GOTTI, Girolamo Maria (al secolo Antonio)
Nacque a Genova il 29 marzo 1834 da Filippo, portuale di origine bergamasca, e da Caterina Schiappacasse. Compiuti gli studi liceali al collegio dei gesuiti di Genova, nel 1849 entrò nell'Ordine dei carmelitani scalzi, ricevendo il nome di religione di Girolamo Maria dell'Immacolata Concezione, e il 12 nov. 1851 fece la professione di fede. Dopo l'ordinazione sacerdotale, avvenuta il 22 dic. 1856, insegnò scienze nautiche e matematica alla Scuola navale di Genova, dove si distinse per cultura e abilità didattica, e filosofia nelle scuole del suo Ordine. Nel 1869 fu chiamato a Roma dal generale dei carmelitani scalzi che lo volle come suo teologo durante il concilio Vaticano I. Procuratore generale dell'Ordine nell'aprile del 1872, nell'ottobre 1881 ne divenne priore generale, carica che gli fu rinnovata nel 1887. In questa qualità il G. visitò le province d'Austria, di Baviera, di Francia, del Belgio, d'Inghilterra, d'Irlanda e la missione dei carmelitani in Siria. La sua attività fu assai apprezzata da quanti lo conobbero e in particolare da Leone XIII, il quale nel 1884 lo nominò consultore della sezione orientale della congregazione di Propaganda Fide e di quella dei Vescovi e regolari, ed esaminatore del clero presso il S. Uffizio. Il 27 marzo 1892 il G. fu consacrato arcivescovo titolare di Petra in partibus dal card. L.M. Parocchi, vicario di Roma, e il 19 aprile fu nominato internunzio in Brasile. Ciò gli conferì un peso rilevante nell'opera di mediazione tra le diverse fazioni durante la guerra civile che imperversò nello Stato di San Paolo.
Tornato a Roma, il 29 nov. 1895 fu creato da Leone XIII cardinale con il titolo diaconale di S. Maria della Scala, che conservò fino alla morte. Il 1° ott. 1896 fu nominato prefetto della congregazione delle Indulgenze e reliquie; poi, il 20 nov. 1899, Leone XIII - di cui era diventato frattanto uno dei collaboratori più ascoltati, in particolare, stando alla testimonianza rilasciata dal fratello del cardinale al Giornale d'Italia il 2 ag. 1903, nella gestione dell'obolo di S. Pietro - lo trasferì, sempre in qualità di prefetto, alla congregazione dei Vescovi e regolari, e lo incaricò di una visita apostolica in Libano. Il 3 ag. 1902 il papa gli affidò la prefettura di Propaganda Fide.
Durante la prefettura del G. i rapporti tra Santa Sede e Italia, soprattutto in seguito alla rottura nel 1904 delle relazioni tra la Francia e il Vaticano, furono improntati a maggiore collaborazione rispetto al passato. Nel dicembre 1904, ad esempio, il consolato generale italiano in Palestina aveva rivendicato il protettorato sugli istituti salesiani nazionali del luogo, fino allora sotto la protezione della Francia, ottenendo l'assenso di Propaganda Fide. Tale inversione di tendenza incontrò l'opposizione, nonché della Francia nella questione dei Luoghi Santi, del governo di Vienna, il quale accusò il G. di aver favorito nella questione balcanica, oltre che la Russia, anche l'Italia, in particolare riguardo l'Albania.
Alla vigilia del conclave del 1903 il G. era stato pronosticato come uno dei cardinali papabili e già da alcuni anni era corsa la voce che lo stesso Leone XIII lo avesse indicato come successore. Tale evento sarebbe stato gradito dagli ambienti di corte italiani e la stessa regina Margherita, in una conversazione con alcuni uomini politici, parlava del G. come di un dotto, mentre il presidente del Senato D. Farini ne ricordava l'appartenenza alla fazione degli zelanti in contrapposizione a quella dei diplomatici richiamando l'antico adagio secondo cui "chi entra Papa in conclave, n'esce cardinale!" (D. Farini, Diario di fine secolo, 26 marzo 1899). Probabilmente ancor più che l'appartenenza al clero regolare, gli nocque, come ritenne l'ambasciatore belga presso la Santa Sede, il timore, diffuso nello schieramento conservatore, che egli, una volta eletto papa, potesse avviare "une ère de réformes dans les différentes administrations de la Curie" (Aubert, col. 920).
