GISELLA di Baviera, Regina di Ungheria
Figlia del duca Enrico di Baviera e di Gisella di Burgundia, G. nacque nel 985 ca. presso Ratisbona; nel 995-996 si unì in matrimonio con Stefano I, re di Ungheria, e con lui ebbe un ruolo importante nell'opera di conversione della popolazione magiara. Dopo la morte di Stefano, nel 1038, G. fu fatta prigioniera dal successore al trono Pietro Orseolo e in seguito liberata dall'imperatore Enrico III; nel 1042 si ritirò nel monastero bavarese di Niedernburg (Passavia), di cui divenne badessa e dove morì nel 1060. All'interno dell'abbaziale è tuttora conservata la lapide tombale con l'iscrizione "Gisula Abbatissa".Nel 1006 G. donò per la tomba della madre, nell'abbazia di Niedermünster a Ratisbona, una croce d'altare (Monaco, Schatzkammer der Residenz), prodotta da un'officina ratisbonese, costituita da un'anima lignea ricoperta di lamine d'oro, la cui parte frontale reca il Cristo fuso in oro e ai suoi piedi G. e sua madre inginocchiate. Il bordo della croce è decorato con smalti, perle, gemme e filigrane, secondo una tecnica usata anche nella legatura dell'Evangelistario della badessa Uta (1020 ca.), raffinata opera di oreficeria della scuola di Ratisbona (Monaco, Bayer. Staatsbibl., Clm 13601). Intorno alla figura di Cristo corre l'iscrizione, che ricorda il nome della donatrice: "Ecce salus vite per quam mors mortua morte unde suae matrisque animae poscendo salutem hanc regina crucem fabricari Gisila iussit quam si quis demit hinc damnetur morte perenni". La parte posteriore, anch'essa bordata da smalti, perle e filigrane, presenta l'immagine di Cristo intorno al quale sono quattro medaglioni con simboli degli evangelisti e girali vegetali in repoussé; l'iscrizione posta in basso ripete il nome della donatrice e chiarisce la funzione commemorativa della croce: "Hanc crucem Gisila devota regina ad tumulum suae matris Gisilae donare curavit".Nel 1031 G. e Stefano I donarono una casula di seta porpora ricamata in oro (Budapest, Magyar Nemzeti Múz.) all'abbazia reale di Székesfehérvár, prima dell'inizio della sua costruzione. La motivazione del dono sembra risiedere nella conclusione della pace tra Ungheria e Baviera sancita proprio nel 1031 (Kovács, 1958), piuttosto che nella commemorazione della morte del figlio Emerico, come in genere si era ritenuto. La decorazione si distribuisce su tre fasce semicircolari divise al centro da una croce a forma di Y, sulla quale risalta la figura di Cristo trionfante racchiusa in una mandorla. Nelle tre fasce compaiono, nell'ordine, figure di profeti, di apostoli e busti dei primi martiri della Chiesa all'interno di medaglioni, accompagnati da iscrizioni con i loro nomi; nella zona superiore, tra i due bracci della croce, sono rappresentati, entro mandorle sorrette da angeli e circondate dai simboli degli evangelisti, la Vergine e S. Giovanni; lungo i bracci della croce si trovano piccoli tondi con busti di angeli. Tra la prima e la seconda fascia corre l'iscrizione relativa alla donazione: "Anno Incarnacionis Chr(ist)i: MXXXI: Indiccione: XIIII a Stefano Rege et Gisla Regina casula hec operata et data ecclesiae Sanctae Mariae sitae in civitate Alba". Nei due medaglioni ai piedi della croce sono raffigurati i busti-ritratto dei due committenti e G. reca nella mano destra un modello di chiesa, alludendo alla sua attività di promotrice di nuovi edifici religiosi, come per es. il duomo di Veszprém; sulla parte terminale della croce, in un piccolo clipeo, è il presunto ritratto del figlio Emerico.A partire dal secolo scorso sono state proposte diverse letture iconografiche di questa casula, che ponevano l'accento sul tema della redenzione attraverso Cristo e della gloria celeste e terrena della Chiesa (Bock, 1857; Ipolyi, 1886; Czobor, 1900), mentre un'analisi più recente evidenzia la precisa corrispondenza tra le immagini e i tituli della casula e il testo del Te Deum, secondo un uso tipico della decorazione dei manoscritti, come per es. l'Evangelistario della badessa Uta (Kovács, 1958). La casula, una delle opere tessili più significative prodotte a Ratisbona insieme al c.d. mantello di Cunegonda (Bamberga, Diözesanmus.), a cui è legata anche stilisticamente, fu lavorata probabilmente dalla stessa G. con una tecnica simile a quella adottata nei contemporanei ateliers bizantini (Kovács, 1958); in seguito, la sua trasformazione in mantello, che sarebbe stato utilizzato nella consacrazione dei re di Ungheria, comportò la perdita della parte anteriore.Un altro prodotto commissionato dai reali ungheresi fu la c.d. casula di Metz, andata distrutta durante la Rivoluzione francese, che un'iscrizione ricordava donata da Stefano e G. al papa Giovanni XIX (Kovács, 1958).
