MANFRIN, Girolamo
Nato a Zara nel 1742 da Pietro, il M. comparve a Venezia alla fine degli anni Sessanta, ma a tutt'oggi le sue origini sono poco chiare.
La storia familiare tracciata da V. Spreti contempla l'elevazione a conte di un Manfredo nel 1433, ma non trova supporti documentari, e la famiglia non compare tra quelle cittadine di Venezia.
Il 12 apr. 1769 fu il maggior offerente nella gara d'appalto per la condotta dell'impresa generale dei tabacchi della Repubblica, pubblicata dai Cinque savi alla mercanzia due anni prima della scadenza della condotta Mangilli. Quando, una settimana più tardi, il M. rifiutò di rivelare al savio cassier i nomi dei suoi finanziatori, il maggiore dei quali era il conte G. Ranuzzi di Bologna, l'esito dell'incanto fu annullato e fu emanato un mandato d'arresto nei suoi confronti. Invano sperò in un intervento del Ranuzzi e si vide rifiutare accoglienza presso le ambasciate. Il 23 aprile fu tradotto in carcere e vi rimase più di un anno, con l'accusa di non essere in possesso dei necessari requisiti e in particolare di essere un visionario, figlio di famiglia soggetto alla patria potestà e colpevole di eccesso d'offerta. Il Consiglio dei dieci lo assolse (16 maggio 1770), ma sei giorni prima la condotta era stata aggiudicata, per una somma inferiore a quella da lui offerta, a un gruppo di capitalisti. Il M. tentò la strategia dell'intromissione; cercò capitali a Londra, Vienna, Roma, Milano, Genova, Livorno e Ancona, trovandoli infine a Bergamo. Tuttavia il 15 dicembre fu arrestato di nuovo e il 26 febbr. 1771 una sentenza di bando lo confinò nella nativa Zara.
All'avvicinarsi della scadenza della nuova condotta del tabacco, verso la fine di agosto 1776, si rivolse al tribunale supremo, che nel dicembre gli concesse il ritorno a Venezia. Il 23 apr. 1777 il Senato pubblicò i capitoli della condotta, ma i primi tre turni andarono deserti. Probabilmente la crisi del settore favorì il placarsi dei sospetti nei suoi confronti. Il 3 giugno 1777, ancora con la partecipazione di G. Ranuzzi, la sua offerta per il partito del tabacco, per otto anni a decorrere dal 26 febbr. 1779, fu accolta. Le sue strategie di lotta contro il contrabbando, le frodi dei subappaltatori provinciali e le semine clandestine, portate avanti con estrema durezza, rafforzarono presto il monopolio privato e incrementarono notevolmente i proventi dello Stato. Nel 1782, sulla base di questo innegabile profitto per l'Erario, il M., affiancato dall'avvocato C. Cordellina, tentò senza successo di farsi riconoscere dai giudici di petizion un risarcimento per l'estromissione dalla gara d'appalto del 1769.
Alla vigilia dello scadere della condotta, nel 1782-83, propose una modifica dei capitoli dell'impresa, volta a ridurre le importazioni di tabacchi nella Repubblica. L'assegnazione dell'impresa doveva essere vincolata al possesso di 640 "campi" incolti ed esenti di decima in Dalmazia, destinati alla coltivazione del tabacco, e alla costruzione dei relativi fabbricati. Le procedure d'inchiesta vennero abbreviate grazie ai risultati positivi degli esperimenti di semina effettuati già nel 1763 dall'impresario Mangilli e il M., sulla base del decreto senatoriale del 29 sett. 1784, si aggiudicò la condotta con decorrenza 26 febbr. 1786. I lavori a Nona, presso Zara, iniziarono nel gennaio 1786, per concludersi nel 1791.
Quali responsabili furono chiamati il proto veneziano D. Canciani e, per la supervisione generale, il cancelliere ai confini G. Stratico, autore della Relazione delle Craine e della Dalmazia. Dall'Italia arrivarono maestranze, materiali da costruzione, animali da lavoro, contadini, coltivatori di tabacco dei Sette Comuni, gastaldi, fattori, il direttore e il medico. Alla sobrietà del pubblico stabilimento, quadrato di 170 m di lato diviso in due cortili, che poteva ospitare, oltre ai magazzini di stoccaggio, le stalle e i locali dell'amministrazione, anche 400 persone, vennero meno solo i materiali più pregiati per l'abitazione privata del M. e una pala d'altare di B. Montagna nella chiesa.
