NASELLI, Girolamo
– Nacque a Ferrara probabilmente intorno al 1535; il nome dei genitori è ignoto.
Infondata la notizia di una origine savonese di Naselli (Soprani, 1667, pp. 118 s.; Oldoini, 1680, p. 250), il quale si dichiarò sempre ferrarese. La famiglia, che nella città padana possedeva un palazzo (oggi Naselli-Crispi) costruito nel 1537 su disegno di Girolamo da Carpi, aveva da tempo trovato nel servizio per gli Este e negli studi uno strumento di affermazione sociale: nella seconda metà del XV secolo un Francesco Naselli fu segretario di Borso d’Este; un Alessandro e un Ludovico nel 1549 risultano essersi addottorati rispettivamente in utroque iure e in medicina.
Non si hanno notizie sulla formazione, che comunque dovette essere abbastanza accurata per prepararlo, come da tradizione familiare, a ricoprire qualche ufficio nella Cancelleria ducale. Vi entrò verso il 1553 al servizio di Ercole II (nel 1598 ricordava di essere stato «divoto servitore» degli Este «per lo spatio di quarantacinque anni»). Le prime notizie certe risalgono al febbraio 1557: era allora a Roma in veste di «secretario del ambasciatore» presso la S. Sede. Si trovava ancora a Roma il 7 giugno 1559; rientrato a Ferrara, tornò a ricoprire l’impiego di cancelliere nell’amministrazione ducale e di lui non si hanno più notizie per oltre un ventennio.
Non è certo l’incontro con Montaigne quando questi, nel corso del suo viaggio in Italia, il 15 novembre 1580 si recò a ossequiare il duca di Ferrara. Naselli fu però in contatto con i circoli intellettuali di corte e forse con Torquato Tasso, se va identificato con lui il «Nasello» di cui si trova cenno in una lettera del poeta del novembre 1586 (Delle opere, IX, Lettere, Venezia 1737, p. 396); la familiarità del rapido riferimento in una questione che concerneva libri lascerebbe intendere l’esistenza di solidi rapporti tra i due.
Al 1584 risale la redazione di un opuscoletto di sole quattro carte, un breve dialogo tra Silvio e Tirsi, repertoriato sotto il titolo All’illustriss. et reverendissimo monsignor Giulio Canano Cardinale (Ferrara, V. Baldini).
Verso la fine di marzo 1589 accompagnò a Parigi l’ambasciatore estense, che recava le condoglianze al re per la morte di Caterina de’ Medici e ai Guisa per quella di poco precedente di uno dei capi della fazione cattolica, Enrico di Guisa, fatto assassinare da Enrico III il 23 dicembre 1588. L’ambasceria doveva evitare al ducato di Ferrara di essere eccessivamente coinvolto al fianco degli alleati e di impegnarsi in eventuali richieste di aiuto concreto avanzate dalla Lega cattolica; soprattutto doveva cercare di tutelare i possedimenti degli Este in Francia (portati in dote da Renata di Valois-Orléans a Ercole II) e ricevere garanzie in merito dai due partiti contendenti. Naselli si accinse all’incarico con grande scrupolo. A Torino ebbe numerosi abboccamenti con l’inviato francese presso il Granducato di Toscana, in viaggio verso Firenze per assumere l’incarico. A Lione incontrò i figli di Anna d’Este, Carlo Emanuele di Savoia duca di Nemours ed Enrico, marchese di Saint-Sorlin, dai quali cercò di ottenere protezione per non correre il rischio di essere fermato durante il percorso da una o l’altra fazione in guerra. Alla vigilia della morte di Enrico III, la Francia stava vivendo gli ultimi sussulti del conflitto civile e religioso che da decenni contrapponeva cattolici e protestanti. Naselli ebbe modo di approfondire la conoscenza della situazione discutendone con Anna d’Este e con altri protagonisti di parte cattolica, tra cui un Guisa, che lo illuminò «ben distintamente sopra lo stato delle cose di qua» (Campagnoli, 1979, p. 170). Questi colloqui lo misero in condizione di redigere una dettagliata memoria sulle vicende francesi, consegnata al duca di Ferrara al suo rientro in patria (Relatione dello stato degli affari di Francia per il partito dell’unione fatta dal Nasello, in Arch. di Stato di Ferrara, Ambasciatori, agenti e corrispondenti all’estero, A.99).