Bibl.:
Fonti. - Franciscus Balassa, Casulae sancti Stephani regis Hungariae vera imago et expositio, Wien 1754.
Letteratura critica. - F. Bock, Der ungarische Krönungsmantel, MZKomm 2, 1857, pp. 146-150; id., Geschichte der liturgischen Gewänder des Mittelalters, Bonn 1859, I, pp. 157-164; A. Ipolyi, A magyar szent korona és koronázási jelvények története és műleírása [La storia e la descrizione della sacra corona ungherese e delle insegne dell'incoronazione], Budapest 1886; B. Czobor, A magyar szent korona és a koronázási palást [La sacra corona ungherese e il mantello dell'incoronazione], in G. Forster, III. Béla magyar király emlékezete [Ricordo del re ungherese Béla III], Budapest 1900, pp. 105-114; O. von Falke, Kunstgeschichte der Seidenweberei, Berlin 1921; S.H. Steinberg, C. Steinberg von Pape, Die Bildnisse geistlicher und weltlicher Fürsten und Herr, Leipzig-Berlin 1931, II, pp. 19, 117; Ars sacra. Kunst des frühen Mittelalters, cat., München 1950; P.J. Kelleher, The Holy Crown of Hungary, Roma 1951; M. Uhlirz, Die Krone des Heiligen Stephan, München 1951; E. Kovács, A koronázási palást pannonhalmi másolata [La copia di Pannonhalma del mantello dell'incoronazione], Művḫszettőrtḫneti Értesítő 1956; id., Casula sancti Stephani regis, AHA 5, 1958, pp. 181-221; Bayerische Frömmigkeit, cat., München 1960, pp. 157-158; P.E. Schramm, F. Mütherich, Denkmale der deutschen Könige und Kaiser, I, Ein Beitrag zur Herrschergeschichte von Karl dem Grossen bis Friedrich II. 768-1250 (Veröffentlichungen des Zentralinstituts für Kunstgeschichte in München, 2), München 1962; H. Toma, H. Brunner, Schatzkammer der Residenz München Katalog, München 1964; J. Deér, Die heilige Krone Ungarns (Österreichische Akademie der Wissenschaften. Philosophisch-historische Klasse, 91), Wien 1966; P. Lasko, Ars Sacra 800-1200 (The Pelican History of Art, 36), Harmondsworth 1972, p. 132; L. Grodecki, F. Mütherich, J. Taralon, F. Wormald, Le siècle de l'An Mil, Paris 1973, pp. 298-300 (trad. it. Il secolo dell'Anno Mille, Milano 1974, p. 300); E. Kovács, Romanesque Goldsmith's Art in Hungary, Budapest 1980; M. Flury-Lemberg, Der Erhaltugszustand des ungarischen Krönungsmantels, in F. Fülep, E. Kovács, Z. Lovag, Studien zur Machtsymbolik des mittelalterlichen Ungarn, Budapest 1983, pp. 173-177.M.T. Gigliozzi