DELLA STUFA, Girolamo
Nacque a Firenze attorno al 1380. Figlio unico di Giovanni di Lotto e di una figlia di Bernardo di Ambrogio di Meo, apparteneva a una ricca e prestigiosa famiglia fiorentina. Molti autori trattano della sua vita, ma la maggior parte in forma agiografica e senza precisi riferimenti cronologici, tanto che i dati che se ne ricavano risultano frammentari e alquanto generici.
In giovane età il D. abbandonò la famiglia e i privilegi connessi con la sua posizione economico sociale per dedicarsi alla vita monastica entrando nel monastero di S. Francesco di Fiesole, il primo fondato in Toscana dai minori aderenti all'Osservanza, la corrente riformatrice che si era venuta delineando in seno all'Ordine francescano e che intendeva tornare ad uno stretto rispetto (osservanza) della regola, soprattutto in merito alla povertà e alle pratiche ascetiche. Il D., dopo aver vissuto qualche anno nel suddetto monastero rimanendo nello stato laicale, fu indotto dal superiore Tommaso Bellacci a prendere gli ordini sacri ed a dedicarsi alla predicazione: il Bellacci aveva infatti intuito le non comuni doti che si nascondevano sotto l'aspetto dimesso del giovane confratello e che gli sembravano consone al tipo di predicazione perseguito dal movimento francescano, alieno dalle sottigliezze teologiche e dallo sfoggio di dottrina, ma tendente ad una efficacia immediata, ad evangelizzare, a convincere, a convertire i fedeli, soprattutto i più umili ed i più diseredati. Il maggiore esponente di questo nuovo modo di predicare era Bernardino da Siena, di cui il D. fu uno dei più fedeli ed entusiasti seguaci.
Il sodalizio tra i due risale agli anni intorno al 1470 quando il D. lasciò il convento di Fiesole perché trasferito al monastero di S. Salvatore al Monte alle Croci, di recente costruito presso Firenze, dove si fermò anche Bernardino, divenuto vicario dei minori osservanti per tutta la Toscana. Il D. perfezionò la sua formazione spirituale ed umana attraverso gli insegnamenti di Bernardino, di cui si prefisse di seguire l'esempio tanto nella predicazione che nei costumi. Chiamato più tardi a testimoniare nel corso di uno dei processi di santificazione di Bernardino, espresse su di lui questo entusiastico giudizio: "Vita sua erat irreprensibilis, praedicationes erant ita accensae igne Spiritus Sancti, quod quandoque intra me ipsum dicebam: hic non videtur homo, sed Angelus Dei". Di Bernardino condivise anche la posizione all'interno dell'Ordine francescano, di cui conservava un concetto unitario: accettazione piena ed entusiastica dell'Osservanza, ma senza conflitti con la gerarchia dell'Ordine, tutta di provenienza conventuale. Nel capitolo generale dell'Ordine francescano, tenuto a Padova nel 1443, si registrò un grave contrasto tra la corrente dei conventuali e quella degli osservanti per l'elezione del ministro generale dell'Ordine: infine, i conventuali riuscirono ad imporre il loro candidato, soprattutto grazie all'azione moderatrice svolta da Bernardino, il quale, ritenendo che l'elezione di un osservante a maestro generale avrebbe provocato una frattura insanabile tra le due parti, si rifiutò di spingere il contrasto alle sue estreme conseguenze. Per questo motivo, egli fu aspramente criticato dai suoi confratelli osservanti, il D. escluso, il quale non solo rimase fedele al suo maestro, ma lo lodò anche e lo difese per il fatto che il suo atteggiamento conciliante era valso ad evitare dolorose spaccature.
A quest'epoca il D. si era già guadagnato a sua volta grande fama come predicatore: soprattutto nel periodo quaresimale veniva inviato in varie città d'Italia e talvolta all'estero per tenervi le sue prediche che registravano sempre un gran successo di pubblico. Fu a Milano, a Padova, a Venezia, a Creta e a Cipro, oltre che naturalmente a Firenze. Nelle cronache dell'Ordine si ricorda come a Padova, sede di una famosa università, studenti e maestri disertassero le lezioni per andare ad ascoltarlo. A Venezia lo stesso doge, con tutta la Signoria, avrebbe insistito, in segno di ossequio, per accompagnarlo, alla fine della predica, in corteo fino al monastero dove alloggiava. Da questi episodi si può dedurre che la sua parola era apprezzata, non solo dal popolo minuto e dalle persone meno istruite, cui preferibilmente egli si rivolgeva esprimendosi in volgare entro i confini della Toscana, in un latino elementare e rozzo nelle altre regioni, ma anche a quelle appartenenti ai ceti dirigenti; era tenuta in considerazione perfino dagli intellettuali che, pur deprecandone la forma dimessa, ne apprezzavano il contenuto, tutto ispirato dalla realtà della vita vissuta e dalla esperienza di una profonda meditazione, più che eco di temi letterari. I suoi temi ricorrenti erano la stigmatizzazione del peccato, l'incitamento ad agire bene, il richiamo alla misericordia di Dio. Sembra che abbia lasciato due raccolte di prediche: Conciones per anni circulum e Quadragesimales, di cui la prima andata sicuramente perduta.
Il D. prese anche parte attiva alla vita interna dell'Ordine, intervenendo ad alcune congregazioni toscane e ad un capitolo generale.
Morì in Firenze, nel convento di S. Salvatore l'11 febbr. 1459 (alcuni autori riportano il 1451). I suoi concittadini, a lui molto devoti, non permisero che il suo corpo venisse sepolto, nel cimitero comune dei frati, per cui fu provvisoriamente tumulato nel chiostro del convento, in attesa che gli fosse costruita una sepoltura più degna. Alcuni anni più tardi, tuttavia, la salma fu traslata nella sepoltura comune del convento.
La pietà dei fedeli gli attribuì ben presto alcuni miracoli, ma un vero e proprio processo di beatificazione non fu mai intrapreso. La S. Sede permise però ai suoi confratelli di rendergli pubblico culto nel giorno anniversario della sua morte.
Fonti e Bibl.: Acta Sanctorum... Februarii, II,Antverbiae 1658, p. 506; G. M. Brocchi, Vita di santi e beati fiorentini, Firenze 1752, pp. 404-07; I. Fridiani, Storia della famiglia Della Stufa, in Delizie degli eruditi toscani, XV (1781), p. 256; G. G. Sbarace, Supplementum et castigatio ad scriptores trium Ordinum sancti Francisci..., I, Romae 1908, p. 374; Mariano da Firenze, Compendium chronicarum fratrum minorum, in Arch. francisc. histor., III (1910), p. 711; IV (1911), pp. 136, 569; D. Pulinari, Cronache dei frati minori della provincia di Toscana, Arezzo 1913, pp. 3, 45 s., 191-94; 303 s.; L. Wadding, Annales minorum...,Ad Claras Aquas 1932, X, p. 33; XI, p. 341; XII, p. 34; XILI, pp. 149 ss.; Processi di canonizzazione di Bernardino da Siena, in Arch. franc. histor., XLIV (1951), p. 410.