GRIMALDI, Girolamo
Nacque a Genova il 15 nov. 1674, secondogenito del patrizio genovese Ranieri e della moglie Gironima Cuniquez. Padrino di battesimo fu il cardinale Girolamo Grimaldi, suo parente stretto. Compì gli studi in Francia nelle università di Parigi e Avignone.
Ad Avignone, il 26 giugno 1705, il G. si addottorò in utroque iure. Iniziò la carriera curiale come prelato domestico sotto Clemente XI. Evidentemente ben presto allacciò contatti con Lorenzo Fieschi (cardinale dal 1706), anch'egli genovese, che a partire dal 1690 svolse la funzione di vicelegato e di arcivescovo di Avignone. Nel 1704 il G. accompagnò Fieschi, inviato come nunzio straordinario presso Luigi XIV, per fare da mediatore tra le potenze europee nella guerra di successione spagnola.
Nel febbraio 1706 il G. fu chiamato da Clemente XI a succedere a Giovanni Battista Bussi nella carica di internunzio a Bruxelles. Il 21 maggio dello stesso anno si svolse l'udienza per la presentazione delle credenziali a Massimiliano Emanuele di Wittelsbach, principe elettore di Baviera, dal 1692 governatore dei Paesi Bassi spagnoli.
Il G. dedicò i primi mesi del suo mandato a ordinare archivio e cancelleria della nunziatura, aiutato dal notaio Antonio Nanni, suo segretario. Un ufficio funzionante era indispensabile, tanto più che le Fiandre erano un terreno difficile per la diplomazia papale: i rappresentanti del papa dovevano adoperarsi per difendere la fede dal protestantesimo e dal giansenismo e contestualmente dovevano tutelare la loro immunità e i loro poteri giurisdizionali nei confronti delle autorità temporali.
A fare da sfondo alla permanenza del G. nei Paesi Bassi spagnoli fu la guerra di successione spagnola. Il 23 maggio 1706, due giorni dopo la prima udienza del G., Massimiliano Emanuele e la Francia, alleati dall'inizio della guerra, subirono presso Ramillies una sconfitta dalle gravi conseguenze a opera di Inghilterra e Paesi Bassi. Il principe elettore di Baviera, a cui poco prima era stato comminato il bando dell'Impero, dovette cedere Bruxelles e governare ormai quasi senza potere nei luoghi rimastigli fedeli mentre gli Stati delle Fiandre riconobbero come nuovo sovrano l'arciduca Carlo d'Austria, pretendente alla corona spagnola e futuro imperatore. Il paese era controllato da truppe inglesi e olandesi, ma il generale Marlborough non operò contro la religione cattolica, come il G. riferiva nelle sue relazioni da Bruxelles, che offrono inoltre informazioni sugli spostamenti delle truppe e sulla popolazione civile.
Dalla guerra non restarono fuori questioni di ambito ecclesiastico: nel 1707 il G. si adoperò per abolire l'immunità dei disertori rifugiati in chiese e conventi per frenare le incursioni dei comandanti delle truppe protestanti; l'occupazione olandese di Tournai, nel 1708, portò inoltre a problemi nel conferimento dei benefici. Oltre all'incarico di salvaguardare il prestigio e i privilegi della S. Sede e della Chiesa belga, fu la lotta contro il giansenismo a costituire il punto focale del programma ecclesiastico-religioso dell'internunziatura del Grimaldi.
L'infiltrazione di idee gianseniste nel clero dei Paesi Bassi spagnoli era tale da far temere uno scisma. In questo contesto il G. si impegnò a sollevare dall'incarico i religiosi sospetti e a impedire la diffusione di scritti considerati eretici. I testi dubbi vennero raccolti dal G. e inviati alla congregazione romana dell'Indice. In queste attività egli collaborò strettamente con il clero antigiansenistico, guidato dall'arcivescovo di Mecheln, Humbert-Guillaume de Precipiano. Nelle Fiandre il dibattito giansenista ebbe il suo principale animatore in Pasquier Quesnel, ex gesuita di origine parigina. Costretto a lasciare la Francia, Quesnel fu scomunicato nelle Fiandre nel 1704 per iniziativa di Precipiano e fu messo agli arresti in un convento, dal quale riuscì a fuggire nei Paesi Bassi. Nel 1708 il suo scritto sul Nuovo Testamento fu condannato - anche in base a informazioni del G. - da un breve papale.
