DAL POZZO, Girolamo
Nacque a Verona nel 1718 da antica e facoltosa famiglia nobiliare veronese. Ricevette un'accurata educazione umanistica ad opera di due insigni pedagoghi dena città, i sacerdoti Pietro e Girolamo Ballerini, che integrò successivamente da autodidatta con studi di disegno e di architettura. Secondo il Milizia (1768) era portato all'architettura "per natural inclinazione" educato, senza necessità di maestri diretti, dallo studio sia della trattatistica architettonica, sia degli edifici classici e rinascimentali: "Questi furon i suoi maestri, e singolarmente Vitruvio, Palladio, Scamozzi. Osservò attentamente le fabbriche antiche, le disegnò imitando i più eleganti disegni, ed è divenuto intelligente e sensato architetto".
Figura e formazione, dunque, tipiche dell'architetto "dilettante", che nella nobiltà veneta aveva tradizione fin dal sec. XVI con Alvise Corner ed il Trissino, e nel Settecento era rappresentato dal Pompei, dall'Arnaldi, dal Memmo, dal Calderari. A Verona per altro il D. era tutt'altro che isolato, in quanto partecipava a un milieu culturale ed artistico che ruotava intorno alla prestigiosa figura di Scipione Maffei e, in ambito architettonico, si esprimeva con l'attività teorica, e pratica di Alessandro Pompei, di poco più anziano del D., un filone di "classicismo continuato" (Gazzola, 1963) che risaliva fino all'erudizione locale cinquecentesca, fissando quali suoi auctores, oltre agli antichi, anche il Palladio e soprattutto il Sanmicheli.
In questo milieu il D. dovette ben presto farsi notare, poiché già nel 1733 divenne membro dell'Accademia filarmonica di Verona; e nel 1735. per un ciclo di recite date da un gruppo di giovani della nobiltà, progettò, relativamente alla pane scenica, il "piccolo teatro" provvisorio che venne eretto proprio nel salone dell'Accademia.
Questo progetto, che si rifà ai teatri antichi, ebbe "un plauso universale", ed i disegni passarono nella rinomata raccolta dell'elettore di Baviera (Milizia, 1768); possiamo vederne la rappresentazione prospettica nel frontespizio d'una tragedia, il Medo (di Vinci e Frugoni), nell'edizione veronese del 1735.
Verso la metà dei secolo cade il primo impegno noto dell'attività architettonica del D.: l'operato per la villa Trissino (oggi Marzotto) nell'omonimo paese del Vicentino "situata sulla sommità d'un colle" (Milizia, 1768). Sul colle vi sono due ville, una superiore ed una inferiore, poco omogenee stilisticamente, ed in mancanza di prove documentali e di possibilità di confronti stilistici probatori, non è chiaro a quale delle due abbia lavorato il D., pur se il passo citato dei Milizia, tuttavia non preciso e non sappiamo quanto informato, letto per intero, sembrerebbe indicare quella superiore. Il Cevese, se in un primo tempo (1952) considerava la villa superiore come rifatta dal D. e quella inferiore o del D. o del Muttoni, successivamente (1971) vede il D. operoso nella metà del secolo, in quella superiore, "a raccogliere l'eredità del Muttoni (morto nel 1747) e a trarre dalle sue premesse ogni possibile conseguenza".
Nella notte tra il 21 e 22 genn. 1749 venne distrutto da un incendio a Verona il celebre teatro Filarmonico del Galli Bibbiena; come informa il Rigoli (1978-79), ravvisatasi subito dopo la necessità di ricostruirlo, il D. e il Pompei presentarono congiuntamente un modello che, salvo poche modifiche, conservava interamente "misure et ornati et altro del disegno Bibiena"; e venne approvato cozi qualche difficoltà e lievi aggiustature. Ad eseguirlo fu chiamato un architetto di Reggio Emilia, il Paglia, il quale per altro volle presentare anche un suo progetto che modificava sostanzialmente quello del Bibbiena (e quindi del D. e Pompei) e che venne tuttavia accolto dagli accademici; fra i fabbricieri, il Pompei e soprattutto il D. ebbero l'incarico di sovraintendere ai lavori. Sulla scia di questi impegni il D. scrisse nel 1752 una dissertazione (rimasta inedita), dedicata al Memmo, "nella quale... propose di accostare più che possibile fosse la forma de' moderni teatri a quella degli antichi" (Memmo, 1786, p. 156).
