SORBOLI, Girolamo
– Nato a Bagnacavallo da una famiglia della nobiltà locale probabilmente tra il 1545 e il 1550, le scarse notizie biografiche che lo riguardano si ricavano principalmente dalle sue opere.
Laureato in medicina e filosofia, non si conoscono i dettagli del conseguimento del titolo. Nelle sue opere si firmò medico e filosofo, e spesso anche teologo, per motivi legati sia al contenuto dei suoi scritti sia ai dedicatari, e svolse la funzione di medico condotto nelle città romagnole di Massalombarda, Bagnacavallo e, negli ultimi anni della sua vita, a Brescello, tutte sotto il controllo degli Estensi di Ferrara.
Sul finire del 1575 Sorboli divenne il medico di Massalombarda con un contratto di cinque anni. Nella sua prima opera a stampa, il Discorso del vero modo di preservare gli huomini dalla peste, scritta nel 1577 in occasione dell’epidemia del 1575-77, fece un velato riferimento a un importante contenzioso con alcuni suoi parenti per quanto riguardava l’eredità paterna, e citò la circostanza anche come causa dell’abbandono della città natale e dello studio delle lettere. Il breve trattatello è dedicato a Francesco d’Este, zio di Alfonso II e signore di Massalombarda. Il Discorso uscì per i tipi di Giovanni Rossi di Bologna, editore di successo, il che fa pensare che Sorboli coltivasse buoni rapporti con la città felsinea.
L’anno dopo, nel 1578, l’editore Baldini di Ferrara – stampatore camerale ed editore delle opere di Torquato Tasso – pubblicò il Dialogo in materia delle comete composto sulla scorta dell’apparizione di due comete nel 1577. La dedica in questo caso fu scritta da Giovanni Antonio Vandali a Giovanni Paolo Porti. Vandali, cognato di Sorboli, fu un personaggio importante nella sua vita, e probabilmente lo introdusse negli ambienti culturali ferraresi.
Nativo di Bagnacavallo, dottore in legge e amico di Tasso, apparve anche come autore di un sonetto per la fortunatissima Piazza di un altro bagnacavallese, Tommaso Garzoni; fu infine autore di una raccolta di Rime pubblicate a Reggio nel 1595.
L’autore fece di nuovo riferimento ai problemi legati alla riscossione dell’eredità paterna, che non doveva essere da poco, visto che i Sorboli risultano proprietari di due palazzi a Bagnacavallo nel XVII secolo. Sorboli era anche in buoni rapporti con il ravennate Tommaso Tomai, medico condotto a Massalombarda prima di lui, che citò il Dialogo nella sua fortunata enciclopedia scientifica popolare intitolata Idea del giardino del mondo (1582). A Massalombarda Sorboli acquisì fama di letterato oltre che di medico. Nel 1578 venne infatti incaricato dalla comunità di redigere l’orazione funebre per la morte di Francesco d’Este.
Il 1° ottobre 1579 il Consiglio degli anziani di Bagnacavallo registrò il contratto, della durata di dieci anni, di Sorboli come medico condotto (Bagnacavallo, Archivio storico del Comune, Sezione antica, s. 6.1, vol. 1, p. 148v). Nell’ottobre del 1580 egli si ripresentò al Consiglio per chiedere un aumento, che ottenne: «Et così fu determinato per tutto il Consiglio che detto signor Medico habbia ad havere per suo salario per il tempo che vivrà havendo la sua condotta lire cinquecento computato in quello l’affitto della casa et ogni altra cosa» (p. 170r). Nel giugno del 1581 Vandali chiese a nome del cognato che non venisse sottoposta a ballottazione la riconferma della condotta (p. 179rv).
Sempre presso l’editore Baldini di Ferrara, Sorboli pubblicò nel 1581 le Rime spirituali, con dedica a Battista Montecatini, «Fattor Generale dell’Altezza Serenissima di Ferrara» diventato signore di Massalombarda. Le liriche sono di argomento strettamente teologico e riguardano temi come la conoscenza di Dio, la creazione del mondo e l’essenza della Trinità. Nel 1585 pubblicò, in occasione dell’elezione al soglio pontificio di Sisto V, una Orattione alla Christianità, sopra il grandissimo pontefice Sisto quinto. Da notare che Sorboli si firmò anche «theologo», non solo medico. La dedica era per il cardinale Montalto, ovvero Alessandro Damasceni Peretti, nipote del neopontefice. Il contenuto dell’orazione era encomiastico, ma più rivolto al potere temporale che a quello spirituale del papa.
