PARABOSCO, Girolamo
PARABOSCO (Paraboschi), Girolamo (Gerolamo). – Figlio di Vincenzo, nacque a Piacenza probabilmente nel 1524 e comunque prima del 1526, anno in cui viene ricordato nel testamento del nonno Antonio Alioti o Allotti, detto Paraboschi.
Il padre, in discredito per il suo comportamento irrispettoso e per il matrimonio contratto contro la volontà della famiglia (ignoto il nome della donna), fu diseredato a pro della sorella Angela e nel 1536 si trasferì a Brescia, nominato organista in cattedrale. Dalla prima moglie Vincenzo ebbe Girolamo e una figlia minore di nome Caterina; rimasto vedovo, si risposò ed ebbe altri tre figli: Paolo Camillo, Alessandro e Orsolina.
Girolamo dovette ricevere i primi rudimenti di educazione musicale dal padre, ma si trasferì ancora ragazzo a Venezia, per perfezionarsi con il maestro della cappella ducale di S. Marco, Adrian Willaert. La sua presenza in laguna è attestata dal dicembre 1541, in base a un episodio narrato nei Sopplimenti musicali di Gioseffo Zarlino (Venezia, Franceschi, 1588, p. 326). Ma già nel 1540 egli aveva partecipato con due ricercari alla collettanea di musica strumentale Musica nova (apparsa a Venezia «al segno del Pozzo»), comprendente composizioni di Willaert e d’altri musicisti della sua scuola (la raccolta fu ristampata a Lione da Jacques Moderne intorno al 1550, con il titolo di Musicque de joye). Abile musicista e mondano uomo di lettere, Parabosco poté accedere a importanti circoli intellettuali veneziani; fu protetto dal patrizio Antonio Zantani, animatore di un ridotto musicale cui partecipavano diversi musici marciani, e prese regolarmente parte ai concerti tenuti nella dimora del senatore Domenico Venier, a S. Maria Formosa.
Nel 1541 un madrigale a tre voci del giovane Parabosco comparve nella ristampa del Primo libro di madrigali a tre voci di Costanzo Festa (Venezia, Gardano), arricchito da varie chansons di Clément Janequin e d’altri autori francesi. Un suo Benedictus (senza testo) comparve nel Primo libro a due voci de diversi autori (Venezia, Gardano, 1543). Sintomatica del ruolo di Parabosco nel contesto veneziano è la presenza di quattro madrigali – due a quattro voci, uno a cinque e uno a sei – nel Dialogo della musica del fiorentino Antonfrancesco Doni (Venezia, Scotto, 1544; ed. a cura di G.F. Malipiero, Wien 1965), uno zibaldone di racconti, letture, dispute su argomenti di varia natura, inframmezzati da madrigali e altre pagine di musica conviviale; Parabosco in persona compare tra gli interlocutori della fittizia conversazione.
Nel 1546 diede alle stampe la prima e unica raccolta individuale di musica: i Madrigali a cinque (Venezia, Gardano). La raccolta comprende 20 madrigali a cinque voci e uno a sei voci. Sul frontespizio, l’autore si professa «discipulo di M. Adriano [Willaert]». La dedica al nobile fiorentino Roberto Strozzi mette in evidenza gli stretti rapporti ch’egli ebbe con la comunità dei ‘fuoriusciti’ fiorentini a Venezia, uno dei centri propulsori del madrigale coevo. Il madrigale a sei voci Non dispregiat’ i miserelli amanti (versi di Lodovico Martelli) comparve nello stesso anno anche tra i Madrigali di Verdelot et de altri autori (Venezia, Gardano), mentre Anima bella da quel nodo sciolta (Petrarca) era già uscito nella ristampa del Secondo libro de madrigali a cinque voci di Cipriano de Rore (Venezia, Gardano, 1544).
Parabosco, come gli altri madrigalisti veneziani dell’epoca, accordò una netta preferenza alle rime del Petrarca; ma non mancano versi di Baldassare Castiglione, Claudio Tolomei, Giovanni Muzzarelli, Fortunio Spira, oltre che suoi. Per quanto riguarda le scelte musicali, il debito nei confronti di Willaert è evidente nella condotta contrappuntistica dei madrigali a cinque voci, mentre in quelli a quattro si colgono richiami a Philippe Verdelot, autore apprezzato nei circoli fiorentini di Venezia.
