MARTINENGO, Girolamo
MARTINENGO (Martinengo Cesaresco), Girolamo. – Nacque il 19 sett. 1504 a Brescia, cadetto di una numerosa figliolanza, dal conte Cesare (II) e da Ippolita Gambara.
Nel corso del Quattrocento i domini dei Martinengo, costituitisi dal X secolo nell’area del Bresciano e del Bergamasco, furono divisi tra i diversi rami della famiglia. A quello Cesaresco apparteneva il padre del M., detto il Magnifico – per l’influenza politica e il patronato artistico con cui protesse artisti come Alessandro Buonvicino detto il Moretto e Girolamo di Romano detto il Romanino –, il quale nel 1508 o 1509 ricevette il titolo nobiliare dal re di Francia Luigi XI per meriti militari.
Il M. fu destinato alla carriera ecclesiastica. Il 21 dic. 1517, ancora adolescente, ricevette da papa Leone X il beneficio parrocchiale di S. Maria Assunta a Oriano presso Brescia. Intraprese poi gli studi in giurisprudenza e teologia all’Università di Padova e portò a termine i corsi forse nel 1527. Nel 1529, grazie al sostegno del cardinale Agostino Trivulzio, con il quale era imparentato, divenne abate commendatario del monastero benedettino di Leno, nel Bresciano, per rinuncia a suo favore del titolare, il cardinale Antonio Ciocchi Del Monte. La badia, che gli fu conferita nonostante il suo stato laico «con reservatione del regresso et dei frutti» (Signori, p. 329), gli forniva un ricco reddito che gli consentiva di vivere splendidamente. Il M. prese possesso della badia senza l’autorizzazione della Repubblica di Venezia, alla quale, però, fu costretto a ricorrere a causa di alcuni incidenti con i contadini di Leno. Dopo tre anni di contenzioso, la controversia si risolse con la concessione di un tributo annuo alla famiglia dei Vetturi, pensionarii di Leno, con i quali i fittavoli dell’abbazia si erano coalizzati.
Nel 1540 entrò a far parte della Curia romana. L’anno seguente fu nominato cameriere segreto da Paolo III e, il 30 ottobre, fu ordinato sacerdote dal vescovo di Bergamo Pietro Lippomano. Negli anni successivi soggiornò più stabilmente a Roma. Tuttavia risulta anche essere stato tra coloro che, nel dicembre 1545, accolsero a Brescia il vescovo di Capodistria Pier Paolo Vergerio.
Su indicazione del cardinale legato Marcello Cervini, nel febbraio 1548 fu nominato nunzio in Polonia. La partenza fu disposta in luglio e il viaggio, dopo aver toccato Venezia e Vienna, si concluse il 23 agosto a Cracovia, dove il M. presentò le sue credenziali ai rappresentanti del re.
Secondo le istruzioni ricevute dal cardinal nepote Alessandro Farnese il 15 luglio (cfr. Marani), il M. avrebbe dovuto trasmettere al nuovo sovrano, Sigismondo II Augusto Jagellone, le condoglianze per la morte del padre, Sigismondo I il Vecchio, e le felicitazioni per la successione al trono, avvenuta in aprile; quindi comunicare l’invito al concilio trasferitosi da Trento a Bologna. Ma la missione aveva anche lo scopo di avviare le trattative per avvicinare Mosca al cattolicesimo e di negoziare la revoca del decreto emanato nel 1540 dalla Dieta di Cracovia con cui si vietava ai polacchi titolari di benefici ecclesiastici di nomina regia («cortigiani») di risiedere a Roma senza il permesso del sovrano. Durante l’estate del 1548, però, la situazione del Regno non appariva del tutto tranquilla, in quanto serpeggiava fra i nobili un certo malcontento per la scelta matrimoniale di Sigismondo, che aveva sposato la lituana Barbara Radziwi¢¢, e il sentimento era in parte condiviso dalla regina madre Bona Sforza. Il nunzio fu accolto freddamente a Cracovia e riuscì a incontrare il sovrano solo il 5 settembre, a Sandomierz. Pur ribadendo la sua fedeltà alla Sede apostolica, Sigismondo non si volle impegnare concretamente nel progetto di convertire Mosca al cattolicesimo, né affrontò direttamente le questioni del decreto de curtisanis e della partecipazione di una delegazione polacca ai lavori del concilio, anzi impedì al M. di interpellare personalmente i rappresentanti della Dieta, alla cui decisione aveva rinviato il problema. Le difficoltà incontrate, derivanti dalla materia ingrata, dalla difficile situazione politica interna, ma anche dallo status del nunzio che – abate pur senza appartenere a un ordine regolare – non ispirava fiducia agli esponenti del clero polacco, fecero sì che il soggiorno terminasse già in settembre senza conseguire i risultati sperati.
