GIROLAMO di Bernardino da Udine
Di G., identificabile con quel "Geronimo depentor fiolo del q[uondam] M. Bernardin tentor de Verona" per il quale si hanno notizie dal 1506 al 1512 (Joppi, 1894, pp. 78 s.), ci sono sconosciuti la data e il luogo di nascita. Egli era evidentemente già attivo come pittore a Udine nel 1506, se veniva qualificato come "magister Ieronimus pictor" in un documento del 4 maggio di quello stesso anno, quando il collega Giovanni Martini lo eleggeva come perito per la stima di una propria opera destinata alla Confraternita di S. Gottardo di Menchis (Joppi, 1887; Bampo). Ulteriori informazioni riguardanti la vita del pittore ci sono riferite, ma non documentate, da Cavalcaselle (1876), secondo il quale G. ereditò una casa a Udine il 25 maggio 1506; due anni dopo, morto il padre, diede in affitto degli stabili nella stessa città; il 13 maggio 1509 fu chiamato a stimare un altare intagliato dello scultore Bartolomeo da Udine e, l'anno seguente, un lavoro di Giovanni Martini.
Al 19 marzo 1511 è datato il contratto che G. stipulò con il Comune di Lestizza, presso Udine, in cui si impegnava, per la somma di 45 ducati, a "depenzer una capella" nella chiesa dei Ss. Biagio e Giusto, e ad affrescare parimenti una figura di S. Cristoforo sulla facciata esterna. L'opera, l'unica documentata dell'artista, è oggi perduta poiché la chiesa fu completamente rifatta nel 1818. Ma già nel 1524 lo stesso Comune di Lestizza allogava al pittore Pellegrino da San Daniele il rifacimento della figura di S. Cristoforo, come attesta un contratto del 25 giugno di quell'anno (Joppi, 1890), nonché la realizzazione di un esteso ciclo di pitture all'interno della chiesa: il che ha suggerito l'ipotesi che Pellegrino possa aver sostituito anche gli altri affreschi di Girolamo (Fossaluzza).
L'unica opera superstite attribuita a G. con certezza è la tavola con l'Incoronazione della Vergine tra i ss. Giovanni Battista e Giovanni Evangelista, firmata su un cartellino "Opus Ieronimi Utinensis", e dal 1896 conservata al Museo civico di Udine.
La pala proviene dalla chiesa udinese di S. Francesco dell'Ospedale, dove è ricordata sul finire del XVIII secolo da Lanzi e da De Renaldis, il quale la definì "bizzarramente dipinta". Insolito risulta in effetti l'impianto iconografico adottato dal pittore, o piuttosto, suggerito dai suoi committenti, almeno per quanto è possibile leggere oggi, considerate le condizioni non ottimali di conservazione del dipinto, che ha rivelato estese lacune dopo il più recente restauro del 1962 (Rizzi). In luogo del consueto trono di nubi la scena si svolge in uno spazio terreno, seppure simbolico, non immemore dell'esempio belliniano della Pala di Pesaro, o di analoghe e più accessibili versioni prodotte nella bottega di Cima da Conegliano. Ma qui è Dio Padre a incoronare la Vergine; mentre Cristo è presente sotto forma di putto in un nimbo di luce sospeso tra la testa di Maria e l'alone dello Spirito Santo, che però oggi non è più visibile.
Sulla base delle caratteristiche stilistiche di questa pala si è potuto tentare la ricostruzione di un corpus dei dipinti di G., tutti più o meno riconducibili all'orbita di Cima da Conegliano, presso il quale plausibilmente il pittore dovette formarsi.
Lo dimostrerebbero sia la desunzione della figura di s. Giovanni Battista, nella stessa pala di Udine, da un prototipo cimesco, il Riposo durante la fuga in Egitto (Lisbona, Museu Calouste Gulbenkian), nonché alcune repliche e varianti da opere del maestro, quali la Vergine col Bambino (Baltimora, Walters Art Gallery); il dipinto con lo stesso soggetto (Copenaghen, Statens Museum for kunst); le tavolette con la Giustizia e la Temperanza (Venezia, Gallerie dell'Accademia); l'Adorazione dei pastori (Worcester, MA, Art Museum); la Sacra conversazione (Nivaa [presso Copenaghen], Nivaagaards Malerisamling).
Comunemente respinta è oggi, invece, l'attribuzione dell'Incoronazione della Vergine in Ss. Giovanni e Paolo a Venezia, così come è da escludere la paternità degli affreschi di Cormons citati da Cavalcaselle (1876), datati 1518, e dei dipinti nella chiesa di S. Maria in Valle a Cividale, ricordati dal Maniago, ma eseguiti nel 1539 da un omonimo Girolamo.
