RAGAZZONI, Girolamo
RAGAZZONI, Girolamo. – Nacque nel luglio del 1536 a Venezia da Benedetto e da Elisabetta Ricci. La famiglia era originaria di Valtorta, nell’alta Valle Brembana.
Molto versato nello studio delle lettere classiche, dalla fine del 1552 Ragazzoni seguì a Venezia le lezioni di Carlo Sigonio. Concentrò su Marco Tullio Cicerone i suoi sforzi, coronati da due precocissime uscite editoriali: pubblicò infatti nel 1555 un commentario alle Epistulae dell’arpinate e l’anno successivo una traduzione in volgare delle Filippiche contro Marco Antonio, dedicate al cardinale Giovanni Morone. Completò gli studi con una laurea in utroque iure a Padova e sotto Paolo IV si trasferì nella corte di Roma, con l’incarico di cameriere pontificio.
La sua carriera non subì contraccolpi dal turbolento periodo romano 1557-59: Pio IV lo nominò il 15 gennaio 1561 vescovo titolare della diocesi in partibus di Naziano (Nevsehir, in Asia minore) e coadiutore del vescovo di Famagosta, situata sulla costa orientale dell’isola di Cipro, dominio della Repubblica di Venezia. Non prese residenza nella diocesi; si recò invece a Trento, dove si svolgevano le ultime sessioni del Concilio aperto nel 1545. Profondo conoscitore della retorica latina, esordì con un’orazione il 4 giugno 1562, in occasione della XX sessione e fu incaricato di tenere il discorso per la chiusura dei lavori (il 3 dicembre 1563), che uscì a stampa.
Ragazzoni si recò quindi a Famagosta, avviando iniziative per l’applicazione dei decreti conciliari. Dovette però procedere con cautela, per la presenza di nuclei consistenti di cristiani di rito greco. Nel luglio del 1570, l’esercito turco sbarcò sulla punta meridionale di Cipro e ne iniziò l’invasione. Caduta il 9 settembre Nicosia, Ragazzoni fu inviato a Venezia per chiedere rinforzi. Partito in novembre e superato il blocco della flotta ottomana, vi arrivò il 19 gennaio 1571 ed eseguì la sua commissione. Famagosta però non ricevette i soccorsi sperati e cadde all’inizio del successivo agosto.
Persa la sua diocesi, Ragazzoni si trovò per qualche tempo inattivo. Mentre il vescovo di Verona Agostino Valier lo raccomandava al cardinale Carlo Borromeo, egli prese l’iniziativa di scrivere al cardinale Guglielmo Sirleto il 17 maggio 1572 per un posto nella Segreteria pontificia dei brevi, nella quale aveva lavorato già durante il pontificato Carafa. Invece, nominato amministratore della diocesi cretese di Kisamos, ricevette diversi incarichi per la visita di importanti diocesi del Centro e del Nord Italia: Ravenna, Cervia, Sarsina, Bertinoro, Pesaro (con breve del 2 aprile 1573); Urbino (con breve del 10 marzo 1574); Milano, Tortona, Alessandria, Alba, Casale, Acqui (con breve del 15 maggio 1575).
Ovunque, anche se per motivi diversi, il contesto che si trovò a fronteggiare non era facile: la nuova normativa tridentina collideva sia con ingerenze consolidate dei governi municipali sugli enti ecclesiastici, sia con antichi privilegi ed esenzioni goduti localmente dal clero. Ragazzoni sapeva però raggiungere risultati concreti: nel territorio del Ducato di Urbino, la visita si concluse nell’ottobre del 1574 con l’emanazione di norme regolamentari; in più, a Cervia e a Urbino egli fece celebrare sinodi diocesani. A Milano incontrò maggiori difficoltà: le ispezioni ai monasteri femminili e al Capitolo del duomo, i progetti di soppressione dei conventi, la visita all’ospedale Maggiore e ad altri luoghi pii sollevarono forti resistenze nel Consiglio generale cittadino. Nondimeno, il suo operato non fu sconfessato dal pontefice. Con la solenne celebrazione liturgica del 6 maggio 1576, la visita della chiesa ambrosiana fu conclusa e Ragazzoni emanò i decreti con le decisioni prese. Egli partecipò infine al quarto concilio provinciale inaugurato dal cardinale Carlo Borromeo il 10 maggio.
