DANDINI, Girolamo
Nacque nel 1552 a Cesena (Forlì) dal conte Pompeo e da Violante Sacramazza, e fu battezzato il 26 maggio dello stesso anno: la sua famiglia apparteneva all'aristocrazia provinciale strettamente legata al Papato. Studiò a Roma e nel 1579 entrò nel noviziato gesuitico di S. Andrea al Quirinale. Nel 1589 fu ammesso al grado più alto dell'Ordine, la professione solenne di quattro voti: a quel tempo era già in possesso del titolo accademico di magister artium e aveva insegnato per vari anni filosofia e teologia. In particolare fra il 1581 e il 1585 aveva insegnato filosofia nel collegio Clermont di Parigi e successivamente nell'università di Padova. Nel 1590 divenne rettore del collegio dei gesuiti di Forlì e nel 1593 di quello di Perugia.
Nel 1596 il D., noto come uomo di "dottrina, pietà e zelo", fu allontanato dalla sua vita di studi e di insegnamento. Il papa Clemente VIII incaricò i gesuiti di compiere una visita apostolica presso i maroniti dei Libano e il D. fu scelto come nunzio da Claudio Acquaviva, generale dell'Ordine.
L'11 giugno 1596 ricevette le istruzioni e i documenti relativi alla missione direttamente dal papa, dall'Acquaviva e dal cardinal Paleotti, protettore dei maroniti: doveva portare a questi ultimi la benedizione papale e studiare la loro situazione per riferirne a Roma. Nello stesso mese il D. partì da Roma e giunse a Perugia dove era atteso dal padre gesuita Fabio Bruni, che lo doveva affiancare nella missione. Alla fine del mese il D. e il Bruni giunsero a Venezia da dove salparono il 17 luglio. Fatto scalo a Candia e Cipro, il D. sbarcò con il suo compagno a Tripoli di Siria: dopo aver evitato abilmente i sospetti delle autorità turche, poté finalmente dirigersi verso il monastero di Qanobin in Libano, sede del patriarca dei maroniti.
Il D. si fermò tre mesi nel Libano, studiò con attenzione e forse con alcune prevenzioni gli usi, i costumi e il paese dei maroniti, ne considerò le lamentele e le richieste, rivelando un considerevole talento diplomatico. Nel mese di settembre organizzò un concilio nazionale dei maroniti del Libano, nel corso del quale questi ultimi affermarono che la Chiesa attribuiva loro errori dommatici mai commessi. Sotto l'abile guida del D. furono però spinti a stabilire nuovi canoni sul culto esterno e sull'amministrazione dei sacramenti e a decidere di servirsi del nuovo Messale emendato, allora recentemente edito in Roma. Fu inoltre approvato che alcuni giovani maroniti fossero inviati ogni anno a studiare a Roma nell'appena fondato collegio maronita per evitare il ripetersi di qualsiasi errore dottrinale e di qualsiasi "abuso" del culto. In questa situazione il D. seppe superare anche l'improvvisa morte del vecchio patriarca e l'elezione del successore, senza apparire un prevaricatore, ma anche senza recedere dalle proprie direttive.
Compiuta la missione, il D. visitò la Terrasanta e ripartì per l'Italia soltanto nel gennaio 1597: nell'agosto sbarcava a Venezia, due mesi dopo era a Roma. Nel novembre dello stesso anno venne nominato dall'Acquaviva, soddisfatto dei risultati della sua missione, visitatore della provincia gesuitica di Polonia, della quale divenne poi provinciale dal 1599 al 1602: si sa ben poco di questo pertodo della sua vita, come d'altronde sono sconosciuti i particolari di quasi tutta la sua lunga attività di governo nell'ambito della Compagnia. Successivamente ritornato in Italia si dedicò di nuovo all'insegnamento: nel 1603 divenne rettore del collegio dei gesuiti di Parma e in un secondo tempo resse il collegio Brera di Milano e probabilmente anche quelli di Ferrara e Bologna negli anni fra il 1609 e il 1615.
Nel 1611 pubblicò a Parigi il De Corpore Animato Libri VII. Luculentulus in Aristotelis tres "De Anima" Libros Commentarius Peripateticus: l'opera, frutto degli studi precedenti la missione in Medio Oriente, è un commento secondo i canoni dell'aristotelismo della "seconda scolastica" ai tre libri di Aristotele sull'anima.
Nel 1617 il D. venne nominato visitatore delle province francesi dell'Aquitania e di Tolosa dal successore dell'Acquaviva, Muzio Vitelleschi. Nel 1619 fu nominato visitatore della provincia veneta e nel 1621 provinciale di Milano. Nel 1626 ritornò al mondo dell'insegnamento con l'incarico di rettore del collegio di Forlì, incarico cui rinunziò nel 1631, ormai quasi ottantenne: rimase comunque nel collegio forlivese in qualità di confessore e consultore e ivi morì il 29 nov. 1634.
I suoi discendenti pubblicarono postume alcune opere, ma esistono tuttora suoi lavori inediti nei fondi archivistici della Compagnia di Gesù e della Biblioteca Malatestiana di Cesena. Nel 1651 apparve a Cesena un trattato sulla virtù cristiana e sui vizi, Ethica sacra, compilato negli ultimi anni della sua vita. Nel 1655 infine fu pubblicato, sempre a Cesena, il resoconto in italiano della missione in Libano. Quest'ultima opera, ricca di notizie sul Medio Oriente e di particolari allora poco noti in Occidente, quali i famosi cedri, l'uso del caffè e dell'henné, contiene anche una descrizione, accurata, ma poco originale, dei Luoghi Santi. Questo resoconto ebbe un discreto successo e perpetuò la memoria del D., grazie anche alle varie traduzioni: in francese (Paris 1675), inglese (London 1698) e tedesco (Jena 1792); particolarmente notevole quella parigina, curata dal gesuita Simon, priva dei resoconti sulla Terrasanta e arricchita dai Remarques del traduttore sulla Chiesa dei maroniti e sulla comprensione mostratane dal Dandini. La traduzione del Simon, pubblicata anche ad Amsterdam, fu letta dal Bayle, che ricordò il D. nel suo Dictionnaire, tentando di ricostruirne la figura storica attraverso le scarse notizie degli apologeti della Compagnia di Gesù: tutti i moderni biografi dei D. sono debitori a questa prima ricerca ragionata.
Fonti e Bibl.: A. Rabbath, Docum. inédits pour servir à l'histoire du Christianisme én Orient, I, Paris 1905, pp. 170-73; T. Anaissi, Bullarium Maronitarum, Romae 1911, pp. 106 s.; Ph. Alegambe, Bibliotheca Scriptorum Soc. lesu, Antwerpiae 1643, p. 182; N. Southwell, Bibliotheca Scriptorum Societatis Iesu, Romae 1676, p. 338; P. Bayle, Dict. hist. et critique, I, 2, Rotterdam 1697, pp. 921 s.; P. Amat di Sanfilippo, Biografia dei viaggiatori ital., Roma 1882, pp. 366 ss.; A.-A. De Backer-C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, II, 1, Paris 1891, coll. 1789 ss.; L. von Pastor, Storia dei papi, XI, Roma 1929, p. 506; C. Capizzi, Un gesuita ital. di fine Cinquecento per i maroniti, in Studi e ricerche sull'Oriente cristiano, I (1978), 1, pp. 19-36.