GUIDONI, Girolamo
Nacque a Vernazza, una delle Cinque Terre, il 19 febbr. 1794, figlio unico di Lodovico e Barbera Salvioni di Massa. Divise gli studi primari e secondari fra Vernazza, Genova e Massa, e poi si iscrisse alla facoltà di medicina dell'ateneo genovese. Non compì un corso regolare di studi, apparentemente a causa della scarsa propensione per l'anatomia. Dal 1817 frequentò, invece, con assiduità, le lezioni di chimica, tenute da G. Mojon, e, presumibilmente negli stessi anni, quelle di botanica, allievo di D. Viviani. Nel 1822 sposò la cugina Marianna Salvioni e si stabilì definitivamente a Massa. Da quest'anno data la maggior parte del carteggio che intrattenne con molti naturalisti (soprattutto liguri e toscani) e da Massa partirono le sue frequenti escursioni sulle Alpi Apuane.
Dotato di finanze non ingenti, che in parte si consumarono nell'acquisto di libri e nell'accoglienza di amici e viaggiatori illustri, il G. si dovette occupare anche degli uliveti e dei vigneti paterni, nelle Cinque Terre. Ebbe in tal modo occasione di percorrere spesso soprattutto il versante orientale del golfo di La Spezia. Qui, come sulle Apuane, il G. compì osservazioni naturalistiche ad ampio raggio, raccogliendo esemplari di minerali, di piante e di animali che costituivano il nucleo della sua collezione e il materiale di scambio con altri studiosi italiani ed europei. Frutto delle lezioni di botanica e della conoscenza diretta dei lavori e dei prodotti di viticoltura è la Memoria sulla vite e sui vini delle Cinque Terre (in Nuovo Giornale de' letterati, 1823, vol. VI, pp. 278-304), suo primo lavoro a stampa.
In essa il G., dopo una breve analisi dei terreni di coltivazione, tratta soprattutto dei diversi vitigni e delle qualità organolettiche dei vini prodotti localmente. Lo scritto è pensato come un contributo a un migliore sfruttamento delle risorse agricole "italiane" e contiene anche considerazioni sulla tecnica di coltivazione della vite. La memoria, che gli valse l'iscrizione all'Accademia dei Georgofili, trovò una buona accoglienza presso numerosi naturalisti dell'epoca (tra i quali P. Savi, A. Bertoloni, C. Passerini, E. Repetti), decretando una più ampia notorietà del G. anche come raccoglitore di esemplari da collezione e come conoscitore della fauna, della flora e dei rilievi delle Alpi Apuane e della Liguria orientale.
Soprattutto, dopo il 1824, anno in cui trovò per la prima volta Ammoniti e Belemniti nel calcare "di transizione" dei rilievi orientali di La Spezia (monte Coregna), il G. consolidava la fama di ottima e competente guida per molti naturalisti italiani e stranieri tra i quali Savi (alla grotta di Cassana nel 1825), W. Buckland (alle Alpi Apuane nel 1826), H.Th. De la Beche (a Carrara e al golfo di La Spezia nel 1829); J.F. Schouw (Apuane e La Spezia, 1830) e J.E. Woods (nei dintorni di Massa nel 1831).
Nel 1826 il G. entrò a far parte della Società toscana di storia naturale, geografia e statistica, alla quale inviò le Osservazioni geognostiche e mineralogiche sopra i monti che circondano il Golfo della Spezia (in Giorn. ligustico di scienze, lettere ed arti, II [1828], pp. 335-342, 427-442, 525-553).
Questo scritto di geologia regionale si colloca nel più generale processo di verifica, attraverso la ricerca di campagna, della validità dei contenuti della geognosia werneriana e delle anomalie che essa via via rivela a partire dai primi decenni del XIX secolo. Il G., adottando la classificazione delle rocce di A.G. Werner e la genesi che ne propone, considera i rilievi dei dintorni di La Spezia composti da rocce "di transizione", poggianti su un blocco di calcare primitivo, rappresentato dai marmi delle Apuane.