Un problema della nunziatura del G. era il conflitto con l'Università di Lovanio relativamente al conferimento di benefici. La questione aveva provocato tensioni tra l'Università e il principe vescovo di Liegi. Nel 1709 il G. comunicò all'Università che, qualora avesse ancora travalicato l'ambito delle sue competenze, Clemente XI le avrebbe sottratto tutti i privilegi concessi.
Dopo lungo tergiversare, nel 1711 la facoltà di teologia di Lovanio dichiarò, con soddisfazione del G. e del segretario di Stato, la sottomissione alla bolla Vineam Domini del 1705 indirizzata contro il giansenismo. La seconda celebre bolla contro il giansenismo Unigenitus Dei Filius, emanata da Clemente XI l'8 sett. 1713, verso la fine della nunziatura del G., fu pubblicata nelle Fiandre solo sotto il suo successore, Vincenzo Santini. Nell'ambito del suo ufficio nelle Fiandre ricadevano tradizionalmente anche le questioni inglesi e quindi egli si adoperò per sostenere i cattolici inglesi attraverso l'invio segreto in Inghilterra di sacerdoti irlandesi.
Durante la nunziatura, tra l'8 sett. 1708 e il 19 marzo 1709, il G. prese gli ordini minori, il suddiaconato e il diaconato; il 17 apr. 1709 fu infine ordinato sacerdote. Già destinato a diventare nunzio in Polonia, nell'autunno del 1712 il G. fu nominato da Clemente XI arcivescovo di Edessa in partibus infidelium e fu consacrato il 5 ottobre dal vescovo di Gent. Il 17 genn. 1713 seguì la nomina ad assistente al trono pontificio.
Nel tardo autunno del 1713 il G. era giunto in Polonia da Bruxelles, dopo aver fatto tappa a Münster, Hannover, Brunswick, Dresda e Breslavia. A Czestochowa incontrò, il 1° dicembre, il suo predecessore, Benedetto Odescalchi-Erba, creato cardinale pochi mesi prima. Questi lo istruì verbalmente e mise per alcune settimane a disposizione del G. il suo auditore, l'abate Giovanni Carlo Vanni. Il 12 dicembre il G. giunse a Varsavia e tre giorni dopo gli fu concessa la prima udienza dal re di Polonia Augusto II (Federico Augusto elettore di Sassonia).
Il paese si trovava in uno stato di desolazione. Da anni imperversava la guerra tra Augusto II (sostenuto dallo zar russo Pietro I) e Stanislao Leszczyński, con cui si era schierato Carlo XII di Svezia, e inoltre i Turchi minacciavano i confini. Gli sforzi del G. erano volti a proteggere i beni della Chiesa da contribuzioni e acquartieramenti, appellandosi al diritto di immunità. Il numero degli abitanti era sceso drasticamente in seguito a un'epidemia di peste che nel 1709-13 si era estesa a tutto il paese. Le infelici esperienze con le truppe protestanti svedesi e con i Sassoni fecero crescere all'interno del paese l'avversione per i protestanti e il malcontento generale trovò sfogo nel radicalismo confessionale.
Il G., che temporaneamente risiedeva a Dresda, tentò, insieme con il partito cattolico di corte e con i gesuiti, di imprimere un orientamento cattolico alla politica dell'Elettorato, in opposizione agli influenti ceti protestanti e in parte anche contro l'atteggiamento del primo ministro, il conte Jakob Heinrich von Flemming. La scelta della futura moglie del principe ereditario, che si era convertito al cattolicesimo prima segretamente a Bologna nel 1712, poi pubblicamente a Vienna nel 1717, ebbe un ruolo fondamentale. Durante la sua nunziatura il G., in collaborazione con la Curia, con il padre gesuita rettore del Collegio Germanico e futuro cardinale (1719) Giovanni Battista Salerno (confessore del principe ereditario), con il nunzio a Vienna Giorgio Spinola e con il gran cancelliere di Polonia, cercò di favorire l'unione con gli Asburgo attraverso il matrimonio. Questa politica riuscì nel 1719, quando Federico Augusto sposò l'arciduchessa Maria Giuseppa, figlia dell'imperatore Giuseppe I.