Contemporaneamente il M. s'impegnò a realizzare la nuova manifattura tabacchi a Venezia, che doveva sostituire il vecchio fondaco di P. Garzoni a S. Samuele, presso il traghetto di S. Tomà. Su progetto di B. Maccaruzzi si costruì ai margini occidentali della città, sul rio delle Burchielle, una fabbrica che fu un importante stimolo alla conversione funzionale dell'intera area, portata poi avanti almeno per tutto l'Ottocento.
Se i capitoli della condotta del 1784 avevano sancito un raddoppiamento della superficie coltivabile a Nona, in un arco di dodici anni, già dal 1791 questi parametri subirono un ulteriore sviluppo: il M. propose un incremento fino a quasi 4000 campi, dopo aver preparato la mossa con cura. Nell'estate 1790 furono a Nona A. Zucchini, direttore dell'orto sperimentale di Firenze e docente di agronomia, e O. Cristofori di Conegliano. Le loro relazioni entusiastiche sottolinearono, accanto agli aspetti economici, quelli sociali, fruttando al M. l'anno seguente la nomina a socio corrispondente della fiorentina Accademia dei Georgofili. Positiva fu anche la relazione di A. Rados Michiel Vitturi (agosto 1791), commissionata dal Senato e dai Savi alla mercanzia. Nel 1793 una commissione mista, composta dai Savi alla mercanzia, dai Savi cassieri e dai Deputati alla provvigione del denaro pubblico, si espresse sul progetto, cui si erano affiancate nel frattempo due proposte alternative: quella di G. Cozzi, poi famoso nel settore della ceramica, di liberalizzare del tutto la coltivazione del tabacco, e quella di G. Rigamonti, che optava per l'acquisto dei campi di Nona e la loro suddivisione in novanta quadrati uguali, ognuno con fabbricati rustici e circondato da fossato. A favore del M. si espressero infine anche gli agronomi veneti, interpellati fin dal 1792: il barnabita F.M. Stella e il cappuccino Giovan Battista da S. Martino. Il 16 febbr. 1795, nonostante la richiesta del M. di aumentare la durata della ferma a vent'anni, il giudizio finale fu positivo e la Repubblica, di fronte al dato innegabile di un aumento del 178% delle entrate, fu pronta a riconoscere le immense difficoltà finanziarie, fisiche e morali da lui patite.
Con i primi tangibili successi dell'impresa, all'inizio degli anni Ottanta, il M. cercò di costruirsi anche un'adeguata immagine culturale. Fece costruire da G. Selva una villa a Sant'Artemio, presso Treviso, allestendovi nel 1783 uno spazio verde che contemplava elementi del giardino all'inglese, mentre a Venezia acquistò nel 1788 il palazzo Venier già Priuli, sul rio di Cannaregio. Inserendosi in un schiera di committenti borghesi, entro il 1791 adeguò l'edificio, di A. Tirali, al nuovo gusto classicista, chiamando il pittore G. Mengardi e l'ornatista D. Rossi. Già nel 1790 il M. era considerato uno dei pochi a Venezia disposti a investire nelle belle arti, e nel giro di pochi anni il palazzo si trasformò in una sorta di museo.
Più di 800 pezzi, disposti in vetrine, riguardavano la storia naturale; nel 1796 la biblioteca raccoglieva circa 800 libri di arte, architettura, archeologia e scienze naturali. La formazione della collezione di dipinti, delegata a Mengardi e P. Edwards, espresse ambizioni didascaliche più che gusto personale, ma comprese anche un dipinto come la Tempesta di Giorgione. Sul finire del secolo la raccolta contava più di 450 opere, di scuola prevalentemente veneta e antecedenti al XVI secolo, nonché sculture di ambito veneziano.
Il M. promosse anche imprese editoriali. Nel 1785 gli fu dedicata un'edizione dei Capricci di G.B. Tiepolo e nel 1787 finanziò Li ritratti delli più celebri pittori della scuola veneziana dedicati al nobile sig. G. M. (Venezia), parzialmente basato su Le maraviglie dell'arte overo Le vite, di C. Ridolfi, del 1648. Nella villa di Sant'Artemio organizzò gare di pittura, spesso su temi erotici.
Con la fine della Repubblica nel maggio 1797, le voci critiche e il disprezzo nei suoi confronti raggiunsero l'apice. Innumerevoli satire lo accusarono di essere un imprenditore senza scrupoli e corrotto, "in mezzo al fango e alla merda nato" (Venezia, Biblioteca del Civico Museo Correr, Codd. Cicogna, 2946/18). Con l'arrivo degli Austriaci a ottobre, rientrò in possesso dei suoi averi e proseguì, ormai a titolo di impresa privata, le bonifiche a Nona. Nel 1801 Pio VII gli conferì il titolo di marchese.
