GIROLAMO da Forlì (de Flochis)
Nacque, secondo la sua stessa dichiarazione, il 23 ag. 1348 a Forlì da Giovanni de Flochis (Archivio di Stato di Forlì, Notarile, Forlì, Luca Maldenti, I, [158], c. 54), di estrazione sociale imprecisata. All'età di 12 anni, quando Francesco Ordelaffi consegnava alla Chiesa la rocca forlivese, entrò nel locale convento domenicano di S. Giacomo.
L'avvenimento è raccontato dallo stesso G. nel Chronicon Foroliviense, l'unica sua opera che ci è giunta: "anno Domini MCCCLX, receptum per manum reverendi patris fratris Iohannis Marcoaldi tunc prioris, in octavis beati Martini, de mense Novembris […] et quando intravi Ordinem, eram annorum duodecim" (ed. Pasini, p. 39), ma la data di nascita sembra verosimilmente oscillare tra il 1347 e il 1348, come dimostrato dal Pasini (ibid., Prefazione, p. XI), per un errore commesso da G. stesso nella valutazione cronologica della caduta dal potere di Francesco Ordelaffi, evento da ascriversi piuttosto al 1359.
Confuse le vicende successive che - basandosi per lo più su documentazione frammentaria e disomogenea - lo mostrano a partire dagli anni Novanta del Trecento attivamente inserito in attività di studio e insegnamento. Nel 1391 la documentazione registra la sua licenza in teologia, conseguita a Venezia presso la sede conventuale di Ss. Giovanni e Paolo, dove viene "licentiatus in sacra pagina" il 7 febbraio; nello stesso anno viene attestato come magister theologie a Bologna. Sempre nel 1391 il maestro generale dell'Ordine gli concede che "possit sibi invenire unum magistrum in theologia sub quo vel a quo possit vesperari et aulari, et ex hoc non perdat ius quod habet in regentia" (Kaeppeli, Registrum litterarum, p. 33). Diversamente da quanto la storiografia ha ritenuto, sembra pertanto che G. si sia formato a Venezia nell'istruzione teologica, mentre la permanenza a Bologna, immediatamente successiva, ne sancì l'impegno didattico e nella predicazione e la contemporanea attività di magister theologie. Ehrle, pubblicando la matricola dei dottorati del 1394, annovera anche il nome di G. tra coloro che in quell'anno detenevano il titolo dottorale presso lo Studium.
Altro non è dato sapere, se non che in questi anni Novanta alla attività di studio e insegnamento G. alternò anche un ruolo di primo piano nella vita della comunità domenicana sia bolognese, sia della sua città natale, legame protrattosi verosimilmente fino alla sua morte. È infatti ricordato per la prima volta - e senza alcuna titolazione specifica - nel 1388 come convenuto al capitolo del convento bolognese di S. Domenico (Piana, p. 290 n. 201). Nel 1391, evidentemente un anno chiave nella vita di G., il maestro generale - per motivi imprecisati - ordinò che tutti i conventi domenicani della Romagna, eccezion fatta per quello forlivese, fossero tenuti al versamento di una somma nelle mani di G. (Kaeppeli, Registrum litterarum, p. 34). Questa notizia, nell'assenza di una maggiore contestualizzazione, presenta dettagli particolarmente svianti: dal momento che il ruolo centrale di G. in seno all'Ordine, come vedremo, sembra essere di parecchi anni successivo, non risulta chiaro il motivo di tale decisione da parte dei vertici della sua comunità.
Nel 1394, il nome di G. compare ripetutamente in relazione al convento bolognese di S. Domenico: in due documenti rogati a poca distanza l'uno dall'altro (30 agosto, 16 novembre) egli riveste il ruolo di prior del cenobio e, dopo alcuni mesi, si testimonia come il bolognese Giovanni "de Fondatia" sia: "ad presens supprior, ad quem propter absentiam fratris Hieronymi de Forlivio s. th. magistri, ad presens prioris conventus in remotis agentis, gubernatio dicti conventus spectare dignoscitur" (Piana, pp. 301 ss.). Tre anni più tardi (15 ag. 1397) G. compare di nuovo nella documentazione relativa al convento forlivese di S. Giacomo, di cui ricopre il ruolo di vicarius (Kaeppeli, Scriptores, pp. 246 s.).
Tale documentazione induce a leggere un triplice impegno di G. svolto pressoché contemporaneamente: l'attività di studio e di insegnamento - cui si connette anche la predicazione -, il ruolo di guida del convento forlivese, e quello di priore nella sede bolognese, svolto però, probabilmente, in modo non continuativo. Nonostante non sia registrabile una vera e propria sovrapposizione delle date, questa ipotesi consentirebbe ora di dare un senso alla testimonianza del 1391: in essa veniva concessa a G. dal maestro generale una licenza per potersi avvalere di un aiuto, qualcuno che gli alleggerisse l'impegno dell'insegnamento, in modo da non essere costretto ad abbandonare il ruolo ricoperto presso la sede (o le sedi) conventuale. Questo impegno dei vertici dell'Ordine per fornire a G. le condizioni ideali per l'esercizio delle sue molteplici mansioni non fa che confermare il prestigio ottenuto in seno alla congregazione, che si concretizzò dopo alcuni anni nell'investitura di G. a un ruolo di più larga autorità.
