VIANELLO, Girolamo
– Nacque probabilmente nel settimo decennio del XV secolo a Chioggia, donde la famiglia era originaria, o forse a Venezia, dove tra Quattro e Cinquecento un Michele Vianello fu rinomato collezionista di opere d’arte. Nulla sappiamo dei genitori né della giovinezza di Girolamo, se non che fu mercante e apprese la lingua araba; i primi dati certi che abbiamo di lui li dobbiamo a Marino Sanudo, il quale annotò come Vianello, il 12 aprile 1499, fosse giunto a Venezia con lettere del re di Spagna dirette alla Signoria relative all’acquisto del sale nelle Baleari; aggiunge inoltre che lo stesso Vianello ebbe udienza presso il Consiglio dei dieci cui doveva comunicare «cosse secrete per parte de l’Infante d’Aragon» (I Diarii, a cura di R. Fulin et al., II, 1879, col. 638).
Per essere ricevuto in Collegio e dai Dieci, evidentemente Vianello doveva essere noto non soltanto come conoscitore dell’arabo, ma anche quale persona informata e che riscuoteva la fiducia del re Ferdinando; probabilmente, quindi, l’esercizio del commercio l’aveva posto in grado di muoversi negli ambienti più qualificati della corte aragonese. E come mercante il 4 ottobre dello stesso 1499 si trovava sulla ‘muda’ di Barbaria dove, sostando a Modone nel Peloponneso, aveva fatto seppellire il compatriota Albano d’Armer, ucciso dai turchi.
Fu dunque grazie ai proventi del commercio, opportunamente valorizzati, che Vianello ebbe modo di farsi conoscere presso la corte spagnola; secondo Carlo Bullo (1863, p. 14), infatti, nel 1504 egli si trovava a Medina del Campo per proporre alla regina Isabella e all’arcivescovo di Toledo Francisco Jimenez de Cisneros – confessore della regina e fra i principali artefici della reconquista, che intendeva completare portando le armi spagnole nell’Africa musulmana – l’acquisto di splendidi gioielli. Non se ne fece nulla, anche perché Isabella morì di lì a poco, ma Jimenez (che pure si era rifiutato di comperare il diamante propostogli da Vianello, dicendo che, con i 5000 scudi richiesti, poteva soccorrere cinquemila poveri) ebbe modo di apprezzare la conoscenza che il veneziano dimostrava di avere della costa africana e in particolare della zona di Orano.
La conquista dei porti algerini prospicienti il litorale spagnolo a sud di Valencia rientrava infatti da tempo nei progetti del futuro cardinale, che nel settembre del 1505 organizzò una spedizione, cui partecipò anche Vianello, che si concluse con la conquista di Mars-el-Kebir, come riporta Sanudo: «[...] fo letere di Spagna di 4 octubrio. Avisa il modo l’armada ave Mazachibir in Barbaria, a dì 17 septembrio, sì come Hironimo Vianello, qual fo con ditta armata, à referido» (I Diarii, cit., VI, 1881, col. 249).
Un anno dopo Vianello si trovava a Burgos, donde poteva riferire a Venezia la morte del re Filippo il Bello (25 settembre 1506) e di lì a poco, con lettera spedita il 17 novembre, raccontava l’evasione del Valentino (Cesare Borgia) dal castello della Mota a Medina del Campo, «el qual se callò per una corda da i merli; et havia intelligentia di vardiani, uno di quelli che fo primo a farli la strata, perché la corda era curta, fino a terra passa 8. Dito vardian, come fo a la fin, si lassò andar, adeo rimase scavezato le gambe lì in terra, et la matina fu trovato, et fo squartato; el duca veramente saltò, e non si fè mal [...], et subito montò su uno cavallo et fuzite via» (ibid., col. 506). Pressoché contemporaneamente, in attesa dell’arrivo da Napoli di Ferdinando, padre della regina, il veneziano fu incaricato di provvedere alla sicurezza della vedova Giovanna.
In seguito Vianello propose a Ferdinando di ripetere l’impresa africana e, non possedendo il re i mezzi finanziari necessari, intervenne Jimenez, mettendo a disposizione della spedizione il tesoro del capitolo di Toledo, il che gli sarebbe valso il cappello cardinalizio.
