REGIO, Girolamo
REGIO (Riggio), Girolamo. – Nacque a Palermo nel 1545, secondogenito di Simone, di una famiglia del ceto togato locale; il nome della madre non è noto. I suoi avi e i parenti contigui avevano maturato negli uffici del Regno di Sicilia brillanti carriere come deputati del Parlamento, senatori di Palermo e maestri razionali del Real Patrimonio.
Giovanissimo, si laureò in teologia e diritto civile e canonico, prese gli ordini sacerdotali e ad appena ventitré anni, nel 1568, pubblicò a Venezia, nella stamperia dei fratelli Guerra, una grammatica latina dal titolo Linguae latinae Commentarij tres, che ebbe numerose ristampe e gli valse già notevole fama. In seguito si distinse sia per i suoi commentari teologici, sia per la vasta erudizione.
Agli inizi degli anni Settanta del XVI secolo, probabilmente su incarico del Senato di Palermo, di cui in quegli anni il fratello maggiore Giovanni Luigi era componente autorevole, lo troviamo in Spagna, alla corte di Filippo II. Avvicinatosi alla fazione albista, si espresse diffusamente nella difesa delle prerogative della Regia Monarchia nel conflitto che la vedeva opposta in quegli anni al pontefice sulle molte questioni concernenti la giurisdizione ecclesiastica in Sicilia. Entrò così a buon diritto a far parte di quello stuolo di religiosi che a corte, grazie alla confluenza di interessi e conoscenze tra teologia morale e giurisprudenza, furono in grado di dare fondamento dottrinario più saldo alle istanze politiche di rafforzamento della Corona. Ciò gli valse da viatico per entrare tra i componenti della Cappella Reale di Madrid, considerata una tra le maggiori dignità ecclesiastiche del tempo, vera e propria fucina di grandi prelati, tanto da essere egli stesso insignito, nel 1574, dal Consiglio d’Italia dell’arcidiaconato di Agrigento.
Continuò a controllare gli scenari della corte madrilena anche negli anni successivi, ancora una volta in virtù del servizio cortigiano e grazie all’alto grado di produzione teorica di cui fu protagonista. Nell’ottobre del 1583 il Consiglio d’Italia gli assegnò una pensione di 300 scudi sugli spogli delle chiese vacanti in Sicilia. Qualche mese dopo, nel marzo del 1584, Regio diede alle stampe a Madrid il Lathrobius, vel de appetitione Episcopatus, un breve trattato in forma di dialogo, che recava la dedica al re Filippo II e lo speciale privilegio, concesso all’autore dal Consiglio d’Italia, di potere incamerare il ricavato dalla vendita del libro per dieci anni.
Con ampi riferimenti a fonti dottrinarie e giurisprudenziali Regio vi sosteneva le prerogative regie in materia di nomine episcopali e soprattutto l’idea che tali nomine dovessero essere filtrate attraverso una scrupolosa selezione dei candidati, per ricadere sempre su personalità di alto profilo morale e intellettuale. L’opera, di certo richiesta a Regio dallo stesso Filippo II, che ne firmò la prefazione per il tramite del segretario Antonio de Erasso, dovette rappresentare nelle intenzioni dell’autore e del suo illustre committente il supporto teorico a sostegno della discrezionalità della volontà e delle decisioni del sovrano, ogni qual volta questi si fosse trovato a dover scegliere tra molti e diversi aspiranti alle dignità episcopali che si rendevano libere sul mercato degli onori e dei benefici ecclesiastici di pertinenza della Corona. Il libro ne legittimava le iniziative in materia ecclesiastica e con esse l’intero modello politico dell’universalismo della Monarchia cattolica.
Tanta esposizione a favore della Corona gli valse almeno altrettanta gratificazione. A distanza di un anno, Regio faceva infatti ritorno in Sicilia insignito, in data 15 ottobre 1585, della nomina a cappellano maggiore del Regno di Sicilia. Alla carica veniva annesso anche il beneficio di patronato reale, oltre che alquanto lucroso, dell’abbazia di S. Lucia del Mela e soprattutto il compito di avviare in Sicilia quella profonda riorganizzazione della cappellanía reale che Filippo II andava promuovendo contemporaneamente, proprio quell’anno, sia a Madrid, sia nelle altre città capitali dei diversi domini della sua Corona. Toccò a Regio allora introdurre nella Cappella Palatina di Palermo elementi di riforma e riorganizzazione del personale ecclesiastico, regolamentandone il numero, le procedure di nomina, le promozioni e le rendite e meglio definendone compiti e attribuzioni, riforme che rafforzarono il ruolo anche politico del cappellano maggiore e restituirono la Cappella Palatina e la badia di S. Lucia alla piena giurisdizione della Corona.
Morì a Palermo nel 1589. Fu sepolto nella cappella dedicata a S. Giovanni Evangelista, di patronato della sua famiglia, nella chiesa di S. Francesco d’Assisi a Palermo, dove fu apposta anche una lapide in sua memoria. Per secoli fu ricordato tra gli scrittori e i poeti che resero illustre la Sicilia.
Fonti e Bibl.: Ginevra, Bibliothèque publique, Collection Édouard Favre, ms. 34: Recueil de consultes du conseil d’Italie présentées à Philippe II par Mateo Vasquez, secrétaire du roi (1582-83), cc. 572, 632.
A. Inveges, Palermo nobile, parte terza degli Annali, Palermo 1651, p. 161; A. Mongitore, Bibliotheca Sicula, sive de scriptoribus siculis, I, Panormi 1707, p. 285; R. Pirro, Sicilia sacra disquisitionibus et notiis illustrata, II, Panormi 1733, pp. 1349 s.; G.M. Carafa, De Capella Regis utriusque Siciliae et aliorum principum, Romae 1749, p. 441; Nuovo Dizionario Istorico, ovvero Storia in compendio di tutti gli uomini che si sono resi illustri, XVI, Bassano 1796, p. 275; R. Gregorio, Dritto pubblico ecclesiastico in Sicilia per tutto il secolo XVII, in Giornale di scienze, letteratura ed arti per la Sicilia, XIII (1826), p. 166; G. Abbadessa, Gli Elogi dei poeti siciliani scritti da Filippo Paruta, in Archivio storico siciliano, XXXI (1906), p. 160.