Come già nelle Fiandre, durante la nunziatura in Polonia il G. doveva provvedere al controllo sui vescovi e sul clero regolare e far sì che il re conferisse i vescovati a persone adeguate. Anche in Polonia il G. fu incaricato di osservare attentamente il mercato dei libri e di impedire la stampa e la diffusione di testi sospetti di eresia.
Un punto essenziale del programma del nunzio era costituito dal rafforzamento dell'unione con i Ruteni. Il loro metropolita, Leo Kiska, aveva da tempo pensato di convocare i vescovi ruteni in un concilio. Con un breve del 20 marzo 1716 il G. fu eletto presidente del concilio del sinodo provinciale dei Ruteni uniti. L'assemblea si riunì tuttavia solo alla fine di agosto del 1720 a Zamość e, sotto la presidenza del G., si chiuse il 17 settembre. Immediatamente dopo il G. inviò a Roma alla congregazione de Propaganda Fide gli atti del concilio, approvati sotto Benedetto XIII nel 1724.
Il 20 giugno 1720 il G. fu nominato visitatore apostolico degli Armeni nella diocesi di Leopoli (Lvov) e il 22 giugno visitatore apostolico dei Ruteni riuniti in tutta la Russia e nel Granducato di Lituania. Il 15 nov. 1720 il G. fu nominato nunzio presso l'imperatore succedendo al suo concittadino e neoporporato Giorgio Spinola.
Il G. era il candidato dell'imperatore Carlo VI alla nunziatura di Vienna. A Vienna si propendeva per il G. in quanto si riteneva che fosse stimato da tutti i ministri polacchi e fosse informato minuziosamente delle questioni religiose riguardanti il Sacro Romano Impero. Non dovette essere estraneo alla scelta anche il trattato del 1719 tra Austria e Sassonia, di orientamento ostile alla Russia, comprendente il riconoscimento della "Prammatica sanzione" e del matrimonio tra il principe elettore di Sassonia e Maria Giuseppa; non minor rilievo dovettero avere le esperienze acquisite dal G. come internunzio nei Paesi Bassi spagnoli, passati in mano austriaca con la pace di Utrecht (1714). A Roma, in un primo momento, non si era pensato al G. per la nunziatura presso la corte imperiale, tuttavia alla fine Clemente XI accondiscese ai desideri dell'imperatore.
Per il G. si trattava della terza nunziatura consecutiva. Confermato nel suo mandato nel 1721 e nel 1724, egli fu per nove anni il rappresentante della Curia romana a Vienna. Lasciò la Polonia il 2 sett. 1721, dopo aver introdotto il suo successore Girolamo Archinto negli affari della nunziatura. Dopo una breve visita di congedo a Dresda, il G. giunse a Vienna all'inizio di ottobre e si fece istruire dall'internunzio, l'abate Ubaldo Petrucci.
I rapporti tra la corte imperiale e la S. Sede nei due decenni precedenti non erano stati sereni. Nel 1708-09 si era giunti persino a un conflitto militare per la questione di Comacchio. Erano stati inoltre motivi di tensione le questioni giurisdizionali a Napoli e Milano così come la promozione a cardinale del gesuita e ambasciatore imperiale a Roma Álvaro Cienfuegos.
Una delle prime questioni politiche di cui si dovette occupare il G. fu relativa alla Sicilia. Il Regno era stato ceduto all'Austria in cambio della Sardegna, secondo le disposizioni della Quadruplice alleanza del 1720. Successivamente Vienna tentò di ottenere dalla S. Sede la concessione di pieni poteri conformemente all'istituto giuridico della Monarchia Sicula, che però era stato abolito da Clemente XI nel 1714. Malgrado ciò Innocenzo XIII investì Carlo VI della Sicilia e il suo successore, Benedetto XIII, con la bolla Fideli del 30 ag. 1728, gli concesse ampi privilegi nell'ambito ecclesiastico.
Nella corrispondenza ufficiale del G. hanno ampio spazio i contatti con il Consiglio di Spagna, cui spettava l'amministrazione dei possedimenti italiani di Carlo VI. Gli interlocutori principali del G. in questioni giurisdizionali erano Antonio Folch de Cardona, arcivescovo di Valencia e presidente del Consiglio di Spagna fino alla sua morte (1724), il successore di questo, conte di Montesanto, nonché il segretario del Consiglio, il marchese de Rialp, di origine catalana.