Gli anni Venti sembrarono segnare un promettente inizio per la vita intellettuale del G.; ma, a partire dal 1827, egli lamentava con gli amici le disagiate condizioni economiche che lo costringevano all'isolamento nella città di Massa, da lui ritenuta culturalmente poco vivace, e che gli impedivano di proseguire le ricerche e di acquistare i libri, suo solo contatto con la coeva scienza europea. Iniziava in questo periodo l'ansiosa ricerca di una sistemazione nel Granducato di Toscana, preferibilmente presso Leopoldo II, mecenate di Savi. Le speranze del G. erano alimentate ulteriormente dalla insistente richiesta, che Savi gli faceva, di rendere pubbliche le conclusioni sui fossili scoperti a Palmaria e a Portovenere, dal G. affidate a due lettere private indirizzate allo stesso Savi.
Nel 1830 apparve la Lettera al prof. Paolo Savi sui fossili recentemente scoperti nelle montagne del golfo della Spezia, in Nuovo Giornale de' letterati, 1830, vol. XXI, pp. 28-40.
Nei tre anni trascorsi dalla pubblicazione delle Osservazioni, il G. aveva rivisto le precedenti conclusioni. Aveva letto Alexandre Brongniart, i lavori di Savi sulle Apuane, gli scritti di J. Sowerby, gli articoli pubblicati sulla rivista della Geological Society of London e presumibilmente aveva discusso con i viaggiatori italiani e stranieri anche delle Ammoniti e delle Belemniti che aveva reperito negli anni precedenti. Nella Lettera il G. aveva mutato completamente orientamento. Totale è il rifiuto di Werner, piena l'adesione alla spiegazione plutonista della formazione dei rilievi da lui studiati, riconosciuta la funzione cronostratigrafica dei fossili scoperti. Un ulteriore fenomeno pare aver contribuito a questo cambiamento radicale: il G. osserva il rovesciamento dell'ordine di una serie di strati nel versante orientale dei rilievi tra La Spezia e Palmaria. L'alterata posizione dei calcari stratificati fossiliferi - coperti da rocce non stratificate - si spiega soltanto, secondo il G. (che in ciò manifesta di seguire le idee già di Savi), come effetto di sollevamenti e intrusioni di plutoni, operati dall'azione del fuoco. È lo stesso fenomeno che per contatto (metamorfismo di contatto) ha trasformato i calcari nei marmi delle Apuane. In queste stesse pagine, il G. precisa che, pur mal citato da De la Beche che ha utilizzato i suoi fossili per la datazione delle rocce in cui erano inclusi, non può che convenire con il geologo inglese sull'attribuzione al Lias (Giurassico) delle Belemniti e delle Ammoniti, di cui rivendica ancora la scoperta, e del calcare che un tempo aveva ritenuto "di transizione". La Lettera è il breve lavoro con cui il G. si inseriva nel problema, dibattuto ampiamente in Europa, di una più raffinata datazione delle rocce secondarie (mesozoiche) genericamente ricomprese nella categoria werneriana dei terreni "di transizione".
Nello stesso 1830 morì il padre del G. e la sua situazione economica cominciò ad aggravarsi. Poco capito e in qualche caso illuso da amici e colleghi, vedeva cadere ogni opportunità di lavoro anche nelle Università di Torino e di Genova, dove cercava di ottenere un posto di assistente. Iniziò allora a smembrare e vendere le sue collezioni ai musei di Genova, Pisa e Torino. Neppure questi introiti, però, gli permisero di tenere dietro, con gli acquisti, alla gran mole di libri in uscita, anche solo in materia di stratigrafia, in Europa e in America.
Partecipò ad alcuni Congressi degli scienziati italiani, citato come membro della Société géologique de France, sia inviando memorie - al I (Pisa 1839), II (Torino 1840) e V (Lucca 1843) - sia presenziando, al III (Firenze 1841), all'VIII (Genova 1846) e al X (Siena 1862). I contributi del G. in questi anni sono orientati soprattutto a mettere in evidenza le possibilità di sfruttamento delle conoscenze geologiche da parte del mondo industriale. Irrilevanti sono i contenuti scientifici.