La pubblicazione delle Lettere amorose (Venezia, Giolito de Ferrari, 1545) segna l’inizio della carriera letteraria di Parabosco. La fortuna di questo primo esperimento editoriale – un campionario di formule amorose offerto all’imitazione da parte dei lettori – è testimoniata dai successivi ampliamenti (Libro secondo, Gherardo, 1548; Libro terzo, Griffio, 1553; Libro quarto, Giolito e fratelli, 1554, tutti editi a Venezia) e dalle numerose ristampe sull’arco del secolo (la prima edizione completa è postuma: Delle lettere amorose, Milano, degli Antoni, 1558). Sulla stessa linea si pongono le raccolte poetiche (La prima parte delle rime, Botietta, 1546; Rime, Giolito de Ferrari, 1547; Il primo libro dei madrigali, Griffio, 1551, ed. moderna a cura di N. Longo, Roma 1987; La seconda parte delle rime, Rocca, 1555, tutti editi a Venezia), che assecondano le richieste dei lettori di poesia con sonetti e madrigali di un petrarchismo al limite del concettismo, capitoli burleschi dalla coloritura autobiografica e composizioni di vario metro a carattere idillico e pastorale. D’ispirazione occasionale le ottave encomiastiche in lode delle belle donne veneziane (Il tempio della fama in lode di alcune gentildonne veneziane, Venezia, C. da Trino, 1548). Molte rime di Parabosco vennero riprese nelle sillogi di metà secolo, dalle Rime diverse (Venezia, Giolito de Ferrari, 1545) fino al Secondo volume delle rime scelte (Venezia, Giolito de Ferrari, 1564).
Nel campo del teatro – in un genere assai in vista a Venezia – Parabosco non fu meno versatile e prolifico, con sette commedie in prosa, una in versi e una tragedia. Le prime commedie, tutte edite a Venezia, si susseguirono nel giro di pochi anni (La notte, Botietta, 1546; Il viluppo, Giolito de Ferrari, 1547; I contenti, 1549; L’hermafrodito, 1549; Il marinaio, Griffio, 1550; Il pellegrino, 1552, in endecasillabi sciolti, ed. in Due commedie patetiche del Cinquecento, a cura di A. Lommi, Milano 2008); vennero poi Il ladro (Rocca, 1552) e La fantesca (Alessi, 1557; ed. a cura di A. Lommi, Parma 2005).
Le commedie contaminavano il teatro senese degli Intronati con rifacimenti e adattamenti dal teatro classico; vi si osservano riferimenti alla Calandra di Bernardo Dovizi (il Bibbiena) e spunti da Ruzante e Andrea Calmo. Le trame ripropongono il consueto affollarsi di orfani, travestimenti, scambi di persona, inganni e agnizioni finali, in una struttura piuttosto scollata che spesso accoglie effetti comici da commedia dell’arte ed elementi plurilinguistici e dialettali, non senza riferimenti autobiografici e allusioni all’ambiente veneziano. Frequenti i casi di ripresa e contaminazione delle stesse scene da una commedia all’altra, come pure la trasposizione di una trama nella successiva raccolta di novelle. Sono palesi le implicazioni commerciali di questa produzione, che metteva a frutto anche le abilità musicali dell’autore, come indica l’inserimento di intermezzi musicali (ora perduti) nella Notte, esplicitamente evocati nel dialogo tra Gerardo e Falsetta del terzo atto; la loro presenza è attestata in una rievocazione della prima messinscena della commedia (Cristoforo di Messisbugo, Banchetti compositioni di vivande, et apparecchio generale, Ferrara, Buglhat e Hucher, 1549, p. 93). L’unica tragedia, una Progne (Venezia, Al segno della Cognizione, 1548), si risolve in un fallimento, catafratta in un’ardua versificazione di endecasillabi e settenari rimati.
I diporti (Venezia, Griffio, 1551; ed. in G. Parabosco - G. Borgogni: Diporti, a cura di D. Pirovano, Roma 2005) furono l’opera più fortunata di Parabosco, spesso ristampata fino ai primi del Seicento. Una compagnia di gentiluomini e letterati, sorpresi dal maltempo mentre erano riuniti a pesca in alcuni capanni lagunari, per fugare piacevolmente l’ozio forzato narrano a turno una novella e discutono poi le questioni amorose emerse nella conversazione. La saldezza della cornice narrativa si sgretola ben presto, lasciando spazio a un flusso disordinato di materiali che compongono una piccola enciclopedia dei generi letterari in voga: a diciassette novelle e varie questioni amorose si affiancano una discussione sulla poesia che comprende la recitazione e il commento di rime in vario metro, una riflessione sullo statuto dei motti e una corona poetica in lode delle belle donne veneziane e italiane. L’eterogeneità del contenuto testimonia non tanto la declinante esemplarità del modello boccacciano quanto l’apertura della narrativa agli spunti multiformi offerti dalla coeva proliferazione di generi come il dialogo e il trattato. È probabile che le discussioni rispecchiassero gli interessi del cenacolo culturale che si riuniva attorno a Domenico Venier, cui si ricollegano, con il Parabosco, più o meno direttamente molti personaggi dei Diporti: Girolamo Molin, Federico Badoer, Anton Jacopo Corso, Ercole Bentivoglio, Alessandro Lambertini, Giambattista Susio; ma anche Pietro Aretino, Sperone Speroni e il pittore Tiziano Vecellio. Proprio in ragione di queste frequentazioni accademiche si è voluto riconoscere Parabosco nel giovane musicista raffigurato nella celebre Venere e l’organista conservata al museo del Prado di Madrid (cfr. Caffi, 1854, 1987, p. 82 nota).