Nell’ottobre 1549 il M. fu nominato rappresentante pontificio a Vienna, alla corte del re dei Romani Ferdinando I d’Asburgo. La morte di Paolo III ritardò, però, l’avvio della missione, che fu rimandata fino all’elezione a papa del cardinale Giovan Maria Ciocchi Del Monte, con il nome di Giulio III, avvenuta nel febbraio 1550. Il nuovo pontefice, dopo aver pensato di affidargli la nunziatura di Polonia, confermò la destinazione del M., che, ottenute le istruzioni il 30 giugno, fu ricevuto da Ferdinando il 14 agosto.
Si trattava di una destinazione prestigiosa e importante, tanto più alla luce del progetto di Giulio III di far riprendere al concilio i lavori, superando la situazione di stallo in cui si era arrestato e, di contro, alla minaccia francese di indire un concilio nazionale in opposizione alla Chiesa di Roma. Il 14 nov. 1550 fu emanata la bolla Cum tollenda, che non contemplava una nuova convocazione del concilio ma invitava i partecipanti indicati a suo tempo da Paolo III a riprendere i lavori a Trento il 1° maggio 1551, in continuità con le precedenti sessioni conciliari e con la formulazione adottata escludeva ogni possibile modifica dei regolamenti, richiesta invece da alcuni principi tedeschi. Spettava al M. portare a conoscenza dei vescovi tedeschi la convocazione tramite la diffusione dei dodici esemplari autenticati della bolla che gli furono consegnati il 17 genn. 1551. Le relazioni con la famiglia imperiale si complicarono ulteriormente in seguito all’uccisione, il 17 dic. 1551, del neocardinale Giorgio Martinuzzi Utiešenović (Georgius Transilvanus), da parte di inviati di Ferdinando I accusato di mantenere rapporti con i Turchi. Grazie agli uffici del suo rappresentante a Roma, Diego Lasso, il 30 genn. 1552 Ferdinando fu assolto ad cautelam dalle censure ecclesiastiche in cui avrebbe potuto essere incorso e in febbraio prestò il giuramento de parendo nostris et Ecclesiae mandatis nelle mani del M., ma dovette attendere la sentenza definitiva fino al 14 febbr. 1555.
Nella corrispondenza da Vienna, il M. mise più volte in risalto la mancanza di preti e di giovani da avviare alla carriera ecclesiastica. Tale carenza era in gran parte dovuta a quella che egli riteneva una vera rivoluzione dal punto di vista religioso e politico. Il M. seguì da vicino questa fase dei rapporti fra Chiesa e Impero e poté constatare come Carlo V, pur professandosi il primo e più fervente difensore della Chiesa di Roma, non apparisse in grado di impedire l’affermarsi della dottrina luterana nei territori sottoposti alla sua sovranità, né di arginare l’emorragia che stava privando la Chiesa cattolica delle sue risorse umane.
Nel novembre 1553 il M. fu sostituito da Zaccaria Dolfin, che arrivò a Vienna nel febbraio successivo e gli consentì, così, di partire per l’Italia.
Il 3 ag. 1554 il M. fu nominato presidente della Camera apostolica per un anno. Negli anni successivi fu temporaneamente segretario di Paolo IV. Tornò inoltre a occuparsi della commenda di Leno e, tra l’altro, iniziò a far raccogliere e trascrivere i privilegi, le investiture e tutte le pertinenze dell’abbazia. Alla fine del Cinquecento, la Historia del p. Cornelio Adro ricordò «le infinite elemosine che di continuo faceva» e «il prudente governo che ebbe di questa abbadia», oltre all’edificazione del palazzo abbaziale antistante alla chiesa, residenza dei commendatari, delle stanze riservate agli abati in visita e del «fenile et casamento di Cicogni» (cit. in Signori, p. 329).
Nel novembre 1560 Pio IV convocò il concilio per la Pasqua successiva, sollecitando la partecipazione del maggior numero di Paesi, anche di quelli ormai allontanatisi dall’influenza della S. Sede. Il M. fu designato nunzio presso la regina d’Inghilterra Elisabetta I con il compito di portare alla sovrana l’invito a partecipare al concilio.