Dal punto di vista politico il G. godeva dell'appoggio degli ambienti ufficiali italiani e, nonostante alcune riserve da parte austriaca, anche di quello dei cardinali tedeschi. Pur avendo ottenuto ben 17 voti nella prima votazione, superato soltanto dal card. M. Rampolla del Tindaro, su cui pesava, però, il veto dell'Austria-Ungheria, nelle successive perse posizioni in favore del card. G. Sarto, poi pontefice con il nome di Pio X.
Il nuovo pontificato non mutò la posizione politica del G. che, proprio per il ruolo centrale di prefetto di Propaganda Fide e in ragione dell'accresciuta importanza strategica assunta dalle missioni del Vicino Oriente nella politica internazionale, ebbe un abboccamento con l'imperatore di Germania Guglielmo II in occasione del viaggio di questo a Roma nel 1904. Lo stesso governo di Parigi, malgrado l'indirizzo decisamente anticlericale della politica interna francese, mostrò di gradire l'attività del G., al punto che ancora nel 1911 C. Barrère, ambasciatore francese presso il Quirinale, ne contrapporrà la politica equilibrata a quella, ostile al suo paese, del segretario di Stato R. Merry del Val. In effetti, il G. era considerato, nonostante una maggiore apertura all'Italia nella questione dei Luoghi Santi, alla stessa stregua dei suoi predecessori, in particolare del card. A. Barnabò, uno dei sostenitori delle missioni francesi in Africa e in Oriente.
In realtà ciò che premeva maggiormente al G. era lo sviluppo delle missioni cattoliche. In questo senso egli operò con particolare prudenza e attenzione. Nel marzo 1915, ad esempio, in pieno conflitto mondiale, avendo il governo turco sollecitato la Santa Sede a stipulare un concordato che avrebbe salvato i beni immobili della Chiesa in Palestina passibili di esproprio perché nominalmente di proprietà di potenze estere e in particolare della Francia, con cui la Turchia era in guerra, il G. si pronunciò per il rinvio di ogni decisione alla fine della guerra, ritenendo che un concordato con l'Impero ottomano alla vigilia di una sua probabile dissoluzione avrebbe compromesso la Santa Sede agli occhi delle altre potenze, in quanto "dopo l'attuale stato di cose, vi dovrà essere un congresso per la pace […] e allora si vedrà come resterà la Turchia" (Fabrizio, p. 57).
Nei quindici anni in cui fu alla guida di Propaganda Fide, il G. operò dunque con energia per sviluppare l'attività missionaria, riuscendo a ottenere nel 1908 che, nel quadro della riforma della Curia, le Chiese dei paesi anglosassoni fossero riportate al regime del diritto comune: in special modo si interessò al progresso delle missioni in Cina all'indomani della crisi della guerra dei Boxers, accordando il decretum laudis a nuove congregazioni missionarie come quelle dei saveriani di Parma (1910), di Mary Knoll (1915) e approvando definitivamente quelle dei padri di Mill Hill nel 1908 e dei comboniani nel 1910. Nel contempo egli spinse gli stessi antichi ordini religiosi a prestare una maggiore collaborazione all'opera missionaria. Su sua sollecitazione i benedettini promossero una missione in Sudafrica e una seconda nel Katanga, i serviti una nelle Swaziland e i trinitari nella Somalia italiana; gli stessi carmelitani scalzi, ordine di cui era protettore, furono sospinti a un maggiore impegno sul piano missionario. Aveva anche progettato di ricostruire la sede dell'antico collegio Urbano, ma lo scoppio della prima guerra mondiale impedì che il piano andasse in porto. L'attività del G. fu in genere apprezzata dai contemporanei per le qualità di discrezione e di obiettività con cui era condotta, e soprattutto per gli esiti positivi che riuscì a ottenere. Peraltro, durante la guerra di Libia egli non aveva mancato di farsi interprete presso Pio X degli interessi del Banco di Roma e del suo direttore E. Pacelli, ritenuto in quel delicato momento storico un banchiere alquanto compromettente per il Vaticano.