L’armata, forte di ventimila soldati, partì da Cartagena solo il 16 maggio 1509 sotto il comando di Pedro de Navarra, e Vianello, ai cui ordini militavano tremila uomini, prese parte alla conquista di Orano, ottenuta dopo una cruenta battaglia, mentre Jimenez rimase in patria. L’anno successivo Navarra rinnovò l’impresa partendo dalle Baleari e riuscì a conquistare Bugia nel gennaio del 1510, quindi il Peñon di Algeri, ma non tutta la costa; successivamente – riporta Sanudo in base a lettere spedite il 5 giugno dal console a Palermo, Pellegrino Venier – Navarra si volse a est, avendo al suo fianco «missier Hieronimo Vianello [il quale] con 18 bandiere è sopra l’armata con optima fama» (M. Sanudo, I Diarii, cit., X, 1883, col. 678). Giunti gli spagnoli nei pressi di Tripoli, Vianello sbarcò in un luogo nascosto del litorale per contattare, data la sua conoscenza della lingua, qualche persona del posto che potesse suggerire un approdo sicuro per la flotta, ma l’imperizia dei piloti spagnoli fece fallire l’impresa.
Accanto a tanti indubbi meriti, che gli valsero il grado di colonnello e il conferimento dell’Ordine di Calatrava, Vianello non fu però esente da gravi colpe, soprattutto a motivo del suo carattere duro e collerico, assieme a un’eccessiva avarizia; riporta Bullo (1863, p. 17) che il veneziano, in combutta con Navarra, si era impadronito di buona parte dei raccolti di frumento per poi venderli a caro prezzo alla popolazione di Orano e che ai soldati faceva distribuire farine deteriorate. Donde il risentimento delle truppe e contrasti con i loro ufficiali, non di rado sfociati in alterchi, in uno dei quali Vianello rimase ferito alla testa.
La ricostruzione più attendibile della sua fine, che fu violenta, ci è offerta da Nardo Naldoni (in Atti del primo Congresso, 1931, pp. 273 s.), che la sfronda dagli elementi fantasiosi presenti, in maggiore o minore misura, nei racconti di precedenti autori: «La sua morte sembra sia stata dovuta al rancore di un alfiere spagnolo. Nel 1511, mentre la squadra spagnola, reduce dalla sconfitta dell’isola delle Gerbe, era sulla via del ritorno, il Vianello, insieme con 400 uomini, sbarcò nell’isola di Kerkenna per far rifornimento di acqua e, contro il parere del generale Navarro, volle, con gli uomini, passare la notte nell’isola; un alfiere spagnolo, cogliendo questa occasione, informò i mori dell’intenzione del Vianello; al primo albeggiare gli indigeni, in forze, attaccarono gli spagnoli [...]. Vianello fu visto combattere animosamente, ma, ad un tratto, scomparire tra gli aggressori».
Era il 25 febbraio 1511, come sappiamo da Sanudo (I Diarii, cit., XII, 1886, col. 129), che riporta quanto riferito, giusto un mese dopo, dal console veneziano a Palermo: «È sta vero de la morte de Hironimo Vianello, fu morto a le Cherche; àlli trovato summa de oro assai». Fu dunque la durezza con cui Vianello trattava i suoi uomini, unitamente all’avarizia che lo induceva a defraudarli di parte delle prede loro spettanti, e addirittura a risparmiare sulle vittuarie, a causare il risentimento dei soldati, che approfittarono di un’occasione favorevole per tradirlo.
Fonti e Bibl.: M. Sanudo, I Diarii, a cura di R. Fulin et al., I-LVIII, Venezia 1879-1903, II, coll. 609, 638, III, col. 14, IV, col. 298, VI, coll. 249, 447, 506, 513, 521, 533, 536, 539, VII, coll. 50, 271, X, col. 678, XII, col. 129.
E. Fléchier, Istoria del cardinale Ximenes, I, Venezia 1721, pp. 210, 219, 286 s., 355-358, 371, 385, 388 s., 424, 431-433; C. Fleury, Istoria ecclesiastica [...] tradotta dal francese da [...] Gasparo Gozzi, XVIII, Firenze 1772, pp. 74, 76; C. Bullo, Degli uomini illustri della famiglia Vianelli di Chioggia, Chioggia 1863, pp. 13-18; Atti del primo Congresso di studi coloniali, II, 1, Firenze 1931 (in partic. N. Naldoni, Un italiano nel Nord Africa con Carlo V: G. V., pp. 269 s., 273 s.; Id., La dominazione spagnola a Tripoli, pp. 275 s.); G. Lucchetta, Viaggiatori e racconti di viaggi nel Cinquecento, in Storia della cultura veneta, III, 2, Dal primo Quattrocento al Concilio di Trento, a cura di G. Arnaldi - M. Pastore Stocchi, Vicenza 1980, pp. 437-439.