PRIULI, Girolamo
PRIULI, Girolamo. – Nacque a Venezia nel 1486 da Alvise di Nicolò, del ramo a S. Sofia, e da Chiara Lion di Giacomo. La giovinezza e parte della maturità di Priuli furono dedicate all’esercizio della mercatura; è noto infatti che fra il 1514 e il 1518 si trovava in Siria e in Egitto.
Così Marino Sanudo, in data 15 settembre 1514: «il morbo a Damasco era miorato, adeo sier Hironimo di Prioli era partito di l’isola [Cipro] e navegato a Baruto» (1887, col. 64); ancora, il 21 febbraio 1518, trovandosi ad Alessandria, si recò al Cairo per risolvere una controversia a motivo di certi danni patiti da mercanti arabi sopra una nave veneziana. Il lungo soggiorno presso i terminali delle spezie valse a fargli conseguire ingenti profitti; se infatti nella dichiarazione di decima del 1537 Priuli denunciava una rendita di soli 781 ducati, in quella del 1566 la sua entrata risultava quasi raddoppiata: 1263,13 ducati.
Il 30 aprile 1520 era comunque a Venezia, dove acquistava l’ingresso in Senato con l’esborso di 500 ducati al termine di una complessa operazione; dopo di che, nel gennaio del 1525 sposò Elena Diedo di Antonio, da cui ebbe un unico figlio, Ludovico (1526-1571), che non avrebbe avuto discendenti.
Poco attratto dalla politica, le cui incombenze preferì lasciare al fratello minore Lorenzo, destinato anche per questa ragione a precederlo nel dogato, Priuli seppe ugualmente rendersi benemerito della patria mediante esborsi di denaro sotto forma di prestiti: nel 1528 per le emergenze della lega di Cognac (1526), il 31 dicembre dello stesso 1528 e poi ancora il 29 aprile 1529 per ottenere nuovamente l’ingresso in Senato. Era la premessa per iniziare la carriera politica, ora che aveva superato la quarantina; da allora Priuli non avrebbe più lasciato Venezia, accettando solo cariche che non lo costringessero ad allontanarsi dalla sua città. Nel 1531 fu così eletto provveditore alle Pompe, magistratura suntuaria che aveva il compito di calmierare le spese pubbliche e gli eccessivi dispendi privati; quindi entrò a far parte della giunta del Senato nell’ottobre del 1532. Il cursus honorum proseguì peraltro saltuariamente, senza un preciso disegno né una meta prefissata: nel 1535 ricoprì la carica di provveditore alle Biave, il 4 ottobre 1539 fu eletto ufficiale sopra gli Atti del sopragastaldo, il 5 ottobre 1540 savio alla Mercanzia, magistratura – questa sì – a lui congeniale e nella quale poteva versare proficuamente, grazie alla diretta esperienza accumulata negli anni giovanili; donde le rinnovate conferme spesso verificatesi alla scadenza del mandato biennale, e cioè il 6 ottobre 1542, il 6 ottobre 1548, il 6 ottobre 1550.
Al saviato alla Mercanzia Priuli alternò la presenza nel Consiglio dei dieci, del quale fece parte nel 1543, 1545, 1547, 1549, 1551, 1552, 1554 forse anche dietro pressione del fratello Lorenzo, che voleva in qualche modo ricompensarlo degli spazi lasciatigli in ambito politico. Divenne inoltre (27 ottobre 1548) uno dei 25 savi incaricati di rivedere l’estimo cittadino; poi, il 3 maggio 1551, fu eletto consigliere ducale per il sestiere di Dorsoduro, dal momento che aveva portato la sua residenza nella contrada di S. Barnaba, e il 2 luglio 1552 venne nominato savio sopra le Lagune, carica che però abbandonò presto per assumere quella di governatore delle Entrate; dopo di che (3 agosto dello stesso anno) divenne provveditore all’Arsenale. Ancora, il 7 ottobre 1553 fu eletto provveditore all’Armamento fino a tutto settembre del 1554; il 29 luglio 1556 divenne conservatore delle Leggi, il 10 ottobre provveditore sopra Beni inculti.
Intanto, nel luglio dello stesso 1556, suo fratello Lorenzo diveniva doge, e fu probabilmente in riconoscimento dell’accresciuto peso politico della famiglia che il 30 maggio 1557 Priuli veniva nominato procuratore di S. Marco de ultra; in seguito fu ancora provveditore all’Arsenale (dal 6 ottobre 1557 fino al 31 marzo 1558) e il 4 febbraio 1558 risultò eletto conservatore delle Leggi.
