DA LEZZE, Girolamo
Patrizio veneziano, nacque nel 1487, secondogenito di Francesco di Lorenzo, del ramo a S. Vidal, e di Paola Contarini di Girolamo. Le quattro doti, che accompagnarono i matrimoni di altrettante, sorelle, incisero pesantemente sul patrimonio familiare, e questa situazione non mancò di condizionare l'attività politica del D., che agli inizi rimase circoscritta nell'ambito dell'apparato amministrativo statale. Entrato ventenne nel Maggior Consiglio, il 2 dic. 1515 fu eletto alla Quarantia criminale e l'anno successivo camerlengo a Treviso, per divenire poi capo della Quarantia nel settembre 1517 e ancora nel 1522. Il primo marzo 1523 assumeva l'incarico di uditore delle Sentenze nove, e l'anno seguente sposava la figlia di Giovanni Malipiero, dalla quale ebbe due figlie, Francesca e Chiara, che riuscirà a maritare con molti sacrifici, e con l'aiuto del nipote Francesco, l'ultimo rappresentante di questo ramo della famiglia. Dopo essere stato provveditore al Cottimo di Londra (3 febbr. 1529-2 giugno 1530), la sua carriera ebbe un salto qualitativo quando fu chiamato a far parte dei Dieci savi sopra le decime (6 febbr. 1531-5 febbr. 1532), per divenire subito dopo podestà e capitano di Feltre, dal 3 marzo 1532 al 2 luglio 1533.
Dalla stringata relazione appaiono evidenti le difficoltà e i disagi entro i quali continuava a dibattersi la Terraferma veneta, dopo le, tante guerre e rovine seguite ad Agnadello: impegnate le esigue rendite di quella Camera per ultimare la ricostruzione del palazzo dei rettori, gli era stato impossibile porre freno al contrabbando dei frumenti, che raggiungevano il Trentino attraverso il passo di Schener, un tempo guardato da una fortezza, "la qual fu da alemani ruinada", ed ora affidato alla inutile custodia di un soldato. Suggeriva pertanto la costruzione di "un pocho de redutto con le sponde di muro ... el qual a mio giudicio si potria far con ducati 100". Una cifra contenuta, ma che tornerà, eloquente testimonianza di cronico dissesto finanziario, nelle relazioni dei suoi successori.
Restò poco a Venezia: dopo esser stato ufficiale alle Rason nove (1° apr. 1535-31 luglio 1536), venne eletto podestà a Bergamo, dove si trattenne dal maggio 1539 all'agosto dell'anno successivo.
Ci rimane, di questo reggimento, solo l'eco dei contrasti che opponevano i rettori alle Comunità locali - costantemente impegnate a difendere i propri diritti di fronte al potere centrale, o a strappare nuove immunità - attraverso una sua lettera ai capi del Consiglio dei dieci.
Ritornato sulla laguna, il 15 nov. 1541 fu eletto fra i trenta tansadori, quindi divenne procuratore sopra gli Atti dei sopragastaldi (15 maggio-14 nov. 1543), provveditore al Sale (5 maggio 1547-4 sett. 1548) e ancora, il 25 giugno 1548, tra i venticinque tansadori sopra la Prima Camera, poi fu governatore delle Entrate (1° febbr. 1530-31 maggio 1551) e savio sopra le Leggi il 18 nov. 1551, per raggiungere infine la prestigiosa nomina al Consiglio dei dieci per il periodo ottobre 1551-settembre 1552. Era la definitiva conferma della reputazione che il D. si era lentamente costruita nel mondo politico veneziano, attraverso un lungo servizio che, nell'ultimo quindicennio della sua vita, si sarebbe risolto in un'intensa successione di prestigiosi incarichi. Eletto capitano di Verona, poté assumere il nuovo reggimento perché ancora una volta venne in suo aiuto, "da bon fiol", il nipote Francesco, che egli ricorderà con gratitudine nel testamento, per aver "speso la sua propria intrada et roba per onorarme et mantegnirme in ordene".
Neppure di questo rettorato (16 apr. 1553-16 giugno 1554), come anche del successivo a Padova (24 sett. 1559-15 dic. 1560), possediamo la relazione. La sua permanenza veronese, pertanto, ci è documentata dai registri del Senato, Terra, che presentano solo poche notizie relative al pagamento di stipendi o alle costanti provvidenze per le arginature dell'Adige: in un unica circostanza l'attività del D. venne energicamente sollecitata, e fu ad opera del Consiglio dei dieci, che il nov. 1553 gli affidava la custodia del patrizio Garzoni, "si che el stia serato, securo, et quanto più serrato si possa".
