FRANZOSI, Girolamo
Nacque probabilmente a Polpenazze - ora Polpenazze del Garda, presso la sponda lombarda del lago -, tra la fine del sec. XVI e l'inizio del XVII; trascorse gran parte della sua vita in ambiente culturale veneto, soprattutto a Verona, dove stampò la maggior parte delle sue opere, nelle quali usava qualificarsi come "medicus et philosophus Veronensis". Niente altro si sa della sua biografia.
Medico e filosofo naturale, si schierò contro gli anatomisti dell'Accademia neoterica, che rappresentava a Verona i nuovi orientamenti della medicina in contrasto con le tendenze galeniche della medicina tradizionale. Aristotelico convinto, alla stregua di Cesare Cremonini, che riconosceva infatti come suo maestro, il F. pubblicò nel 1652 a Verona un trattato De motu cordis et sanguinis in animalibus pro Aristotele et Galeno adversus anatomicos neotericos libri duo, titolo che sembra ricalcare, con intenti oppositivi, la rivoluzionaria opera di William Harvey, Exercitatio anatomica de motu cordis et sanguinis in animalibus (Francoforte 1628).
Un esemplare dell'opera del F., privo di indicazione della data di stampa, si conserva nella Bibliothèque nationale di Parigi, mentre una copia, stampata a Verona nel 1652 e appartenuta a Giovanbattista Morgagni, si trova attualmente nella Biblioteca universitaria di Padova.
Nel 1632 a Francoforte, o forse più probabilmente a Venezia, come indica il Catalogue of Seventeenth century Italian books della British Library che considera falso il luogo di stampa indicato sul frontespizio, il F. aveva pubblicato una "ricercata operetta" dal titolo De divinatione per somnum et de prophetia, della quale parla brevemente L. Thorndike nella monumentale History of magic and experimental science.
Il testo si compone di 39 fogli numerati, in maniera molto irregolare, solo sul recto; la sezione introduttiva indirizzata lectori candido avverte che l'opera non è rivolta a inesperti principianti o a quanti sono turbati da eresie di ordine filosofico e religioso, ma ai soli cultori della vera sapientia.
Nell'opera si sostiene il ruolo fondamentale della phantasia e della imaginativa nei sogni e nelle profezie, escludendo perciò il coinvolgimento dell'intelletto, e si tiene ferma la distinzione tra la divinazione e la profezia cristianamente intesa. Le teorie del F. si inseriscono dunque nel dibattito sulla facoltà dell'immaginazione che è in buona parte uno sviluppo della tradizione esegetica aristotelica relativa al De anima, al De somno et vigilia e al De memoria et reminiscentia.
L'opera è densa di citazioni da testi di autori classici e contemporanei, da Platone a Lucrezio, a Tacito, alle auctoritates medievali quali Alberto Magno, Arnaldo di Villanova, Pietro d'Abano, ai moderni come Cornelio Agrippa (del quale si riporta un ampio estratto dal De occulta philosophia I, 60), Girolamo Cardano, Agostino Nifo, Giulio Cesare Vanini, tutti citati con la precisione di chi non rielabora informazioni di seconda mano, ma ha a disposizione una notevole quantità di testi originali.
L'aristotelismo del F. è dichiarato esplicitamente in un testo stampato a Verona nel 1645, dedicato al principe Odoardo Farnese e intitolato Tractatus apologeticus de semine pro Aristotele adversus Galenum, nel quale si sostiene l'opinione di Aristotele, condivisa da Averroè e discussa ampiamente da Dante sia nel Convivio sia nella Commedia, per cui solo il seme maschile concorrerebbe attivamente alla generazione, mentre il sangue mestruale non sarebbe che il suo alimento nutritivo con un ruolo esclusivamente passivo.
L'anno successivo, sempre a Verona, diede alle stampe un altro breve scritto dal titolo Expositio paraphrasis Averrois in librum Aristotelis De somniis, nel quale si fa spesso riferimento al precedente De divinatione per somnum e, nell'ambito della parafrasi al commento di Averroè, si ripropongono temi quali il ruolo dell'imaginatio nei sogni, della particolare disposizione dei melanconici, del ruolo dell'intelletto nei sogni e nella conoscenza degli indimostrabilia.
Di argomento completamente diverso è invece il breve testo, pubblicato anch'esso a Verona, intitolato Pulvis viperinus e dedicato alle proprietà terapeutiche del veleno della vipera; se ne conserva una copia datata 1648 presso la Bibliothèque nationale di Parigi (lo Jöcher ne segnala addirittura un esemplare stampato a Venezia nel 1598).
Fonti e Bibl.: P. Zagata, Cronica della città di Verona, Verona 1745, I, p. 179; C.G. Jöcher, Allgemeines Gelehrten-Lexikon. Fortzsetzungen und Ergänzungen von J.C. Adelung, II, Leipzig 1787, p. 156; S. Maffei, Verona illustrata, Milano 1825, V, p. 421; L. Thorndike, A History of magic and experimental science, VI, New York 1941, pp. 511-514; L. Bonuzzi, Cultura e medicina dal '400 all'età del positivismo, in Cultura e vita civile a Verona, a cura di G. Marchi, Verona 1979, p. 441.