Il M. morì a Venezia nel 1802, lasciando erede un figlio, Pietro. Fu sepolto a S. Marziale, in una tomba senza lapide.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Senato, Rettori, filza 372, febbraio 1786; Inquisitori di Stato, filze 183, c. 127; 196, 1 giugno 1786; 198, 20 giugno 1794; 943, cc. n.n., 1779; 945, m. 4; 52, 27 genn. 1786; Deputati e aggiunti alla provision del denaro pubblico, b. 693, 1768-94; Cinque savi alla mercanzia, prima serie, bb. 885, 1777-83; 887, sec. XVIII; 888; 889 (coltivazione Nona); Inquisitorato sopra la regolazione delle arti, b. 6, 5 maggio 1789; Rason vecchie, bb. 178, 29 nov. 1785; 180, 27 nov. 1792; Dieci savi alle decime, bb. 872, c. 62; 1331, c. 103v; Raccolte e miscellanee, Misc. Mappe, nn. 339, 340, 476, 746, 747, 753, 757, 820, 828, 1143, 1194; Archivio Gradenigo rio Marin, b. 179, f. 4, 1777-84; Venezia, Biblioteca del Civico Museo Correr, Codd. Cicogna, 2946/18, 2947/8, 3007/XIII, 3543, 3650; Codd. Correr, 348, cc. 834-838; 978, n. 22; Misc. Correr, 690, cc. 7, 70; Mss. P.D., 78, cc. 242-247; 180; 238/71; 350/IV; 835/4, 5, 6; Ibid., Fondazione Querini-Stampalia, Mss., cl. IV, Storia veneta, n. 470, c. 58r; Ibid., Seminario patriarcale, Mss., 877.13; G. Manfrin [?], Istoria de fatti occorsi in Venezia nell'incanto 12 aprile 1769 del tabacco, s.l. né d.; A. Zucchini, Lettera sopra lo stabilimento a tabacchi di Nona della Dalmatia, s.l né d. [Firenze 1790?]; O. Cristofori, Memoria agraria scritta a Zara, Conegliano 1790; Giovan Battista da San Martino, Lettera contenente in ristretto la Relazione dello stabilimento de' tabacchi in Nona, Vicenza 1792; Lamento de' nasi contra M., Venezia 1797; Lettera apologetica imparziale per il cittadino G. M., Venezia 1797; Risposta alla lettera apologetica, Venezia 1797; G. Moschini, Della letteratura veneziana, II, Venezia 1806, p. 107; IV, ibid. 1808, p. 118; Il forestiere istruito della città di Venezia, Venezia 1822, p. 295; E.A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, VI, Venezia 1853, pp. 155, 782-785, 812, 826; Catalogo dei quadri esistenti nella galleria Manfrin, Venezia 1856; G. Fontana, Cento palazzi, Venezia 1865, p. 326; Pinacoteca Manfrin a Venezia, Venezia 1872; G. Sambon, Catalogo della galleria Manfrin, Milano 1897; M. Berengo, La società veneta alla fine del Settecento, Firenze 1956, p. 121; V. Fontana, G. M. e la Manifattura tabacchi di Bernardino Maccaruzzi, in Boll. dei Musei civici veneziani, XXII (1977), pp. 51-63; G. Pavanello, La decorazione neoclassica nei palazzi veneziani, in Venezia nell'età di Canova, 1780-1830 (catal.), a cura di E. Bassi, Venezia 1978, pp. 282-284; F. Haskell, Patrons and painters, New Haven-London 1991, pp. 694-696; D. Mazzotta, La Manifattura tabacchi, in Archeologia industriale nel Veneto, a cura di F. Mancuso, Milano 1990, p. 194; M. Azzi-Visentini, Villa Manfrin a Sant'Artemio, in I giardini del principe. Atti del Convegno, Racconigi, 1994, a cura di M. Macera, I, Savigliano 1994, pp. 99-112; R. Tolomeo, Il commercio e il contrabbando del tabacco tra Serenissima e Levante, in Mercanti e viaggiatori per le vie del mondo, a cura di G. Motta, Milano 2000, pp. 275-288; V. Spreti, Enc. storico-nobiliare italiana, Appendice, II, pp. 251-253.