Il 19 settembre 1576 Gregorio XIII lo creò vescovo di Novara. Poiché era suddito veneziano, la sua nomina non ebbe il placet del governatore dello Stato di Milano Antonio de Guzmán y Zúñiga, marchese di Ayamonte. La diplomazia pontificia tentò di superare l’ostacolo, ma senza esito. Quindi, Ragazzoni tornò a operare come visitatore apostolico, stavolta nelle diocesi di Savona e Ventimiglia. Il 19 luglio 1577 fu creato vescovo di Bergamo.
Prese possesso della diocesi in ottobre. Iniziò subito un serrato programma di visite, parrocchia per parrocchia, che lo impegnò fino all’aprile del 1581. Una seconda serie di ispezioni fu intrapresa già nel maggio del 1583, dopo tre mesi trascorsi a Roma. Ragazzoni si teneva nel contempo in contatto con il suo arcivescovo metropolita, Carlo Borromeo. Per il settembre del 1583 era prevista una sua visita anche nella diocesi di Verona: Ragazzoni era prossimo alla partenza, ma gli giunse alla fine dello stesso mese la notizia della sua nomina a nunzio presso il re di Francia Enrico III (il quale, peraltro, era stato ospitato a Venezia nel 1574 dal fratello Placido Ragazzoni).
Il Regno, sconvolto da quasi vent’anni dalle guerre di religione, viveva dopo l’editto di Beaulieu (6 maggio 1576) un periodo di pace, minato però da forti tensioni fra i cattolici fedeli al re, i cattolici intransigenti uniti al duca Enrico di Guisa nella Lega cattolica e i protestanti guidati da Enrico di Borbone. Le istruzioni per Ragazzoni, datate 28 settembre 1583, recavano al primo punto la necessità di una sollecita pubblicazione in Francia dei decreti del Concilio di Trento, fortemente osteggiata sia dal Parlamento di Parigi, sia dal clero (geloso delle prerogative della Chiesa gallicana); Ragazzoni avrebbe altresì dovuto vigilare sull’assegnazione di entrate ecclesiastiche da parte del re. Quanto alle questioni politico-diplomatiche, le istruzioni disponevano di favorire il mantenimento della pace con la Spagna, irritata per le mire sui Paesi Bassi del fratello del re (il duca d’Alençon e d’Anjou Francesco di Valois), e di caldeggiare la ripresa della guerra contro gli ugonotti; infine, era particolarmente sollecitata la cura dei rapporti con i cattolici del Regno d’Inghilterra, che Gregorio XIII pensava ancora possibile far tornare sotto l’obbedienza romana.
Ragazzoni arrivò alla fine di novembre del 1583 a Parigi. Subito fu impegnato nel seguire i lavori dell’assemblea dei notabili di Saint-Germain-en-Laye, convocata da Enrico III per la riforma dell’amministrazione del Regno, comprese le istituzioni ecclesiastiche. Ebbe, il 4 dicembre 1583, il primo colloquio con il re e lo esortò a mantenere la pace con la Spagna; nella successiva udienza del 23 gennaio 1584 – nella quale presentò le berrette rosse per due nuovi cardinali francesi (Francesco di Joyeuse e Carlo III di Borbone-Vendôme) – ricordò che dare regolamenti in materia ecclesiastica era obbligo della Sede romana. Probabilmente nella stessa occasione presentò al re un suo scritto contro le Ordonnances di Blois del 1579 (Pro abrogando edicto contra ecclesiasticam libertatem promulgato ac Tridentini Concilii in Regno Francorum publicatione).
Conflitti giurisdizionali si aprirono altresì dopo la morte a Roma – il 12 maggio 1584 – dell’ambasciatore Paul de Foix, che aveva lasciato consistenti benefici ecclesiastici, la cui collazione era contesa fra Enrico III e il papa. Ragazzoni affrontò la questione più volte nei suoi colloqui, ma senza risultati.