Verso la metà degli anni 1580 Sorboli era in cerca di protettori a Ferrara e Ravenna, e si rivolse a tutte le autorità con cui pensò di poter entrare in contatto. Evidentemente puntò molto sull’elezione di Sisto V e partecipò all’usuale frenesia clientelare che seguiva all’elezione di un papa. Appare anche chiaro che a questo scopo scelse di porre in primo piano le sue doti di letterato più che quelle di medico e filosofo naturale, e tentò di accreditarsi come scrittore devoto, attento ai dettami controriformistici.
Infatti negli stessi anni l’attività letteraria di Sorboli si intensificò e si diversificò. Nel 1586 pubblicò una favola pastorale, Celestina, e una tragedia, Camaldo, rispettivamente per i tipi di Baldini di Ferrara e Francesco Tebaldini di Ravenna (stampatore camerale nella città romagnola, parte dello Stato pontificio). La Celestina fu dedicata ad Alfonso Montecatini. Il Camaldo venne invece dedicata al cardinale Decio Azzolino, molto vicino alla cerchia di papa Sisto V e del cardinale Montalto. Queste prove letterarie non furono molto fortunate, ricordate en passant dai repertori eruditi del XVII e del XVIII secolo. Un figlio di Sorboli, Cristoforo, dedicò un altro elogio a papa Sisto V intitolato Regno del grandissimo e beatissimo pontefice Sisto V nel 1586, anch’esso pubblicato a Ferrara da Baldini. Nel 1589 Sorboli compose una Canzone nella venuta del Serenissimo donno Alfonso II in Romagna.
Non ci sono altri elementi per capire cosa sia successo tra il 1586 e il 1590, quando egli si trasferì a Brescello, di nuovo come medico condotto.
Proprio nel 1590 Sorboli pubblicò le Lettioni sopra la definitione d’amore, posta dal gran filosofo Platone nel libro chiamato il Convito presso i tipi di un editore minore di Modena, Paolo Gadaldino. La dedica, scritta nel luglio del 1590, era rivolta a Paolo Emilio Boschetti, governatore di Brescello e vicinissimo agli Estensi. Si tratta di un commento al Convito di un platonismo cristianizzante e commisto a elementi aristotelici, influenzato dall’insegnamento di Francesco Patrizi, allora professore di filosofia a Ferrara. Questo testo ebbe una certa fortuna, dal momento che venne ristampato a Venezia, evidentemente in edizione pirata, su iniziativa di Flavio Candidi dall’editore Girolamo Polo nel 1592. La comunità di Brescello lo invitò anche a comporre una Canzone nella creatione di Gregorio XIII, pubblicata nel 1591, l’ultima traccia che rimane della sua vita.
La data della morte di Sorboli, come ipotizzato con buone ragioni da Marina Calore (1982), non deve essere posteriore al giugno del 1591. Infatti, ci fu allora a Brescello un incontro tra Ranuccio Farnese e Vincenzo Gonzaga, ma il letterato ufficiale del luogo non scrisse nulla per l’occasione.
Le opere scientifiche di Sorboli sono un monumento alla medietà. Nel Discorso sulla peste, egli dedicò ben sei pagine alla giustificazione della peste come punizione divina, prima di passare alla sua specialità, cioè il ‘corporal rimedio’ secondo i precetti di Ippocrate, Avicenna e Galeno. Seguiva un’esposizione canonica dei principi della dietetica, o igiene, classica, che consisteva nel mantenere una complessione bilanciata attraverso l’uso corretto dei cosiddetti sei non-naturali. Al piccolo compendio del sistema umoralista seguiva una discussione altrettanto tradizionale delle cause della peste, che venivano fatte risalire a una ‘corruzione dell’aere’ di origine astrologica. Un regime adatto ai tempi di sospetta peste, e un’ultima parte contenente un ricettario di farmaci, unguenti e suffumigi contro l’epidemia completavano il volumetto.