Di una collaborazione con Giovanni Martini da Udine sarebbe testimonianza la pala d'altare con S. Orsola tra le vergini (Tempestini, Tre schede venete), proveniente dalla chiesa di S. Pietro Martire a Udine (scomparto centrale, a Milano, Pinacoteca di Brera; lunetta, con S. Domenico tra gli angeli, a Udine, Musei civici), in cui la mano di G. si può riconoscere negli angeli della lunetta.
L'anno della morte di G. viene oggi comunemente accettato dagli studiosi sulla base della sola autorità dell'archivista friulano Joppi (1894, p. 79), il quale lo dice "morto fallito nel 1512", senza però indicare la fonte donde avrebbe ricavato la notizia.
Fonti e Bibl.: M. Boschini, Le ricche minere della pittura veneziana, Venezia 1674, p. 64; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia, II, Bassano 1789, p. 63; G. De Renaldis, Della pittura friulana. Saggio storico, Udine 1798, pp. 25 s.; F. Di Maniago, Storia delle belle arti friulane, Venezia 1819, pp. 36, 130, 215; V. Lazzari - P. Selvatico, Guida di Venezia e delle isole circumvicine, Venezia 1852, p. 26; J.A. Crowe - G.B. Cavalcaselle, A history of painting in North Italy (1871), a cura di T. Borenius, III, London 1912, pp. 78-81; G.B. Cavalcaselle, La pittura friulana nel Rinascimento (1876), a cura di G. Bergamini, Vicenza 1973, pp. 38 s., 133, 241; F. Di Manzano, Cenni biografici dei letterati e artisti friulani dal sec. IV al XIX, Udine 1885, p. 212; V. Joppi, Nuovo contributo alla storia dell'arte del Friuli ed alla vita dei pittori e intagliatori friulani, Venezia 1887, p. 29; Id., Contributo secondo alla storia dell'arte nel Friuli, Venezia 1890, pp. 22, 49; Id., Contributo quarto alla storia dell'arte nel Friuli, Venezia 1894, pp. 24, 78 s.; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, VII, 4, Milano 1915, p. 680; G.M. Richter, Italian pictures in Scandinavian collections, in Apollo, XIX (1934), pp. 128 s.; S. Bettini, La pittura friulana del Rinascimento e Giovanni Antonio da Pordenone, in Le Arti, I (1939), 5, p. 466; B. Molajoli, Mostra del Pordenone, Udine 1939, pp. 30 s.; M. Levi d'Ancona, The iconography of the Immaculate Conception in the Middle Ages and early Renaissance, New York 1957, p. 31; B. Berenson, Pitture italiane nel Rinascimento. La scuola veneta, London-Firenze 1958, p. 93; L. Coletti, Cima da Conegliano, Venezia 1959, p. 66; G. Bampo, Contributo quinto alla storia dell'arte nel Friuli ed alla vita dei pittori e intagliatori friulani dal XV al XVI secolo, Udine 1962, pp. 141 s., 168 s.; A. Rizzi, Prima mostra del restauro, Udine 1963, pp. 70 s.; A. Bergamini Ponta, Giovanni Martini da Udine, Udine 1970, pp. 10, 27, 45, 47 s.; A. Tempestini, Il Cavalcaselle in Friuli, in Paragone, XXV (1974), 287, pp. 89 s.; F. Zeri, Italian paintings in the Walters Art Gallery, I, Baltimore 1976, pp. 258 s.; A. Tempestini, Martino da Udine detto Pellegrino da San Daniele, Udine 1979, pp. 29 s., 45, 114, 119, 135 s.; Id., Tre schede venete, in Itinerari, I (1979), p. 78; L. Menegazzi, Cima da Conegliano, Treviso 1981, pp. 32, 104, 126, 134 s., 137, 140, 145 s.; P. Humfrey, Cima da Conegliano, Cambridge 1983, pp. 45 s., 62, 75, 78, 94, 96, 154 s., 159 s., 162, 169 s., 189 s., 193-195; P. Casadio, G. da U., in La pittura in Italia. Il Cinquecento, II, Milano 1988, p. 734; G. Fossaluzza, Pittori friulani alla bottega di Alvise Vivarini, in Saggi e memorie di storia dell'arte, 1996, n. 20, pp. 41, 76 s., 92-94; U. Galetti - E. Camesasca, Enc. della pittura italiana, II, Milano 1951, p. 1179; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, p. 183.