Fracastoro, Girolamo
Medico e filosofo (Verona 1476 o 1478 - Incaffi, Verona, 1553). Studiò a Padova con Giovanni Aquila, Gabriele Zerbo, Pietro Trampolino e con Girolamo e Marcantonio della Torre; certamente entrò in contatto con Pomponazzi e da costui fu influenzato nella sua formazione filosofica. F. fu padrone della più varia cultura cinquecentesca: scrisse di astronomia, di filosofia, di poetica, soprattutto di medicina e di altre materie. La sua opera più famosa, scritta in eleganti esametri, è forse il poemetto latino Syphilis sive de morbo gallico (scritto nel 1521 e pubbl. nel 1530; trad. it. Sifilide ossia del mal francese) sulla natura e la cura della lue venerea, la quale, dal nome del protagonista (il pastore Sifilo, punito con quella malattia per infedeltà al dio Sole), prese il nome di sifilide, poi universalmente adottato. Il suo pensiero e la sua opera si caratterizzano in senso prettamente naturalistico, dove costante è l’appello alla «magistra experientia» e la ricerca delle cause particolari, e quindi materiali, dei fenomeni. Il De sympathia et anthipatia rerum, pubblicato nel 1546 (trad. it. La simpatia e l’antipatia delle cose), fornisce il quadro complessivo della filosofia della natura di F. governata dal principio di simpatia universale, una nozione su cui convergono tradizioni filosofiche aristoteliche e platoniche rielaborate alla luce dell’osservazione e dell’esperienza dei fenomeni fisici e che gli consente di evitare ogni spiegazione occulta dei fatti naturali. Il De contagione et contagiosis morbis et curatione (trad. it. Il contagio, le malattie contagiose e la loro cura), pubblicato insieme al De sympathia, costituisce un’applicazione in campo medico di tale concezione filosofica più generale: vi è enunciata la dottrina del contagio animato (concetto, questo, che non poteva essere spiegato sulla base della dottrina umorale di derivazione ippocratica) ed esprime chiaramente l’idea che esso derivi da corpuscoli viventi («seminaria prima») trasmissibili da un individuo a un altro.