Il D. divenne, quindi, provveditore alle Galere dei condannati (9 nov. 1554-8 nov. 1555), fece parte del Consiglio dei dieci dal 1° ott. 1555 al 30 sett. 1556, dei quarantuno elettori del doge Lorenzo Priuli nel 1556, dei conservatori ed esecutori delle Leggi (10 ott. 1556-9 ott. 1557), consigliere di Venezia (1° giugno 1557-31 maggio 1558); fu ancora del Consiglio dei dieci (1° ott. 1558-30 sett. 1559), capitano a Padova ed elettore del doge Girolamo Priuli nel 1559, savio del Consiglio (marzo-giugno 1561), ancora del Consiglio dei dieci (1° ott. 1561-30 sett. 1562), consigliere di Venezia (febbraio 1562-gennaio 1563), e poi del Consiglio dei dieci (ottobre 1563-settembre 1564), consigliere di Venezia (ottobre 1564-settembre 1565) e, contemporaneamente., ancora del Consiglio dei dieci. Se la collegialità delle magistrature impedisce di individuare le linee dell'azione personale del D., la loro importanza ci consente, tuttavia, di attribuirgli un ruolo di primaria importanza ai vertici della politica veneziana, nel decennio che precedette la sua morte, avvenuta a Venezia, il 2 sett. 1566.
Fonti e Bibl.: Venezia, Bibl. del Civico Museo Correr, Cod. Cicogna 3782: G. Priuli, Pretiosi frutti..., c. 131r; Ibid., Bibl. naz. Marciana, Mss. It., cl. VII, 16 (= 8305): G. A. Cappellari Vivaro, Il Campidoglio veneto, II, cc. 207r-209v; Arch. di Stato di Venezia, Misc. Codici I, Storia veneta 20: M. Barbaro-A. M. Tasca, Arbori de' patritii veneti..., IV, pp. 233, 235; sui matrimoni delle figlie, Ibid., Indice dei matrimoni patrizi per nome di donna, a cura di G. Giorno, subvoce; per il testamento, redatto il 3 luglio 1561, Ibid., Sezione notarile, Testamenti, b. 1262/I, cc. 1r-2v; sulla carriera politica, Ibid., Segretario alle Voci, Misti, regg. 7. 8; Segretario alle Voci. Elez. Magg. Cons.; regg. 1, 2, 3, 4; Segretario alle Voci. Elez. Pregadi, regg. 1, 2, 3, ad annum; suoi dispacci al Consiglio dei dieci da Feltre, Bergamo e Verona, Ibid., Capi del Consiglio dei dieci. Lettere di rettori e altre cariche, bb. 159, n. 46; 1, nn. 235-236;, 194, n. 84; introvabili i dispacci da Padova, nonostante l'indice li segnali alla b. 83, nn. 11-14; sue lettere a diversi rettori, come capo del Consiglio dei dieci negli anni 1552-53, 1556, 1559, Ibid., Capi del Consiglio dei dieci. Lettere segrete, f. 5, passim (in data 6 novembre 1553 è una lettera del Consiglio al D. capitano a Verona); per gli anni 1561, 1564-65. f. 6, passim; sulcapitanato a Verona, Ibid., Senato, Terra. reg. 39, cc. 19r, 62rv, 94v. 113rv, 140v-141r; una procura al nipote Francesco, del 4 febbr. 1559, nella Bibl. dei Civico Museo Correr, Mss. P. D. c. 829/59; M. Sanuto, Diarii, Venezia 1879-1903, XII, col. 356; XX, coll. 165, 451; XXI, coll. 228. 341-342; XXII, col. 657; XXV, col. 88; XXVIII, coll. 60 s.; XXXIII, coll. 467, 469. 495, 505, 510. 521; XXXVII, col. 24; LIV, coll. 34, 505; LVIII, col. 394; Relazioni dei rettori veneti, in Terraferma, a cura di A. Tagliaferri, II, Milano 1974, pp. 209-210; Calendar of State Papers ... relating to English Affairs existing in the Archives ... of Venice..., a cura di R. Brown, London 1877, VI pp. 342, 1694; G. B. Angelini, Catal. cronologico de' rettori di Bergomo..., Bergomo 1742, p. 50; A. Gloria, I podestà e capitani di Padova..., Padova 1861, p. 19; A. Cambruzzi, Storia di Feltre, Feltre 1875, pp. 320 s.; 323.