La nunziatura del G. alla corte imperiale fu però investita, in primo luogo, di una delicata questione politica di portata europea: la successione al trono austriaco. Carlo VI, con la prammatica sanzione, aveva prospettato una soluzione qualora fosse rimasto senza eredi maschi e tentò di corroborare la sua disposizione mediante trattati con le diverse potenze europee. Il 5 apr. 1724 l'imperatrice portò a termine la sua ultima gravidanza. Partorì nuovamente una bambina e non l'agognato erede al trono. Il battesimo della neonata arciduchessa Maria Amalia Carlotta venne celebrato dal Grimaldi.
Durante la nunziatura del G. a Vienna furono riorganizzati i distretti ecclesiastici. Già da tempo a Carlo VI premeva far conferire a Vienna maggior rilievo ecclesiastico, conformemente alla considerazione di cui godeva la città come residenza imperiale e sede dei più importanti organi di governo. Con la bolla Suprema dispositione del 1° giugno 1722 Vienna fu elevata ad arcidiocesi e con la bolla Cum nos super venne conferito il pallio al nuovo arcivescovo. Entrambe le bolle tuttavia furono pubblicate solamente nel febbraio 1724. In seguito a questa rivalutazione, Wiener Neustadt divenne vescovato suffraganeo della nuova arcidiocesi viennese e furono ridefiniti i confini della diocesi di Vienna rispetto a quella di Passavia, che si estendeva ancora notevolmente nel cuore dell'Austria. A ciò si giunse tuttavia soltanto dopo la restituzione di Comacchio al papa da parte dell'imperatore (1725). A Passavia restò la prerogativa del pallio arcivescovile e dell'esenzione di Salisburgo. Il 24 sett. 1728 il G. decretò il passaggio di 80 parrocchie di Passavia all'arcidiocesi di Vienna, di cui il 15 marzo 1729 l'arcivescovo di Vienna Sigismund von Kollonitz, creato cardinale nel 1727, prese possesso.
Alla fine della nunziatura del G. emerse la controversia tra la S. Sede e l'imperatore per l'investitura dei Ducati di Parma e Piacenza. Alla morte di Antonio Farnese, il 20 genn. 1731, Carlo VI fece occupare dalle sue truppe i Ducati, ritenuti feudi imperiali, per garantirsi una successione favorevole. Il papa, che a sua volta rivendicava la concessione dell'investitura, protestò.
Con il nuovo pontificato di Clemente XII il G. aveva concluso la sua nunziatura ed era stato ammesso al Collegio cardinalizio nel concistoro segreto del 2 ottobre. Il cubicolario del papa, Enea Silvio Piccolomini, fu immediatamente inviato alla corte imperiale per consegnargli berretto e calotta. Il nuovo nunzio alla corte imperiale, Domenico Passionei, giunse il 10 maggio 1731 e fu introdotto negli affari della nunziatura dal G., che lasciò Vienna il 29 maggio 1731, dopo essere stato ricevuto dall'imperatore nel castello di Laxenburg per l'udienza di congedo.
Il 3 sett. 1731 fu conferito al G. il titolo presbiteriale di S. Balbina. Nel periodo successivo fece parte delle congregazioni dei Vescovi e regolari, del S. Concilio, di Propaganda Fide e dei Riti. Dal 1731 al 1733 (la nomina è dell'11 dic. 1730) il G. fu legato a Bologna (ancora come successore di Giorgio Spinola). Intervenne con decisione contro i banditi che terrorizzavano la città e i dintorni, infliggendo la pena di morte e ponendo fine alle loro scorrerie. Per la riforma della curia civile, il 2 maggio 1732 emise una costituzione. Il 5 ott. 1731 fu nominato legato a latere presso il duca di Parma e Piacenza.
Già malato, nell'autunno del 1733 si recò a Genova, dove si imbarcò su una nave inglese che lo avrebbe dovuto portare a Napoli per curarsi. Su quella nave morì il 18 novembre. La sua salma fu portata a Genova, dove fu sepolta, su iniziativa del fratello Francesco Maria, nella cappella della Madonna nella chiesa di S. Filippo Neri.
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