ULLOA CALÀ, Girolamo
Generale e patriota napoletano, nato nel 1810 e morto a Firenze il 10 aprile 1891. Compiuti gli studî alla "Nunziatella" e al Politecnico, nel 1831 fu nominato alfiere d'artiglieria. Nel '33, implicato col fratello Antonio nella congiura Rossaroll, venne arrestato e processato; assolto e riammesso nell'esercito, si dedicò agli studî militari. Capitano d'artiglieria, nel marzo del '48 fu consigliato a chiedere un congedo di sei mesi per essere stato il promotore di una protesta di non far fuoco sul popolo "se non a sostegno della libertà sancita dalla costituzione". Eletto deputato della provincia di Napoli, preferì seguire, al comando di un battaglione di volontarî, Guglielmo Pepe e prese parte alla difesa di Venezia. Ivi per il valore dimostrato, specialmente nella difesa del porto di Marghera, raggiunse il grado di generale. Dopo la caduta della città, seguì Manin nell'esilio a Parigi, dove, salvo un breve periodo di soggiorno a Genova e a Torino, dimorò per un decennio. Nel '59 ebbe il grado di generale nell'esercito piemontese e subito dopo passò nell'esercito toscano come comandante in capo. Ma dopo pochi mesi, sospettato a torto di favorire le aspirazioni di Girolamo Napoleone al trono di Toscana, fu costretto ad abbandonare il comando. Amareggiato, nutrendo rancore contro le alte gerarchie piemontesi, ebbe il torto di ritornare a Napoli e di riavvicinarsi ai Borboni. Espulso dalla città, dopo l'annessione, dal luogotenente Cialdini, raggiunse l'ex-re a Roma, senza però prendere parte ai preparativi per la reazione, e rifiutando le onorificenze offertegli da Francesco II. Invano più tardi, nel 1866, sollecitò il richiamo nell'esercito italiano; l'onore di combattere contro gli Austriaci gli fu rifiutato; gli venne elargita invece la pensione di ritiro. Stabilitosi a Firenze si dedicò completamente agli studî: fortunose vicende, malintesi o preconcetti politici valsero a sviare i suoi sentimenti di italianità, mentre generosamente aveva cooperato e sofferto per il risorgimento della patria comune; la sua partecipazione agli ultimi consigli di guerra dello sfortunato Borbone e la sua dimora presso la corte nell'esilio romano, non possono, comunque, cancellare l'eroica partecipazione alla difesa di Venezia e i dieci anni d'esilio dignitosamente sofferti.
Dei suoi moltissimi scritti militari, saldo documento, non solo di capacità tecnica, ma di acutezza nel giudizio politico, ricorderemo soltanto il Sunto della tattica delle tre armi (Napoli 1838); Le istruzioni sul tiro delle artiglierie (1847); Dell'esercito napoletano (1848); i Brevi cenni sulla spedizione del corpo d'esercito napoletano nell'ultima guerra d'Italia (che è una difesa della condotta del Pepe in risposta alle accuse di Pier Silvestro Leopardi; Torino 1857); La storia dell'arte della guerra e, più importante fra tutti, La guerre pour l'indipendance italienne en 1848 et 1849 (Parigi 1859). Dell'ultimo periodo della sua vita sono: L'esercito italiano a Custoza: Gli eserciti e la politica degli stati: La guerra tra Prussia e Francia: Nuova strategia prussiana; Dell'indole bellicosa dei francesi; I due sistemi di difesa d'Italia: Dei tempi contrari al sorgere dei grandi capitani, ecc.
Bibl.: G. Ferrarelli, Memorie militari del Mezzogiorno d'Italia, Bari 1911; G. Doria, La vita e il carteggio di G. U., Napoli 1929. Per la congiura Rossaroll: M. Mazziotti, La congiura dei Rossaroll, Bologna 1920.