Nel febbraio del 1584 egli aveva incontrato il duca d’Anjou. L’atteggiamento del fratello del re gli era parso ambiguo e pessime le sue condizioni di salute: questi morì infatti il 10 giugno 1584. Secondo la legge salica, passava al suo posto nella linea di successione il protestante Enrico di Borbone che, come il nunzio scrisse a Roma il 20 agosto 1584, Enrico III appoggiava sopravvalutando la propria capacità di farlo definitivamente tornare al cattolicesimo. Ragazzoni riferì anche della candidatura al trono del cardinale Carlo II di Borbone-Vendôme, voluta dai Guisa. Su questi ultimi, almeno fino a quando non furono chiari i termini della loro alleanza con Filippo II (conclusa a Joinville il 31 dicembre 1584 e pubblicata il 16 gennaio del 1585), si appuntarono le sue aspettative per una soluzione, ma il quadro si complicò alla fine di aprile del 1585, quando i Guisa fecero uscire una Déclaration con la quale proclamavano la successione al trono del cardinale Carlo di Borbone, annunciavano la guerra ai protestanti, denunciavano gli influssi nefasti dei ministri favoriti del re (Anne duca di Joyeuse e Jean Louis di Nogaret, duca d’Épernon). Era l’inizio della guerra dei tre Enrichi: il re Enrico III, il duca Enrico di Guisa ed Enrico di Borbone.
Poiché circolarono presto voci di una bolla pontificia che escludeva quest’ultimo dal trono e chiamava alle armi contro gli ugonotti, Ragazzoni fu convocato da Enrico III il 3 aprile 1585. Colto sostanzialmente impreparato, egli non poté dare spiegazioni e trasmise il resoconto del colloquio a Roma, dove però il papa era morto il 10 aprile 1585. Continuò quindi a trasmettere informazioni sul conflitto, lamentando che il re sembrava aver ormai perduto il controllo della situazione. Dopo l’elezione di Sisto V (avvenuta il 24 aprile 1585), Ragazzoni fu inizialmente confermato nel suo incarico. Il 19 e il 23 maggio 1585 mandò a papa Peretti due rapporti in latino: Enrico III a suo giudizio stava cedendo alle pressioni dei Guisa, che chiedevano incarichi a corte, piazzeforti di sicurezza e un maggiore impegno nella guerra ai protestanti; d’altro canto, però, proprio la condotta dei capi della Lega e del re (che si diceva avrebbe accettato l’aiuto di Elisabetta d’Inghilterra) mostrava che la lotta non aveva soltanto moventi confessionali. Il 27 maggio, infine, scrivendo per la prima volta al nuovo capo della segreteria pontificia (Gerolamo Rusticucci), espose chiaramente la sua opinione: una mediazione pontificia, anche mediante l’invio in Francia di un legato a latere, avrebbe potuto riavvicinare il re alla Lega cattolica.
Era una prospettiva analitica veramente ingenua. A Roma Sisto V, sollecitato contemporaneamente dai cardinali Luigi d’Este e François de Joyeuse, legati al re, e dai cardinali Nicolas de Pellevé e Charles de Vaudémont, vicini alla Lega, cercava di mantenersi maggiormente in equilibrio. Il 18 giugno 1585, firmò una lettera di sostegno soltanto vago al cardinale Carlo di Borbone, raccomandando nel contempo rispetto per l’autorità del re. Quasi contemporaneamente, decise il richiamo di Girolamo Ragazzoni e la sua sostituzione con l’arcivescovo di Nazareth, Fabio Mirto Frangipani.
Il nuovo nunzio non riuscì gradito a Enrico III. Il 5 luglio ne fu sollecitato il richiamo, insieme con la conferma di Ragazzoni. Il papa non raccolse l’invito e ordinò il 25 luglio l’allontanamento da Roma dell’ambasciatore francese Jean de Vivonne signore di Saint-Gouard, che aveva parlato contro Frangipani. Scoppiò una crisi diplomatica con Roma proprio mentre in Francia la pressione militare dei Guisa aveva costretto Enrico a stringere un trattato con la Lega (a Nemours, il 7 luglio 1585): ne erano scaturiti il riconoscimento formale della successione del cardinale Carlo di Borbone e la revoca degli editti di pacificazione che tutelavano la presenza ugonotta nel Regno. Nel contempo, come Ragazzoni ancora in ufficio riferiva nei suoi dispacci, il re a corto di risorse finanziarie intendeva chiedere il consenso del papa per l’alienazione di parte dei beni temporali della Chiesa.
La sostituzione del titolare della nunziatura non era più in primo piano. Ragazzoni, restato a Parigi, fu confermato in carica. Spettò a lui presentare al re la bolla di scomunica di Enrico di Borbone, stampata il 23 settembre 1585. Eseguì la commissione il 17 ottobre, ricevendo da Enrico III soltanto una replica generica (ovvero che la questione era importante e meritava considerazione).
