41, 47 s.; G. Pallavicino, Memorie, pubbl. per cura della moglie, I-II, Torino 1882-1885, rispettivamente pp. 136 n., 176-80, 184s. e p. 8; L'Opera cinquantenaria della R. Deputazione di storia patria di Torino, a cura di A. Manno, Torino 1884, pp. 97 s.; 126s. (con ampia ma incompleta bibliografla); G. Passano, Dizionario di opere anonime e pseudonime in supplemento a quello di G. Melzi, Ancona 1887, pp. 7, 23; La Bibliofilia, V (1903), 7-8, pp. 244 ss. (recensione, siglata i. s.; al Catalogo dei libri del D.); R. Barbiera, Passioni del Risorg. Nuove pagine sulla principessa Belgioioso e il suo tempo, Milano 1903, pp. 419 s.; G. Visconti Venosta, Ricordi di gioventù. Cose vedute o sapute 1847-1860, Milano 1906, pp. 11, 400-403; T. Massarani, Una nobile vita. Carteggio ined., a cura di R. Barbiera, I, Firenze 1909, pp. 350-353; M. Camperio, Autobiografia. 1826-1899, a cura di S. Meyer Camperio, Milano 1917, p. 13; La Bibliofilia, XX (1918), 1-2, p. 53; N. Bazzetta De Vemenia, Il patriziato milanese, Milano 1920, pp. 237-240; G. Seregni, Il primo cinquant. di vita della Società stor. lombarda. MDCCCLXXIII-MCMXXIII, Milano 1923, pp. 5, 7, 10, 15 s.; 21; Saggio di un dizionario bio-bibliografico ital., a cura di L. Caetani di Sermoneta, Roma 1924, p. 283; C. Frati, Dizionario bio-bibliografico..., a cura di A. Sorbelli, Firenze 1933, pp. 189 s.; Eroine, ispiratrici e donne di eccezzione, a cura di F. Orestano, Milano 1940, p. 117; M. Parenti, Aggiunte al Dizionario bio-bibliografico dei bibliotecari e bibliofili ital. di C. 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