Il 26 febbr. 1916, colpito da una gravissima malattia, il G., di cui si prevedeva prossima la fine, fu da Benedetto XV sollevato dai gravosi compiti del suo ufficio e sostituito alla testa di Propaganda Fide da un proprefetto nella persona del cardinale G. Serafini. Alcune settimane dopo, il 19 marzo 1916, il G. si spense a palazzo della Propaganda a piazza di Spagna e fu sepolto al cimitero del Verano.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. della S. Congr. di Propaganda Fide, Roma (diverse serie relative agli anni 1902-16); Ibid., Arch. stor. del Ministero Affari esteri, serie P., Affari politici (1891-1916), b. 693, posiz. 954; A. Pierconti, Da Leone XIII a Pio X. Diario, Roma 1904, passim; Il Carmelo, V (1906), pp. 354-358; XI (1916), pp. 65-69; XXXII (1934), pp. 160 s.; La Civiltà cattolica, LXVII (1916), t. 2, pp. 97 s.; Analecta Ordinis carmelitarum discalceatorum, VI (1932), pp. 60-63; M. De Camillis, Il card. G.M. G., in Nuovo Cittadino (Genova), 27 marzo 1934; Sacrae congregationis de Propaganda Fide memoria rerum, 1622-1972, a cura di J. Metzler, Rom-Freiburg-Wien 1972-76, III, 1, pp. 52-55, 134, 250; III, 2, pp. 310, 619, 621; E. Renard, Le cardinal Mathieu, Paris 1925, pp. 351 s.; R.F. McNamara, The American College in Rome. 1855-1955, Rochester, NY, 1956, pp. 388, 402, 418, 747 s.; F.X. Kraus, Tagebücher, a cura di H. Schiel, Köln 1957, pp. 643 s.; F. Engel-Janosi, Österreich und der Vatikan, II, Graz 1960, pp. 12, 30 s.; D. Farini, Diario di fine secolo, a cura di E. Morelli, Roma 1962, II, p. 1474; R. Rémond, Les deux congrès ecclésiastiques de Reims et de Bourges, 1896-1900, Paris 1964, pp. 210 s., 218 s.; É. Poulat, Intégrisme et catholicisme intégral, Tournai-Paris 1969, pp. 329, 581; J. Hajjar, Le Vatican, la France et le catholicisme oriental, Paris 1979, ad indicem; B. Lai, Finanze e finanzieri vaticani fra l'800 e il '900. Da Pio IX a Benedetto XV, Milano 1979, ad indicem; C. Snider, L'episcopato del card. A. Ferrari, I-II, Vicenza 1982, ad indicem; La Chiesa e la società industriale (1878-1922), a cura di E. Guerriero - A. Zambarbieri, Cinisello Balsamo 1990 (A. Fliche - V. Martin, Storia della Chiesa, XXII), pp. 109 ss., 145; D. Fabrizio, La questione dei Luoghi Santi e l'assetto della Palestina 1914-1922, Milano 2000, pp. 56 s.; R. Ritzler - P. Sefrin, Hierarchia catholica medii et recentioris aevi, VIII, Patavii 1979, pp. 38, 55, 449; Enc. cattolica, VI, p. 962; Dict. d'hist. et de géogr. ecclésiastiques, XXI, coll. 918-921 (R. Aubert).