Il 29 agosto 1559 Lorenzo moriva dopo un breve dogato; fu questa una delle ragioni che indussero a scegliere Priuli quale suo successore, anche se il conclave richiese ben 35 scrutini. Ottenne il quorum richiesto il 1° settembre, e sarebbe vissuto a Palazzo ducale per otto anni sostanzialmente tranquilli sul piano politico: qualche mese prima si era avuta la pace di Cateau-Cambrésis e alla fine del 1563 si sarebbe concluso il Concilio di Trento.
Le cronache gli attribuiscono una presenza maestosa e grave, benché il residente fiorentino fornisca l’impietoso ritratto di «un uomo grosso che non può quasi parlare per haver impedimento ne la lingua» (Tucci, 2014, p. 98). Unanimi sono invece i giudizi sulla sua generosità e religiosità, sensibile al magistero dei gesuiti; nei festeggiamenti seguiti all’elezione, fece distribuire a proprie spese denaro e viveri al popolo e nel 1560, in un periodo segnato da carestia, sollecitò la creazione nelle 70 parrocchie cittadine di altrettanti centri di assistenza per soccorrere i più indigenti. Era stato proprio un gesuita, Benedetto Palmio, a suggerire tale misura, e il doge volle che un altro gesuita, Alfonso Salmeròn, al ritorno dal Concilio tridentino si fermasse a predicare a Venezia nel Natale del 1563.
Morì a Venezia il 4 novembre 1567 all’età di 81 anni e fu sepolto nella chiesa di S. Domenico di Castello, accanto al fratello Lorenzo; nel 1536 aveva infatti provveduto a restaurare l’edificio e l’annesso convento.
Tuttavia il figlio Ludovico (Alvise) volle collocare in altra sede, e precisamente nella più centrale chiesa di S. Salvador, un grandioso monumento al padre e allo zio, benché l’iscrizione ivi apposta falsi l’età del primo, facendolo vivere solo 77 anni e 11 mesi. Un dipinto di Palma il Giovane, che ritrae i due fratelli dogi, è conservato nella sala del Senato a Palazzo ducale e un quadro votivo di Priuli, opera del Tintoretto, si trova nella sala dell’Atrio quadrato, il cui apparato decorativo è volto a esaltare il governo di un doge fedele alle virtù civiche di giustizia, prudenza, rettitudine.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Misc. codd., I, St. veneta, 20: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de’ patritii…, VI, pp. 218, 221, 223, 239; Notarile Testamenti, b. 203, c. 153r (è quello della moglie Elena Diedo, 1531); Dieci savi alle Decime, Redecima 1537, b. 98/836, Redecima 1566, b. 127/591; Procuratori di S. Marco de Ultra, Commissarie, b. 222 (notizie sui beni posseduti); Segretario alle voci, Elezioni in Maggior Consiglio, reg. 2, c. 4, reg. 3, cc. 1, 69; Elezioni in Senato, reg. 1, cc. 20v, 21r, 25rv, 29r, 37v, 39v, 87rv, reg. 2, cc. 40v, 42v, 55v, 72v; Venezia, Biblioteca del Civico Museo Correr, Cod. Cicogna 34784: G. Priuli, Arbore della nobilissima famiglia Priuli…, pp. 140-143; A. Altan, Oratione […] nella creatione del […] principe Girolamo Priolo, Venetia 1560; E.A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, I, Venezia 1824, pp. 109 s; M. Sanudo, I Diarii, a cura di F. Stefani - G. Berchet - N. Barozzi, XIX, Venezia 1887, col. 64; XXVII, 1890, col. 504; XXVIII, 1890, col. 456; XLIX, 1897, col. 318; L, 1898, col. 242.
A. Da Mosto, I dogi di Venezia nella vita pubblica e privata, Firenze 1977, pp. 268-270, 571 s.; M. Fois, Ignazio di Loyola, la Compagnia di Gesù e Venezia tra Riforma e Controriforma, in I Gesuiti e Venezia. Momenti e problemi di storia veneziana della Compagnia di Gesù. Atti del Convegno di Studi. Venezia, 2-5 ottobre 1990, a cura di M. Zanardi, Padova 1994, pp. 206, 215, 220, 225; A.J.-M. Loechel, Le rappresentazioni della comunità, in Storia di Venezia dalle origini alla caduta della Serenissima, IV, Il Rinascimento. Politica e cultura, a cura di A. Tenenti - U. Tucci, Roma 1996, pp. 651-653; F. Rossi, ‘Melior ut est florenus’. Note di storia monetaria veneziana, Roma 2012, pp. 13, 90, 95 s., 119; U. Tucci, Venezia e dintorni. Evoluzioni e trasformazioni, Roma 2014, p. 98.