È solo nel 1420 che, in età già avanzata, egli raggiunse tale ruolo: al capitolo generale dell'Ordine, celebrato nella sua città natale il 31 maggio di quell'anno, gli fu infatti conferito il titolo di definitor provincie Romandiole, mediante il quale G. assumeva la supervisione su tutti i conventi domenicani presenti nella regione. Le testimonianze documentarie si arrestano a questo anno, non consentendoci di sapere di più della posizione di G. nell'Ordine e presso gli Studia domenicani.
G. - spesso ricordato dai cronachisti forlivesi immediatamente successivi (Giovanni Merlini, Leone Cobelli, Alessandro Padovani) - occupa un posto importante nel panorama della città romagnola nel momento del passaggio dalla signoria al diretto dominio pontificio ed è noto come il primo cronista delle vicende della sua città natale. Al Padovani si deve un fraintendimento di identificazione della sua persona con quella di Girolamo Albertucci de' Borselli, cronista bolognese coevo: tale equivoco permase nel tempo, fino a una prima definizione filologica dell'opera principale di G., nei Rerum Italicarum Scriptores di L.A. Muratori (1731).
Lo storico modenese, conducendo l'edizione dell'unico manoscritto del Chronicon Foroliviense (Forlì, Biblioteca comunale, Fondo Piancastelli, sala O. IV/8 [copia cartacea del sec. XV-XVI, di cc. 47]), provvide alla restituzione della corretta identità del cronachista e scrittore; questa indagine fu ulteriormente ampliata da A. Pasini nella sua puntuale disamina dei passaggi mediante i quali si era addivenuti a tale errata identificazione, prima in un lavoro monografico sulla figura di G. (1930), poi nella nuova edizione del Chronicon per la seconda serie dei Rerum Italicarum Scriptores (1931, cfr. Introduzione, pp. V-XVIII).
A questa importante opera si deve la fama di G.: composto presumibilmente negli anni 1414-33, il Chronicon è frutto dell'assemblaggio, per opera di autore ignoto, di una serie di fragmenta, ricordati dagli storiografi domenicani. Esso racconta in un latino assai volgarizzato gli avvenimenti forlivesi dal 1397 al 1433, trattando con particolare attenzione il periodo 1397-1411. Lo stesso arco cronologico denuncia la caratteristica autoptica che percorre tutta la narrazione: composta nello stile cronachistico dell'epoca, ricca di particolari minuti e della vivace mescolanza di avvenimenti politici ed eventi naturali, la cronaca risente dell'influenza bolognese, di cui è senza dubbio debitrice per quanto riguarda il tipo di lettura politica del periodo in questione. Nel contempo la presenza dell'autore è richiamata con brevi accenni autobiografici alle proprie attività, messe in relazione ai più importanti fatti che colpirono la città in quel tempo. L'atteggiamento di G. nei confronti del dominio signorile non rivela animosità: gli Ordelaffi sono pur sempre responsabili del passaggio della città nelle mani della Chiesa, e le caratteristiche dei singoli personaggi vengono delineate con secchezza e chiarezza di interpretazione, accompagnate a una scarna descrizione dei momenti salienti del loro operato. Maggior risentimento, venato di sconforto e di delusione, viene riservato per i concittadini, di cui G. depreca l'atteggiamento fazioso e la mancanza di coerenza politica.
Come già detto, a G. si rifecero - implicitamente o esplicitamente - i cronisti cittadini successivi, che consacrarono con la loro opera il periodo più vivo e multiforme della storiografia forlivese, tutto circoscritto nell'arco di poco più di un secolo, e che a lui - ripetutamente citato - riconoscono pur sempre il ruolo di guida e iniziatore dell'esperienza narrativa cittadina.
Kaeppeli (1966), sulla base dell'Inventario di Fabio Vigili (Vat. Barb. lat. 3185, cc. 172-173v), ricorda anche una serie di altre opere attribuite a G.: un Memoriale super libros Physicorum et super libros Sententiarum versibus inconditis; alcuni Sermones de sanctis; un Quadragesimale "Lavatorium et operatorium, quod cepit a. 1418"; dei Sermones pro defunctis secundum qualitatem personarum; e, ancora, l'opera De credendis fidei in communi et de articulis in speciali e il Tractatus de VII capitalibus vitiis, tutte opere inedite e fino a prima del 1512 conservate nel convento di S. Giacomo di Forlì. In seguito il fondo, frammentato, è confluito presso diversi archivi cittadini e di altre sedi, rendendo impossibile il ritrovamento anche di semplici tracce di questi manoscritti. Ne restano i titoli, a denunciare la preparazione teologica e l'attività didattica e omiletica di Girolamo da Forlì.