Fu anche membro dell’Accademia de’ Pastori Frattegiani, che aveva sede nel castello di Fratta nel Polesine, e dell’Accademia dei Pellegrini di Venezia, istituto più virtuale che reale creato da Antonfrancesco Doni. La versatilità di Parabosco si manifestò anche nella composizione di opere (o lacerti di opere) che si misurano con generi e temi alla moda: una Favola di Adone in ottave (in Lettere amorose. Libro terzo; ed. in Variazioni su Adone, I, a cura di A. Torre, Lucca 2009, pp. 31-51, e in G. Tallini, Ludovico Dolce, Giovanni Tarcagnota, Girolamo Parabosco. Stanze nella favola d’Adone, Roma 2012, pp. 261-282); sempre in ottave due canti di un poema cavalleresco incompiuto (in appendice al Libro quarto delle Lettere amorose); un libretto di oroscopi, indovinelli e cabala (L’oracolo, Venezia, Griffio, 1551).
Gli eventi biografici di questi anni possono essere ricostruiti a partire da alcune indicazioni desumibili dall’epistolario a stampa (Il primo libro delle lettere famigliari, Venezia, Griffio, 1551) e da alcuni capitoli fra il satirico e il burlesco nella Seconda parte delle rime, che lo ritraggono a suo agio fra nobiluomini e cortigiane, dedito a intemperanze, goliardie e dissolutezze, non è chiaro se in ossequio ai paradigmi del genere o alla realtà biografica. Nel 1546 fu a Firenze, ospite del madrigalista Francesco Corteccia; nel febbraio 1548 a Pesaro forse per partecipare, in qualità di commediografo o musicista, ai festeggiamenti per la nascita del figlio di Guidobaldo II d’Urbino e di Vittoria Farnese. In questi anni si dovrebbe situare anche un soggiorno alla corte di Ferrara, suffragato dalla dedica delle Rime (1547) ad Anna d’Este. Nel 1548 Parabosco sposò Diana, figlia di Simon de Antonio, un mercante veneziano della contrada di S. Luca. Nel marzo 1549 era a Brescia per far visita al padre. Fra il 1550 e il 1551 si recò una volta a Verona e più spesso a Padova, dove dovette conoscere l’organista Annibale Padovano, con il quale tenne poi stretti rapporti. Dal 1548 al 1551 furono frequenti i suoi soggiorni a Piacenza per motivi collegati alla tutela dei propri interessi patrimoniali e familiari. La sua situazione economica e lavorativa si stabilizzò nell’estate 1551: il 16 giugno venne bandito il posto di organista della cappella ducale di S. Marco, vacante dopo il trasferimento di Jacques Buus alla corte di Vienna; il concorso si tenne il 22 giugno e vide l’affermazione di Parabosco, assunto con lo stipendio annuo di 80 ducati. Egli entrò così a far parte dei musici della cappella marciana, sotto la direzione di Willaert, accanto all’ormai anziano organista fra Giovanni Armonio, che nel 1557 fu giubilato e sostituito da Annibale Padovano.
L’ultimo soggiorno a Piacenza si colloca nel 1556, quando, morto il padre, Parabosco nominò l’organista Giuseppe Villani suo procuratore per gli interessi economici e per le pratiche ereditarie. In questo periodo dev’essere entrato in contatto con Claudio Merulo, che il 17 settembre 1556 aveva assunto la carica di organista nel duomo di Brescia, vacante dopo la morte di Vincenzo Parabosco. Il 9 aprile 1557 Girolamo fece testamento, nominando erede universale la moglie Diana.
Pochi giorni dopo, il 21 aprile, morì nella sua casa veneziana nella parrocchia di S. Silvestro. Nel 1558 la vedova si risposò con Annibale Padovano. La carica di organista della cappella ducale di Venezia fu assegnata il 2 luglio 1557 a Claudio Merulo. A lui Parabosco avrebbe affidato, prima di morire, alcune lettere, apparse postume nell’edizione dei Quattro libri delle lettere amorose curata da Tommaso Porcacchi (si rinvia alla dedica dell’edizione pubblicata a Venezia nel 1607; cfr. Feldman, 1995, p. 68 nota).