Fermatosi a Parigi fino a dopo il 13 maggio 1589, prima del 7 agosto era rientrato a Ferrara, dove riprese la sua funzione di cancelliere ducale. Il soggiorno francese non era stato inutile sul piano strettamente professionale: vista l’esperienza acquisita nelle cose di Francia, da allora in poi non avrebbe smesso di occuparsene e di essere interpellato su di esse, divenendo una sorta di punto di riferimento alla corte estense in questo campo. Soprattutto, dal viaggio a Parigi trasse duraturi influssi in campo intellettuale, poiché si diede subito al faticoso lavoro di tradurre in italiano due volumi di cui aveva avuto modo di discutere nella capitale francese. Nel giugno 1590 pubblicò per il tipografo ferrarese Benedetto Mammarello la versione italiana del saggio di René de Lucinge, ambasciatore dei Savoia a Parigi, Naissance, durée et chute des etats (Parigi 1588), con il titolo Dell’origine, conservatione, et decadenza de gli stati, dove sono trattate molte notabili questioni circa lo stabilimento de gl’imperij, et monarchie... Con un Discorso del s. conte Horatio Malaguzzi sopra i cinque potentati maggiori del mondo.
Malgrado il titolo, il volume affrontava essenzialmente lo stato della potenza turca, ne esaminava in dettaglio le condizioni economiche e militari, e si concludeva con la proposta di un piano militare per sconfiggere definitivamente l’avversario e riconquistare le posizioni perdute nel corso degli ultimi secoli. Naselli dimostrò notevole fiuto nello scegliere il testo di Lucinge, che ebbe larga diffusione europea e costituì un testimone importante della questone turca, centrale nell’Europa di fine Cinquecento. Certamente la traduzione, come quella più tarda di uno scritto di François de La Noue, si inseriva nel clima controriformistico dell’Italia del tempo e indirettamente mirava a compiacere il papato, nonché gli ideali cavallereschi e i velleitari disegni di crociata che permeavano la corte di Alfonso II.
Nel novembre 1590 uscì con dedica a Cesare d’Este, futuro duca di Ferrara e di Modena, l’altra e più significativa fatica di traduttore, la prima edizione italiana degli Essais di Montaigne: i Discorsi morali, politici, et militari del molto illustre sig. Michiel di Montagna... Con un discorso se il forastiero si deue admettere alla administratione della republica (Ferrara, B. Mammarello). L’uscita pressoché contemporanea delle due traduzioni costituiva una vera eccezione nel panorama letterario italiano del tempo, che poco si occupava della produzione libraria d’Oltralpe, lasciando intuire un meditato programma editoriale mirato a fornire a un pubblico di gentiluomini della corte ferrarese una sorta di introduzione alle «materie di stato» (Balsamo, 1997, pp. 206, 214).
Per la traduzione degli Essais Naselli operò una drastica selezione e si limitò a tradurre solo 43 dei 94 capitoli complessivi che costituivano l’opera, 31 su 57 del primo libro e 12 su 37 del secondo dell’edizione del 1580, anche se è stato ipotizzato che abbia lavorato su un manoscritto successivo (Raugei, 1991, pp. 42 s., 51). Anche l’ordine originale dei saggi subì più di un rimaneggiamento, nell’intento di riorganizzare in modo più omogeneo e compatto il contenuto. Del resto, fin dal titolo la traduzione italiana dichiarava esplicitamente che l’interesse per le riflessioni dello scrittore francese si concentrava sulla parte più direttamente connessa alla riflessione morale, politica e militare (i cinque saggi di natura militare sono raggruppati e posti a conclusione del volume). Questo approccio è riconducibile al problema della formazione del gentiluomo di corte e dell’uomo di Stato, che imponeva di abbandonare tutte le libere riflessioni di carattere personale e intimo. Più che davanti a una semplice e seppur parziale traduzione, l’opera si presentava dunque come un riadattamento, piegato a una logica latamente politica. Un discorso sulla opportunità di conferire incarichi pubblici a uno straniero, collocato prima dei cinque saggi di carattere militare, era opera di Naselli stesso, sebbene nulla, nel volume, indicasse tale responsabilità, inducendo il lettore italiano a crederlo parte dell’originale.
È stata avanzata l’ipotesi che con la selezione effettuata sul testo degli Essais Naselli mirasse a rendere la sua traduzione accettabile alla censura romana. Di fatto, tra gennaio e febbraio 1600, su richiesta della Congregazione dell’Indice, l’inquisitore di Ferrara esaminò i numerosi passi censurabili dell’edizione ferrarese, segnalandoli a Roma. Tuttavia la traduzione non subì condanne: l’inserimento degli Essais nell’elenco dei libri proibiti sarebbe avvenuto solo nel 1676 e per la sola versione originale francese.