La brutta copia dei testo, una bella copia autografa e la descrizione delle tavole sono identificabili nel fascicolo ms. nella Biblioteca civica di Verona (Autografi vari, b. 107) intitolato: G. Dal Pozzo, Della forma delli teatri antichi, romano e greco E l'idea di un teatro all'antico in parte ed al moderno uso adattato. Ad esso si aggiungono tavole incise e datate 1753; forse proviene da queste il disegno di cui scrive l'Algarotti alcuni anni dopo: "Secondo una tale idea [della corretta architettura e decorazione dell'interno d'un moderno teatro] sono due disegni che m'è avvenuto di vedere in Italia ne' quali, non ostante che nulla manchi di quanto richiedono le moderne rappresentazioni, la maestà si conserva dell'antico teatro dei Greci. L'uno è del sig. Tommaso Temanza... l'altro del sig. Conte Girolamo Dal Pozzo... o (Algarotti, [1762], in Saggi, 1963, p. 190).
Nel 1755 il D. prese parte alle onoranze funebri per Scipione Maffei con un sonetto (in M. A. Pindemonte, Orazione funebre in morte... con l'aggiunta d'alcuni componimenti poetici d'autori veronesi, Verona 1755, p. 23). Successivamente, per compiacere alla colta lady Catherine Stampleton Weight compose (1758) un trattatello: Degli ornamenti dell'architettura civile secondo gli antichi diviso in dodici capitoli.
Benché rimasto inedito, il trattato venne egualmente conosciuto ed apprezzato (lo loda anche l'Algarotti, in una lettera del 2 dicembre 1758, in Opere, VIII) al punto d'essere "adoperato in una pubblica Scuola, e con molto profitto" (Milizia, 1768). L'autografo, datato 1758, finì al conte Giovanni de Lazara che ne inviò copia ms. a Leonardo Trissino, ora conservata alla Biblioteca Bertoliana di Vicenza (Gonz. 23.4.12 [2249]) assieme alla copia di un altro scritto di pochi fogli del D.: Breve storia della fabbrica del teatro Olimpico di Vicenza, 1762.
Nella primavera del 1759 (Algarotti, lettera del 6 ott. 1759, in Opere, VIII) il D. inviò il progetto d'un tempio per uno dei concorsi che periodicamente bandiva l'Accademia di Parma; l'Algarotti (ibid.) ne lodava sia il rigore classicista sia i riferimenti palladiani e sarimicheliani (pur esprimendo riserve sui campanili all'inglese e l'uso del sesto acuto nelle cupole), insinuando tuttavia all'autore che "Non sarebbe gran maraviglia che una invenzione regolare accordata e piuttosto austera, come è la sua, non andasse così universalmente per la cruna di questi che si chiamano intendenti". Preoccupazione per altro non avveratasi, visto che il D. venne poi nominato membro sia dell'Accademia di Parma sia della Clementina di Bologna (Milizia, 1768). Nei primi anni '60 il D. dovette progettare la chiesa di Castellaro nel Mantovano: sappiamo, infatti, che essa venne eretta "alcuno tempo dopo" i lavori per la villa di Trissino (Biografia universale..., 1828), ma prima del 1768 quando è ricordata dal Milizia. L'edificio mostra un accentuato rigore neoclassico con l'aggiunta di evidenti richiami palladiani. Nel 1767 (Zannandreis [1831-34], 1891) il D. ricevette l'incarico di sovrintendere al restauro del mausoleo di Mastino II Della Scala (cfr. Verona, Bibl. civ., ms. 1709: Scritture e disegni per il restauro dell'arca di Can. Mastino...); nel 1768 pubblicò probabilmente a Verona Teatri degli antichi et sulla idea d'un teatro adattato all'uso moderno.
In tale opera egli doveva ulteriormente sviluppare i temi della dissertazione manoscritta del 1752, cercando pertanto di dimostrare, circa questo controverso argomento, che funzioni e struttura del teatro contemporaneo possono essere risolti anche con le regole vitruviane, contro quanti ne sostenevano l'inconciliabilità. Il trattato, non più rintracciabile nemmeno a Verona, sicuramente per limitatezza di tiratura si rarefece ben presto, tanto da non comparire nel Catalogo... di F. L. Cicognara (Pisa 1821) e da venir considerato inedito nella pur informata Biografia universale... (1828); tuttavia l'edizione è confermata dal Milizia (1768, ma scrive almeno nel 1767): il trattato "già sta per uscire dal Torchio"; dal Cantoni (1769. in Martinola, 1945-47): il D. "L'anno scorso ha pubblicato un suo libro sopra i Teatri degli antichi..."; e infine dallo Zannandreis ([1831-34], 1891).
Il 27 dic. 1773 il D. venne eletto membro dell'Accademia veronese di pittura (ibid.); morì a Verona il 14 ott. 1800 (ibid.).