Pio IV, «illuso da alcune dichiarazioni concilianti della regina e del suo favorito Dudley a proposito di un ripristino della religione cattolica» (Jedin, IV, p. 123), volle farle pervenire la bolla indictionis, nonostante diversi episodi rivelassero l’atteggiamento persecutorio nei confronti dei cattolici. Ricevute le istruzioni il 9 marzo 1561, in aprile il M. intraprese il viaggio alla volta dell’Inghilterra, dove l’anno precedente, prima della pubblicazione della bolla, era già stata tentata la missione di Vincenzo Parpaglia, abate di S. Solutore, fatta fallire però da Filippo II prima ancora dell’arrivo sull’isola. Il re spagnolo provò a ostacolare anche la missione del M. ma il passaporto per il M. non fu rilasciato per altri motivi: la cattura di un prete inglese che si imbarcava per le Fiandre fu il pretesto per denunciare una «congiura papista» e trovare un motivo per respingere il M., con l’approvazione, il 1° maggio 1561, del Consiglio segreto reale. Come fu comunicato all’ambasciatore spagnolo a Londra, Alvarez de Quadra, il M. avrebbe potuto rivelarsi fonte di disordini e fu pertanto obbligato a fermarsi a Bruxelles.
Al suo ritorno in Italia, il M. si divise ancora fra Roma e Leno. Mentre diversi esponenti dei numerosi rami della famiglia Martinengo avevano aderito alla Riforma – e, in particolare, il fratello del M. dell’Ordine dei canonici regolari lateranensi, Celso (al secolo Massimiliano), che dal 1552 al 1557 guidò la comunità dei rifugiati italiani a Ginevra –, egli si mantenne fedele alla Chiesa romana e continuò a prestare servizio in seno alla Curia. Fra il 1562 e il 1564 fu il primo camerarius assistens e referendarius di Pio IV, carica che lo tenne molto impegnato.
Nel 1566 fu prescelto dal neoeletto Pio V per la nunziatura di Napoli (secondo quanto si deduce dai rallegramenti rivoltigli in marzo da Muzio Calini), ma rifiutò l’incarico che andò a Cipriano Pallavicino. L’anno successivo rinunciò anche alla commenda di Leno in favore del figlio di suo fratello Antonio, Ascanio, che la governò fino al 1584.
Anche se non fu mai nominato vescovo, il M. era da molti ritenuto una figura di spicco per le sue qualità e si pensava che godesse di ottime possibilità per poter aspirare a divenire cardinale.
Il M. morì a Roma il 10 nov. 1569 e fu sepolto nella chiesa di S. Apollinare, dove si conserva l’epitaffio voluto dai fratelli e dal nipote.
Fonti e Bibl.: Nuntiatur des G. M., 1550-1554, a cura di H. Goetz, Tübingen 1965; A. Marani, Instruzioni all’abate G. M. nunzio in Polonia, in Commentari dell’Ateneo di Brescia, Brescia 1965, pp. 230-232; Acta nuntiaturae Poloniae, a cura di H.D. Wojtyska, II, Zacharias Ferreri (1519-1521) et nuntii minores (1522-1553), Romae 1992, pp. 379-416; L. Signori, Due fonti moderne per la storia di Leno: Cornelio Adro e Arnold Wion, in L’abbazia di S. Benedetto di Leno. Atti della Giornata di studi, Leno ... 2001, a cura di A. Baronio, in Brixia sacra. Memorie storiche della diocesi di Brescia, VII (2002), 1-2, pp. 291, 298, 329 s.; S. Ciampi, Bibliografia critica delle antiche reciproche corrispondenze politiche, ecclesiastiche, scientifiche, letterarie, artistiche dell’Italia colla Russia, Polonia ed altre parti settentrionali, II, Firenze 1839, pp. 29-31; L. von Pastor, Storia dei papi, VI, Roma 1927, ad ind.; P. Guerrini, Una celebre famiglia lombarda. I conti di Martinengo, Brescia 1930, pp. 420 s.; P. Villani, Origine e carattere della nunziatura di Napoli, in Annuario dell’Istituto stor. italiano per l’Età moderna e contemporanea, IX-X (1957-58), p. 325 n. 7; H. Jedin, Storia del concilio di Trento, III, Brescia 1973, pp. 332 s.; IV, 1, ibid. 1979, pp. 122 s.; H.D. Wojtyska, Papiestwo-Polska 1548-1563. Dyplomacja (Papato-Polonia 1548-1563. Diplomazia), Lublin 1977, pp. 54-60; K.M. Setton, The Papacy and the Levant (1204-1571), IV, Philadelphia 1984, p. 580; A. Jacobson Schutte, Pier Paolo Vergerio e la Riforma a Venezia, 1498-1549, Roma 1988, p. 314; H.D. Wojtyska, G. M. un bresciano nunzio in Polonia (1548), in Cristianità ed Europa. Miscellanea di studi in onore di Luigi Prosdocimi, a cura di C. Alzati, I, 2, Roma-Freiburg-Wien 1994, pp. 721-728; D. Squicciarini, Nunzi apostolici a Vienna, Città del Vaticano 1998, pp. 49 s.