Parabosco avrebbe composto anche alcuni mottetti, oggi perduti: tra questi Ipsa te rogat pietas, che – secondo Fétis (1864, p. 449) – sarebbe stato pubblicato postumo in una raccolta collettanea attualmente irreperibile: Di diversi musici de’ nostri tempi mottetti a quattro, cinque e sei voci (Venezia, 1558). A partire dal 1580, I diporti, Il primo libro delle lettere amorose e Il primo libro de madrigali di Parabosco finirono nell’indice dei libri proibiti (cfr. Bujanda, 1994, IX, nn. 165 e 530).
Fonti e Bibl.: Per la ricostruzione biografica si rinvia a: G. Bianchini, G. P. Scrittore e organista del secolo XVI, in Miscellanea di storia veneta, s. 2, VI (1899), pp. 207-486; F. Bussi, Umanità e arte di G. P., Piacenza 1961 (con bibliografia delle opere letterarie, pp. 467-484); G. Fiori, Novità biografiche su tre letterati piacentini del Cinquecento: Lodovico Domenichi, Luigi Cassoli, G. P., in Bollettino storico piacentino, XCVII (2002), pp. 100-108, 111; G. Parabosco - G. Borgogni: Diporti, a cura di D. Pirovano, Roma 2005, in particolare pp. 34-47 (nota biografica, bibliografia delle opere letterarie e bibliografia critica).
Si segnalano inoltre: L. Di Francia, Novellistica, Milano 1924, I, pp. 705-712; G. Parabosco, Il primo libro dei madrigali 1551, a cura di N. Longo, Roma 1987, pp. 9-33, 35-50; F. Fido, Fra “Decameron” e “Cortegiano”: l’autunno della novella nei ‘Diporti’ del P., in Il paradiso dei buoni compagni, Padova 1988, pp. 75-85; J.M. de Bujanda, Index de Rome: 1590, 1593, 1596: avec étude des index de Parme 1580 et Munich 1582, Sherbrooke 1994; N. Longo, Il sistema letterario nelle “Lettere famigliari” di G. P., in Letteratura e lettere, Roma 1999, pp. 35-66; G. Masi, Coreografie doniane: l’Accademia Pellegrina, in Cinquecento capriccioso e irregolare, a cura di P. Procaccioli - A. Romano, Manziana 1999, pp. 45-85; F. Bondi, “Cantate meco, Progne e Filomena”. Riscritture cinquecentesche di un mito ovidiano, in Parole rubate, 2001, III, pp. 27-62; S. Magnanini, G. P.’s “L’Hermafrodito”, in Monsters in Italian literary imagination, a cura di K. Jewell, Detroit 2001, pp. 203-221.
Per quanto riguarda l’attività musicale: F. Caffi, Storia della musica sacra nella già cappella ducale di S. Marco in Venezia (dal 1318 al 1797), I, Venezia 1854, ed. a cura di E. Surian, Firenze 1987, pp. 80-84; F.-J. Fétis, Biographie universelle des musiciens et bibliographie générale de la musique, VI, 18642, p. 448 s.; G. Benvenuti, Andrea e Giovanni Gabrieli e la musica strumentale in San Marco, 2 voll., Milano 1931-1932, in particolare pp. XLII-LXIV; A. Einstein, The Italian madrigal, I, Princeton 1949, pp. 444-447; Id., The “Dialogo della musica” of messer Francesco Doni 1544, in Music & letters, XV (1934), pp. 244-253; H.C. Slim, The keyboard ricercar and fantasia in Italy ca. 1500-1550, Ph.D. diss., Harvard University, 1961, passim; J. Haar, Notes on the “Dialogo della musica” of Antonfrancesco Doni, in Music & letters, XLVII (1966), pp. 198-224; R.J. Agee, Ruberto Strozzi and the early madrigal, in Journal of the American musicological society, XXXVI (1983), pp. 1-17; Id., Filippo Strozzi and the early madrigal, ibid., XXXVIII (1985), pp. 227-237; R. Edwards, Claudio Merulo, servant of the State and musical entrepreneur in later sixteenth-century Venice, Ph.D. diss., Princeton University 1990, passim; G. Miggiani - P. Vescovo, «Al suono d’una suave viola»: convenzione letteraria e pratica musicale in ambienti accademici veneziani di metà Cinquecento, in Recercare, V (1993), pp. 5-32; M. Feldman, The academy of Domenico Venier, music’s literary muse in mid-Cinquecento Venice, in Renaissance quarterly, XLIV (1991), pp. 476-512; Ead., City culture and the madrigal at Venice, Berkeley 1995, passim; H.C. Slim, G. P., in The new Grove dictionary of music and musicians, XIX, pp. 61 s., New York-London 2001.