Un ultimo tema di rilievo della nunziatura Ragazzoni – oltre l’attenzione sempre prestata alle vicende dei cattolici inglesi – riguardò i sussidi finanziari richiesti dal re all’assemblea del clero di Francia, riunita a Saint-Germain-des-Prés il 1° ottobre 1585. Per trattare dell’autorizzazione papale al prelievo (compresa la vendita di beni della Chiesa), egli incontrò sia i delegati dell’assemblea, sia l’arcivescovo di Parigi Pierre de Gondi che si recava a Roma. Sisto V diede effettivamente il suo benestare per il valore di 100.000 scudi, in due tranches, ma il clero si appellò al Parlamento di Parigi e la bolla fu registrata alla fine di marzo 1586 (soltanto per 50.000 scudi di valore). Ragazzoni fu molto impressionato dalla violenza dei conflitti giurisdizionali sempre pronti a esplodere: grazie ai suoi interventi, però, i rapporti fra la S. Sede e il clero gallicano tornarono buoni già alla fine di giugno del 1586.
Con i prelati dell’assemblea del clero egli aveva potuto affrontare anche la questione del recepimento dei decreti conciliari. A riguardo, però, l’opposizione dei consiglieri del re restava molto dura: Ragazzoni non ottenne nulla né dalle due udienze con il sovrano del 22 marzo e del 27 aprile 1586, né dagli ultimi tentativi compiuti tra il giugno e il luglio del 1586. Il 14 luglio 1586 Rusticucci gli diede quindi notizia che Frangipani era partito da più di due settimane e lo istruì sul passaggio di consegne. Ricevuti dal re molti regali, tra i quali un pezzo della ‘vera croce’ in un reliquiario d’oro, Ragazzoni si mise in cammino alla fine di agosto o all’inizio di settembre del 1586. Arrivato a Bergamo, fra il 1587 e la primavera del 1591 riprese le visite pastorali.
Convocato a Roma, all’apertura del conclave seguito alla morte di papa Gregorio XIV, il 27 ottobre 1591, recitò una Oratio ad Sacrum Collegium de Summo Pontifice subrogando. Il neo eletto Innocenzo IX lo nominò quindi visitatore e riformatore dei monasteri femminili di Roma, incarico confermatogli da Clemente VIII, che sembrava sul punto di crearlo cardinale. Tuttavia, contratta una febbre contagiosa, Ragazzoni morì il 7 marzo 1592.
Opere. In epistolas Ciceronis familiares commentarius..., Venetiis, apud Paulum Manutium Aldi F., 1555; Le Filippiche di Marco T. Cicerone contra Marco Antonio, fatte volgari, Venezia, Paolo Manuzio, 1556; Oratio habita in sessione nona, et ultima, sacri Concilii Tridentini, Brixiae, ad instantiam Io. Baptistae Bozole, 1563.
Fonti e Bibl.: Gli atti della nunziatura sono pubblicati in G. R. eveque de Bergame nonce en France: correspondance de sa Nonciature, 1583-1586, a cura di P. Blet, Rome 1962. Per la bibliografia, fino al 1992 si può ricorrere a E. Camozzi, Le visite “ad limina Apostolorum” dei vescovi di Bergamo (1590-1696), I, Bergamo 1992, pp. 90-128 (in partic. pp. 92-94). Più di recente: T. Bottani, G. R. vescovo di Bergamo, Bergamo 1994; E. Camozzi, Il discorso del nunzio G. R. a re Enrico III Pro abrogando edicto contra ecclesiasticam libertatem promulgato ac Tridentini Concilii in Regno Francorum publicatione, in Bergomum, CXIV (1999), pp. 47-89; X. Le Person,“Practiques” et “practiqueurs” la vie politique à la fin du règne de Henri III (1584-1589), Genève 2002, passim; E. Bonora, Giudicare i vescovi, Roma-Bari 2007, passim; J. Boucher, Société et mentalités autour de Henri III, Paris 2007, passim; A. Koller, Le nunziature di G. R. (1583-1586) e Ranuccio Scotti (1639-1641). Le edizioni di Pierre Blet, in Archivum Historiae Pontificiae, XLVIII (2010), pp. 41-53; La visita apostolica di G. R. a Milano (1575-1576), a cura di A.G. Ghezzi, Milano-Roma 2010.