Nel tentativo di chiarire meglio la sua formazione giovanile di architetto, il Brusatin (1969) pensa ad un apprendistato (1737) presso Giovan Pietro Pozzo, riscontrando delle analogie fra la villa Pompei (oggi Sagramoso) a Illasi, di quest'ultimo, e la villa inferiore di Trissino (resta tuttavia, da una parte, l'incertezza fra le due ville, superiore e inferiore, dall'altra, l'effettiva cronologia dei progetto del Pozzo, troppo lontano [G. F. Viviani, in La villa nel Veronese, Verona 1975, p. 573] per ammettere una concreta relazione d'apprendistato fra i due architetti).
Ancora alla fase giovanile sarebbe riferibile l'intervento (scalone e facciata) nel palazzo estense di S. Francesco a Ferrara (poi Pareschi Gavassini) oggi sede dell'università), secondo un'attribuzione, accolta in varie guide, del Gruyer (1897, ma non rivela su quali prove).
Oltre alle opere ricordate nell'interno della voce si tenga presente che nella Bibl. capitolare di Verona, Fondo Giuliari, sono conservati disegni del Dal Pozzo.
Fonti e Bibl.: F. Milizia, Le vite de' più celebri architetti d'ogni nazione e d'ogni tempo…, Roma 1768, pp. 424 ss.; A. Memmo, Elementi dell'architettura lodoliana o sia l'arte del fabbricare..., Roma 1786, p. 156; F. Algarotti, Lettere sopra l'architettura, in Opere, VIII, Venezia 1792, pp. 251 ss. (Bologna, 2 dic. 1758), 280-83 (Bologna, 6 ott. 1759); Id., Saggio sopra l'archit. [1756], in Saggi, a cura di G. Da Pozzo, Bari 1963, p. 32; Id., Saggio sopra l'opera in musica [1762], ibid., p. 190; F. Milizia, Trattato completo, formale e materiale del teatro, Venezia 1794, p. 94; Galleria dei letterati ed artisti più illustri delle provincie austro-venete che fiorirono nel secolo XVIII, a cura di B. Gamba, I (Quadro dello stato d'ogni letteratura ed arte... Architettura), Venezia 1822; Biografia universale antica e moderna…, XLVI, Venezia 1828, ad vocem; M. Quatremère de Quincy, Dictionnaire historique d'architecture, II, Paris 1833, ad vocem; F. De Boni, Biografia degli artisti, Venezia 1840, ad vocem; A. Magrini, Dell'arch. in Vicenza, Padova 1845, p. 30; D. Zannandreis, Le vite dei pitt., scult. e arch. veron. [1831-34],Verona 1891, pp. 400-403; G. Gruyer, L'art ferrarais…, I, Paris 1897, p. 372; G. Martinola, Notizie su architetti neoclassici, in Arch. stor. lomb., n. s., X (1945-47), pp. 71 s.; R. Cevese, in Le ville venete, a cura di G. Mazzotti, Treviso 1952, pp. 188 s.; A. Cappellini, Diz. dei veronesi illustri, XI, in Vita veronese, V (1952), 11-12, p. 313; G. Silvestri, Un europeo del Settecento. S. Maffei, Treviso 1954, p. 229; G. Gasperoni, S. Maffei e Verona settecentesca, Verona 1955, p. 354; P. Gazzola, Il neoclassicismo a Verona, in Boll. d. Centro internaz. di studi di architettura A. Palladio, V (1963), pp. 175 s.; M. Brusatin, G. D., in Illuminismo e archit. dei '700 veneto, Treviso 1969, pp. 175-78; G. L. Marchini, F. Ronzani e G. Pinali. Contributo alla bibliogr. sanmicheliana, in Atti e mem. dell'Acc. di agric. scienze e lettere di Verona, 1970-71, pp. 668 s.; R. Cevese, Ville della provinciadi Vicenza, I, Milano 1971, pp. 224 s.; R. Brenzoni, Dizion, d. artisti veneti, Firenze 1972, p. 113; P. Rigoli, Contributi alla storia del Teatro filarmonico…, in Studi stor. veronesi L. Simeoni, XXVIII-XXIX (1978-79), pp. 180-97; M. Brusatin, Venezia nel Settecento..., Torino 1980, pp. 303 ss.; A. Sandrini, La fabbrica contesa; archit. e ideologia urbana nella Verona del '700, in La fabbrica della dogana..., a cura di A. Sandrini, Venezia 1982, pp. 37, 39; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XXVII, p. 339 (s. v. Pozzo, Girolamo conte del).