Nel maggio 1594 si trovava a Pesaro, in viaggio verso Loreto in compagnia del filosofo Antonio Montecatini. Pochi mesi dopo gli toccò nuovamente di portarsi in Francia: il 2 gennaio 1595 era a Milano in cerca della strada migliore per evitare le insidie del viaggio. Nonostante l’inclemenza della stagione, giunse a Besançon, dove dovette fermarsi per qualche tempo a causa della caotica situazione che gli impediva di «effettuare le commissioni» non meglio specificate di cui era stato incaricato (Campagnoli, 1979, pp. 172 s.), forse stringere i rapporti con Enrico IV, incoronato alcuni mesi prima, e con la sua nuova corte. Alla fine del 1596 era nuovamente a Ferrara. La salute precaria lo spinse a cercare un impiego meno impegnativo di quello di cancelliere. Tentò di andare a coprire l’incarico di responsabile della Posta vantando la sua «prattica et sperienza» dei «paesi esterni» (ibid., p. 173), ma l’istanza rimase senza seguito. Nel frattempo, la successione di Cesare d’Este ad Alfonso II nella guida del ducato non era stata riconosciuta dal papa: il 13 gennaio 1598 gli Estensi rinunciarono a Ferrara che divenne legazione pontificia, mentre mantennero la propria autorità sul ducato di Modena e Reggio, di investitura imperiale. Di fronte alle difficoltà che incontrava il governo del nuovo duca, in particolare per tutelare i possedimenti in Francia, alla fine del 1598 Naselli offrì la propria «sperienza» acquisita «in tanti anni che ho maneggiato gli affari in quelle parti» e a tale fine inviò a Modena trascrizioni e altra documentazione. Il 3 aprile 1599 venne invitato a trasferirsi presso la corte nella nuova capitale, ma le sue condizioni di salute lo costrinsero a declinare la proposta. Tuttavia, il 7 maggio 1599 gli venne richiesta la sollecita redazione di «una nota ben distinta di tutti i luoghi, beni stabili, et crediti che l’A.S. tiene in Francia» perché il duca voleva servirsene per propaganda politica in una campagna di stampa che prevedeva l’inserimento di parte di quelle informazioni «in un libello in Roma contra i Francesi» (ibid., p. 174).
Nel 1600 diede alle stampe Del modo di vincere i turchi et scacciarli d’Europa con la lega dei prencipi christiani (Ferrara, V. Baldini), tratto dai Discours politiques et militaires dell’ugonotto François de La Noue, editi in francese nel 1587. Il piccolo volume rientrava in uno specifico programma editoriale del tipografo ferrarese che fece uscire dai suoi torchi almeno una decina di volumi tutti dedicati ai turchi. Nel suo scritto La Noue non solo attaccava la politica di contrarre alleanze con gli ottomani perseguita da alcuni Stati europei, ma sosteneva la necessità di una unione tra tutti i principi cristiani, poco importava se cattolici o protestanti, che nel giro di soli quattro anni avrebbe potuto sgominare la minaccia turca. La traduzione di Naselli era sostanzialmente fedele all’originale, eccezion fatta per pochi interventi mirati a stemperare alcune affermazioni non consone a territori cattolici ormai direttamente sottoposti all’autorità papale.
Morì a Ferrara dopo il 1609.
Fonti e Bibl.: R. Soprani, Li scrittori della Liguria, Genova 1667, pp. 118 s.; A. Oldoini, Athenaeum ligusticum seu syllabus scriptorum ligurum, Perugia 1680, p. 250; L. Ughi, Dizionario storico degli uomini illustri ferraresi, II, Ferrara 1804, p. 85; F. Conti, Illustrazioni delle più cospicue e nobili famiglie ferraresi tanto estinte quanto viventi fino all’anno 1800, Ferrara 1852, p. 590; F. Neri, Sulla fortuna degli «Essais», in Rivista d’Italia, XIX (1916), pp. 284-287; R. Campagnoli, Forme, Maniere, Manierismi. Scritti sul Cinquecento (con un’appendice quattrocentesca), Bologna 1979, pp. 167-188; A.M. Raugei, L’onesta infedele. Ancora sulla traduzione degli «Essais» di G. N., in Montaigne e l’Italia, Genève 1991, pp. 35-66; M. Tetel, Idéologie et traduction de G. N. à John Florio, in Montaigne Studies, 7 (1995), pp. 169-182; J. Balsamo, «Il turco vincibile». Un «corpus turc» à la fin du XVI° siècle: La Noue, N., Soranzo, Esprinchard, in Scritture dell’impegno dal Rinascimento all’età barocca, Fasano 1997, pp. 205-216; E. Balmas, Studi sul Cinquecento, Firenze 2004, pp. 620-626; C. Cavallini, N. G., in Dictionnaire de Michel de Montaigne, a cura P. Desan, Paris 2004, pp. 705 s.; J.-R. Armogathe - V. Carraud, Les Essais de Montaigne au Saint Office, in Papes, princes et savants dans l’Europe moderne. Melanges à la memoire de Bruno Neveu, a cura di J.-L. Quantin - J.-C. Waquet, Genève 2007, pp. 88-90; R. Benedettini, Un «Discours politique et militaire» di François de la Noue tradotto da G. N. L’Europa cristiana contro i Turchi, in Studi francesi, 2008, n. 154, pp. 101-113.