MAGNANI, Girolamo
Nacque a Borgo San Donnino, oggi Fidenza, il 22 apr. 1815 da Giovanni Battista e Luigia Botti (Baravelli - Raggio, p. 209).
La prematura scomparsa del padre (il M. aveva appena nove anni) e il conseguente peggioramento delle condizioni economiche familiari non gli permisero di cominciare subito un regolare corso di istruzione. Ma, in virtù delle sue precoci capacità artistiche, alcuni generosi concittadini gli offrirono una borsa di studio grazie alla quale, a quattordici anni, poté iscriversi all'Accademia di belle arti di Parma. Qui seguì con profitto le lezioni del corso di paesaggio diretto da Giuseppe Boccaccio, noto scenografo teatrale, e quelle di prospettiva tenute da Giacomo Giacopelli.
Nel 1832 decise di lasciare Borgo San Donnino per trasferirsi stabilmente nella capitale del Ducato, andando ad abitare in strada S. Croce, insieme con la madre e con la sorella Serafina (Bonatti Bacchini, p. 17). Un anno dopo il diploma, nel 1835, il direttore dell'Accademia, Paolo Toschi, gli procurò il primo incarico della sua lunga carriera, affidandogli il compito di affrescare alcuni ambienti, le sale cosiddette della Rocchetta, della Pinacoteca di Parma - oggi Galleria nazionale - destinati ad accogliere e conservare le opere di A. Allegri detto il Correggio.
Nel realizzare questo lavoro il M., allora appena ventenne, cercò di rimanere fedele ai modelli della decorazione rinascimentale emiliana - soprattutto nella riproposizione di riquadrature e di fregi en grisaille in cui si alternavano figurazioni allegoriche e motivi fitomorfi - nel tentativo di riprodurre un immaginario contesto cinquecentesco che si armonizzasse il più possibile con i dipinti correggeschi. Questi stessi motivi di chiara origine rinascimentale sono presenti anche in due cornici - ritrovate nei depositi della Galleria e oggi definitivamente attribuite al M. - eseguite per tele dello stesso Correggio in un secondo momento, tra il 1850 e il 1855: opere che testimoniano ulteriormente sia la volontà di ricreare un ambiente stilisticamente omogeneo sia il grande eclettismo del M. che, come ogni buono scenografo, non disdegnò di occuparsi allo stesso tempo di pittura e di arti minori.
A seguito di questa prima commissione, e sempre grazie alla mediazione di Toschi, gli furono affidati incarichi di prestigio finché la stessa duchessa di Parma, Maria Luigia d'Austria, gli chiese di eseguire la decorazione per alcuni ambienti privati - il bagno e la biblioteca - del proprio palazzo. Forse anche in virtù di questo lavoro, il M. cominciò a esercitare il mestiere di decoratore e frescante all'interno di ville e dimore patrizie; si ricordano, per esempio, gli affreschi in villa Bocchi a Pieveottoville (vicino a Zibello) probabilmente eseguiti, se si dà credito a una data segnata sopra uno di questi, nel 1847.
Nonostante la sua fama sia prevalentemente legata all'attività di scenografo, la sua grande versatilità artistica gli permise tuttavia di spaziare dal disegno alle opere di grande decorazione, per chiese e palazzi sia pubblici sia privati (tra cui la sala dei banchetti per il palazzo del Quirinale a Roma), agli oggetti di arredamento, alla pittura di cavalletto. Risale probabilmente al 1839 il dipinto con una Veduta di Parma, conservato nella sede della prefettura di Belluno e ormai riconosciuto autografo dalla critica (Riccomini).
Nel 1848 fu nominato professore di ornato, modellato e dipinto presso l'Accademia di belle arti di Parma. Tale posizione permise al M. di raggiungere una certa stabilità economica, che gli consentì di sposarsi, il 29 novembre dello stesso anno, con Camilla Nalli (Jesurum, 1995, p. 384). Nel frattempo aveva già cominciato a lavorare in città per il teatro Ducale (che di lì a poco avrebbe cambiato nome e sarebbe divenuto teatro Regio). In una lettera indirizzata alla sua futura moglie, del 6 luglio 1844, egli riferiva infatti di aver firmato il contratto di assunzione in qualità di aiuto scenografo, alle dirette dipendenze di Giacopelli (Id., 1993, p. 422).
Contemporaneamente si occupò dei lavori di ristrutturazione di altri teatri italiani (Brescia, Piacenza e Reggio Emilia); nel 1853 fu chiamato da Carlo III di Borbone per rinnovare il Regio di Parma, le cui forme neoclassiche erano evidentemente divenute "fuori moda".