Intanto era svanita anche la speranza di ottenere la cattedra di mineralogia e geologia presso l'Università di Pisa: affidata a L. Pilla, non sarà accessibile al G. neppure alla precoce morte del giovane patriota, cui successe G. Meneghini. Senza laurea, con un modesto bagaglio di brevi contributi scientifici, privo di conoscenze aggiornate in un periodo di grande vivacità e fortuna degli studi geologici, il G. si ritirava a vita privata nella sua casa di Vernazza. Ne uscì solo nel 1865, invitato da G. Capellini a illustrare, alla seconda riunione dei naturalisti italiani che si tenne a La Spezia, le montagne da lui tanto studiate. Fu l'ultima occasione per il G. di incontrare la scienza e gli scienziati.
Il G. morì a Vernazza il 2 luglio 1870.
Opere: Considerazioni geognostiche sopra le Alpi Apuane e i marmi di Carrara, in Nuovo Giornale dei letterati, 1829, vol. XVIII, pp. 169-179; Lettre sur les fossiles récemment découverts dans les montagnes du golfe de La Spezia, in Journal de géologie, III (1831), pp. 259-267; Sulle montagne del Golfo della Spezia e sopra le Alpi Apuane. Lettera geologica ai direttori della Biblioteca italiana, in Biblioteca italiana, LXVII (1832), pp. 259-267, in collab. con L. Pareto; Della geologia generale delle Alpi Apuane e delle miniere metalliche del Vicariato di Pietrasanta, in Atti della Prima Riunione degli scienziati italiani, Pisa 1840, pp. 68 s.; Sulla conversione delle calcaree oscure in calcarea saccaroide o dolomite, in Atti della Seconda Riunione degli scienziati italiani, Torino 1841, pp. 77 s.; Sul cinabro o mercurio solforato di Ripa nel Vicariato di Pietrasanta in Toscana, ibid., pp. 119 s.; Illustrazioni storiche e geologiche sulle miniere di cinabro del Serravezzino, in Atti della Terza Riunione degli scienziati italiani, Firenze 1841, pp. 135 s.; Aggiunta alla mia teoria sulla formazione dei calcari saccaroidi, in Atti della Quinta Riunione degli scienziati italiani, Lucca 1844, pp. 274-276; Memoria sulle calcaree della Spezia, in Atti dell'Ottava Riunione degli scienziati italiani, Genova 1846, p. 662; Lettera sui marmi e sulle miniere lunensi, in Il Cimento (Bologna), V (1847), pp. 97-108; Le miniere di rame e i marmi ricolorati della valle di Levanto. Relazione geologico industriale, Torino 1855; Sul periodo carbonifero italiano, in Atti del X Congresso degli scienziati italiani… 1862, Siena 1864, pp. 109-111.
Fonti e Bibl.: G. Capellini, G. G. di Vernazza e le sue scoperte geologiche in Liguria e in Toscana. Note biografiche corredate di lettere inedite di Bertoloni, Collegno, Meneghini, Nesti, Pareto, Pilla, Repetti, Savi, Viviani ed altri naturalisti, in Annali del Museo civico di storia naturale di Genova, s. 21, XII (1892), pp. 577-704; P.V. De Regny, Per G. G., in Riv. italiana di paleontologia, VI (1900), 3, pp. 149-152; C. Caselli, Materiali per una bibliografia scientifica del golfo della Spezia e dintorni, La Spezia 1900, nn. 96-102; A. Issel, Naturalisti e viaggiatori liguri nel secolo XIX, in Atti della Società italiana per il progresso delle scienze. VI Riunione (Genova 1912), Roma 1913, p. 26; Liguria, in Bibliografia geologica d'Italia, a cura di M. Magnani, XIII (1965), p. 111.