Muratori collocava la morte di G. nel 1434 su base testuale: il Chronicon infatti riporta fedelmente gli avvenimenti di Forlì fino a tutto il 1433, anno che pertanto costituirebbe il terminus post quem. Non gli risultava tuttavia possibile definire ulteriormente questo margine cronologico: l'opera pareva terminare con l'annotazione relativa al 1433, anche se l'analisi codicologica rivelava un'aggiunta di altra mano di poco posteriore, ad arricchire la narrazione di alcuni fatti relativi a quell'anno. Muratori poteva così verosimilmente pensare che - considerata anche l'avanzata età di G., che nel 1433 aveva più di 80 anni - la morte lo avesse sorpreso non dopo molto tempo. In realtà la seconda edizione del Chronicon, ben più rigorosa soprattutto filologicamente, ha messo in luce l'importanza di alcune annotazioni posteriori, databili fino a tutto il 1437. Il Pasini, così, mette le basi per una datazione post quem della morte di G. almeno dopo il 1437.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Forlì, Corporazioni religiose soppresse, Arch. S. Mercuriale, Libro Liocorno, c. 53v (a. 1365); ibid., n. 93 Libro Gambero, c. 320 (a. 1366); Archivio notarile, Nicolò Menghi (6), c. 18 (104); ibid. (7), c. 78; Ibid., Andrea Menghi (157), c. 79; Antichi regimi, Comune, Pergamene, cass. 6, Conv. S. Giacomo dei Domenicani, n. 8; Corporazioni religiose, Monastero di S. Mercuriale, n. 178, Libro Nudo, c. 79v (a. 1400); Forlì, Biblioteca comunale, ms. V/71: A. Padovani, Storia della città di Forlì, c. 99 (a. 1400); Hieronymus Foroliviensis, Chronicon Foroliviense ab a. 1397 usque ad a. 1433, in L.A. Muratori, Rer. Ital. Script., XIX, Mediolani 1731, coll. 873-906; Chronicon fr. Hieronymi de Forlivio ab a. 1397 usque ad a. 1433, a cura di A. Pasini, in Rer. Ital. Script., 2a ed., XIX, 5; Appendici, I, Lettera di papa Eugenio IV…, ibid., pp. 59 s.; II, Disceptatio de schismate, ibid., pp. 61-65; I più antichi statuti della facoltà teologica dell'Università di Bologna, a cura di F. Ehrle, Bologna 1932, p. 107; Registrum litterarum fr. Raymundi de Vineis Capuani, magistri Ordinis 1380-1399, a cura di Th. Kaeppeli, in Monumenta Ordinis praedicatorum historica, XIX, Roma 1937, pp. 33 s.; Nuovi documenti sull'Università di Bologna e sul Collegio di Spagna, a cura di C. Piana, I, Bologna 1976, ad indicem; L. Alberti, De viris illustribus Ordinis praedicatorum, Bononiae 1517, cc. 144v, 146r; S. Marchesi, Supplemento istorico dell'antica città di Forlì, Forlì 1678, p. 331; G.V. Marchesi, Vitae virorum illustrium Foroliviensium, Forlì 1726, p. 165 (che identifica G. come Girolamo de' Borselli); G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, I, Bologna 1781, p. 159 (attribuisce erroneamente a Girolamo Albertucci de' Borselli gli Annales Forolivienses); G. Mazzatinti, Leone Cobelli e la sua Cronaca, in Atti e memorie della Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, s. 3, XVI (1898), pp. 223 s.; A. Pasini, Frate G. da F. (1348-1437), ibid., s. 4, XX (1930), pp. 13-30; Th. Kaeppeli, Le traduzioni umanistiche di Isocrate, in Studi romagnoli, II (1951), p. 58; Id., Antiche biblioteche domenicane, in Archivum fratrum praedicatorum, XXVI (1966), pp. 18-21; Id., Scriptores Ordinis praedicatorum Medii Aevi, II, Romae 1975, pp. 246 s.; P. Mettica, La società forlivese del Quattrocento dalla cronachistica cittadina, Forlì 1983, pp. 80-86; Id., Cultura, potere e società nei cronisti tardomedievali, in Storia di Forlì, II, Il Medioevo, Bologna 1990, pp. 185-207; A. Vasina, Forlì nel Medioevo fra storia e storiografia, ibid., pp. 13-29; Id., Fiocchi, Girolamo (Hieronymus de Forlivio), in Repertorio della cronachistica emiliano-romagnola, Roma 1991, pp. 93-95; Il S. Domenico di Forlì. La chiesa, il luogo, la città, a cura di M. Foschi - G. Viroli, Forlì 1991, pp. 38 s.; Repertorium fontium historiae Medii Aevi, V, p. 472.