Per questa impresa il M. affrontò un viaggio di tre mesi che lo portò a visitare i teatri delle maggiori città europee - Vienna, Praga, Dresda, Berlino, Bruxelles, Londra e Parigi - così da poter acquisire una formazione più aggiornata riguardo le recenti novità nel campo sia della decorazione teatrale sia dell'allestimento scenico. Una volta ritornato a Parma, procedette nei lavori di ristrutturazione, durati soltanto quattro mesi, che gli valsero la nomina a cavaliere di prima classe dell'Ordine di S. Ludovico (Baravelli - Raggio, p. 232). Essi prevedevano una totale riforma di tutto l'apparato ornamentale; ma il M. lasciò immutata la cupola, realizzata da Giovanni Battista Borghesi, e intervenne su tutta la restante decorazione neoclassica, sostituendola con una che rielaborava, stilisticamente e tematicamente, formule schiettamente rococò. I progetti non si esaurirono comunque nel rifacimento degli affreschi e degli stucchi, ma compresero anche l'ammodernamento del sistema di illuminazione, che passò dai vecchi apparati a olio e candele all'impianto a gas.
Il 15 marzo 1853 fu istituito per decreto il posto di "pittore-direttore scenografo pel disegno e per la dipintura delle scene del Real Teatro di Parma" e, sempre per decreto e nello stesso giorno, il nuovo incarico fu assegnato al M., che lo avrebbe mantenuto fino al 1888. Da allora in poi egli si dedicò soprattutto alla produzione di scene per i maggiori teatri e per le migliori compagnie. Lo spettacolo con cui si inaugurò il rinnovato Regio di Parma fu Il profeta di Giacomo Meyerbeer il 28 ott. 1853 (Allegri Tassoni, p. 32).
L'anno seguente il Comune di Borgo San Donnino, dopo aver acquistato da una società privata un piccolo teatro, rimasto incompiuto, incaricò il M. di completarne i lavori che terminarono nel 1861. L'edificio fu inaugurato solennemente con il Trovatore di Giuseppe Verdi, del quale egli curò la scenografia.
La prima testimonianza dell'amicizia che legava il M. a Verdi è una lettera di presentazione che questi gli spedì da Genova il 9 genn. 1860 (Bonatti Bacchini, p. 35). Nonostante la provata confidenza fra i due artisti, è ormai accertato, grazie anche ai numerosi carteggi custoditi presso l'Istituto nazionale di studi verdiani di Parma, che non fu direttamente Verdi bensì l'Impresa Ricordi a chiamare il M. come scenografo per l'Aida alla Scala di Milano, nell'aprile del 1872, al posto di Carlo Ferrario (Jesurum, 1993, p. 424).
In quello stesso anno, oltre alle scene per l'Aida, il M. dipinse quelle per la Forza del destino - di cui esistevano già le versioni disegnate da Ferrario per la prima edizione - e numerosi altri lavori verdiani fino alla realizzazione delle scene per il Macbeth nel 1875 (ibid., p. 428). Dopo questa data i rapporti con la Scala, in realtà molto difficili anche per i contrasti con Ferrario, si interruppero; e l'ultima opportunità di collaborazione fu la messa in opera del Simon Boccanegra, nel 1881, per diretta richiesta di Verdi (ibid.).
Benché le sue scene non avessero ottenuto la piena approvazione di una parte del pubblico scaligero, più favorevole al suo rivale Ferrario, in una lettera del 22 marzo 1873 (ibid., p. 419) Verdi qualificava il M. "il più grande scenografo d'Italia", riconoscendo in lui la capacità di armonizzare le scene con il libretto e la musica, capacità che gli permetteva di dare forma compiuta a un genere così complesso quale l'opera lirica. Tale fu la sua celebrità che nel 1874 fu chiamato dall'Accademia di Filadelfia a dipingere le scene per i festeggiamenti del prossimo centenario dell'indipendenza americana.
La carriera di scenografo non impedì al M. di continuare a ricevere commissioni per chiese e palazzi: nel 1872 lavorò per il restauro del palazzo comunale di Borgo San Donnino e nel 1878 fu impegnato nel rifacimento della cattedrale cittadina.
Tra il 1875 e il 1876 fu chiamato dai dirigenti della neonata Cassa di risparmio parmense a realizzare gli affreschi per la sala del Consiglio nella sede di palazzo Tarasconi-Smeraldi.