Il Dialogo sulle comete è l’opera più interessante, e alterna l’esposizione della filosofia naturale aristotelica con una marcata preoccupazione astrologica per la cometa come presagio di sventure e ammonimento divino. Sorboli partiva dai filosofi greci e seguiva pedissequamente i Meteorologica di Aristotele, il quale aveva confutato l’opinione dei filosofi presocratici, secondo i quali la cometa era un aggregato di stelle, oppure era data dalla congiunzione dei pianeti, o ancora era un riflesso della luce del Sole sui pianeti. Nell’opera non c’è traccia di copernicanesimo, e Sorboli appare come un Aristotelico ortodosso.
Aristotele credeva che le comete non fossero pianeti né stelle ma esalazioni provenienti dai pianeti, masse di aria riscaldata, essiccata e resa luminescente dal calore, che si muoveva in circolo seguendo le sfere degli astri. Le comete del 1577 ebbero in realtà una grande importanza nella storia dell’astronomia. Tycho Brahe considerò la cometa, che aveva attirato l’attenzione di un grandissimo numero di astronomi e osservatori e che rese possibile un intenso scambio di informazioni, come un corpo astronomico e non come un fenomeno atmosferico. Brahe comprese anche che la cometa era molto più lontana dalla Terra di quanto non fosse la Luna usando il metodo del calcolo della parallasse messo a punto da Regiomontanus. In ogni caso, la maggior parte della letteratura sulle comete del 1577 riguardava la teologia, la religione, e la ricerca di segni per avvenimenti futuri; al contempo, segnò anche uno dei primi tentativi da parte degli scienziati di combattere le credenze religiose in nome dell’osservazione della natura. Questo scritto di Sorboli appartiene dunque a quel genere di letteratura sulla cometa scritta da astrologi amatori, che non erano in grado o non volevano effettuare osservazioni astronomiche, secondo una distinzione tra astronomi professionisti e non professionisti che cominciò a delinearsi proprio a partire dalle comete del 1577. Sorboli per la parte astronomica si limitò infatti a citare i testi classici, mentre dedicò ampio spazio al fatto che le comete «sovente annunciano guerra, peste, terremoto, venti grandissimi, flutti, inondationi, e diluvij (per così dire) d’acque, morte, e nascimenti de Prencipi, mutationi di Regni, e stati, mutationi di leggi, carestie, e fami, e simili» (Dialogo..., cit., p. 32).
Fonti e Bibl.: Bagnacavallo, Archivio storico del Comune, Sezione antica, s. 6.1, vol. 1: Consilia ab anno 1571 usque ad annum 1587.
Rime scelte de’ poeti ferraresi antichi, e moderni. Aggiuntevi nel fine alcune brevi notizie istoriche intorno ad essi, Ferrara 1713, p. 582; I.G. Graziani, Notizie istoriche della chiesa arcipretale di S. Pietro in Sylvis di Bagnacavallo ordinate, accresciute, ed illustrate da Itelco Medonico A. P. Aggiuntavi una lettera del dott. Dionisio Andrea Sancassani, Venezia 1772, p. 88; A. Mori, Gli uomini illustri di Brescello e sua antica castellanza, Brescello 1929 pp. 33 s.; C.D. Hellman, The comet of 1577: its place in the history of astronomy, New York 1944; L. Ughi, Dizionario storico degli uomini illustri ferraresi. Bologna 1969, pp. 414 s.; M. Calore, Un medico letterato della Romagna estense: G. S. da Bagnacavallo, in Studi romagnoli, 1982, vol. 33, pp. 53-71; P. Lasagna, La pastorale drammatica fra Tasso e Guarini, tesi di dottorato, Università di Verona, a.a. 2005-06, pp. 15, 88, 105, 149, 200; F. Gàbici - F. Toscano, Scienziati di Romagna, Milano 2006, p. 342; Dizionario degli editori, tipografi, librai itineranti in Italia tra Quattrocento e Seicento, a cura di R.M. Borraccini et al., Pisa-Roma 2013, I, pp. 56-58, II, pp. 442 s., III, pp. 873 s., 989 s.