Secondo il suo costume il M. realizzò una composizione nella quale realtà e fantasia teatralmente si compenetravano. Nella volta dipinse una scenografica tenda che lasciava intravedere quattro paesaggi (rimando evidente alle quattro stagioni), mentre sulle pareti trovavano posto le rappresentazioni di allegorie del risparmio. È stato giustamente notato come le scene del soffitto, con le vedute naturali, di chiara impronta romantica, e gli elementi decorativi che le inquadrano, desunti dalla tradizione emiliana cinquecentesca della pittura del Correggio e del Parmigianino (F. Mazzola), si mescolino con i caratteri tipici della decorazione rococò di matrice settecentesca "ottenendo qui, oltre l'effetto della dissonanza, anche quello di finzione nella finzione" (Tassi, 1974, p. 22).
Nominato nel 1881 presidente dell'Accademia parmense di belle arti, nel 1887 fu colpito da una paralisi che non lo costrinse tuttavia a sospendere completamente l'attività, visto che risale proprio a quello stesso anno l'allestimento, per il Regio, dell'Otello di Verdi (Jesurum, 1993, p. 429).
Il M. morì a Parma il 24 sett. 1889. I suoi concittadini, in segno di gratitudine, dedicarono il teatro municipale al suo nome.
Fonti e Bibl.: P. Cassi, G. M. e il suo carteggio con Verdi, in Vecchie cronache fidentine, Parma 1941, pp. 129-135; G. Allegri Tassoni, Una gloria della scenografia parmense, in Aurea Parma, XXXII (1948), 1, pp. 30-42; N. Musini, Il teatro di Fidenza e G. M., ibid., XXXIII (1949), 2, pp. 85-91; Id., Il teatro Girolamo Magnani di Fidenza e la sua storia nel centenario della sua inaugurazione 1861-1961, Fidenza 1961; G. Briganti, Il palazzo del Quirinale, Roma 1962, p. 54; E. Riccomini, Tre paesaggi parmensi ritrovati, in Aurea Parma, L (1966), 1-2, p. 25; G. Copertini, La pittura parmense dell'Ottocento, Parma 1971, pp. 50-54; R. Tassi, M., Bocchi, De Stroebel, tre pittori a Parma tra Ottocento e Novecento, Parma 1974, p. 22; F. Borsi, Il palazzo del Quirinale, Roma 1982, p. 74; I teatri storici in Emilia Romagna (catal.), a cura di S.M. Bondoni, Bologna 1982, pp. 79, 83-85; In forma di festa. Apparatori, decoratori, scenografi, impresari in Reggio Emilia dal 1600 al 1857 (catal.), a cura di M. Pigozzi, Reggio Emilia 1985, pp. 187 s.; Il teatro di G. M. scenografo di Verdi (catal.), a cura di M. Bonatti Bacchini, Fidenza 1989; M. Bonatti Bacchini, Scenografia e teatralità nell'opera di G. M., in Parma lirica, I (1989), pp. 13-53; La pittura in Italia. L'Ottocento, Milano 1990, I, p. 452; II, pp. 892 s.; O. Jesurum, G. M., primo scenografo d'Italia, in Arch. stor. per le provincie parmensi, s. 4, XLV (1993), pp. 419-430; R. Tassi, La corona di primule: arte a Parma dal XII al XX secolo, Parma 1994, pp. 112, 211 s., 214-223, 245; O. Jesurum, Documenti e testimonianze sulla vita di G. M., in Arch. stor. per le provincie parmensi, s. 4, XLVII (1995), pp. 383-404; Id., G. M., interprete visivo delle idee di Verdi, in La realizzazione scenica dello spettacolo verdiano, a cura di P. Petrobelli - F. Della Seta, Parma 1996, pp. 127-134; I beni bibliografici, i beni musicali, i beni teatrali, in Atlante dei beni culturali dell'Emilia Romagna, a cura di G. Adani - J. Bentini, IV, Bologna 1996, p. 329; P. Baravelli - P. Raggio, G. M. e il teatro di Fidenza: la vita, in Arch. stor. per le provincie parmensi, s. 4, XLVIII (1996), pp. 209-233; G. M. e la sala del Consiglio della Cassa di risparmio: 1875-1876, a cura di U. Del Sante - G. Gonizzi, Parma 1996; F. Barocelli, La sala consiliare di G. M. e Cecrope Barilli a Parma, Parma 1997; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIII, p. 559.