GISULFO
Duca longobardo di Benevento, secondo di questo nome, figlio del duca Romualdo (II) e della sua prima moglie Gumperga, figlia di Aurona, sorella di re Liutprando. Romualdo, alla morte di Gumperga, si risposò con Ranigunda, figlia di Gaidualdo duca di Brescia e fedele suddito di Liutprando.
Non conosciamo la data di nascita di G.: anche se non mancano interpretazioni che la collocherebbero al 724 (Anthropos, p. 97), si pensa che la data probabile del matrimonio dei suoi genitori possa risalire al 729 o a momenti immediatamente successivi, in frangenti meno burrascosi, quando il padre di G. aveva ormai prestato giuramento di fedeltà al sovrano.
G. doveva essere quindi ancora un fanciullo intorno al 732 quand0 il vicedominus et referendarius Audelahis, a capo di una congiura, si impadronì, a quel che sembra, sia pure per brevissimo tempo, del potere ducale (cfr. Catalogus regum Lang.; Catalogus Benev. S. Sophiae [in Bertolini, 1926, p. 160]; Chron. Salern.; Chron. ducum). Il deciso intervento armato di Liutprando non assecondò però l'entusiasmo popolare beneventano che pure, poco prima, con una sollevazione aveva provocato la destituzione di Audelahis in favore del giovane G., ma portò all'avvento di Gregorio (nipote di Liutprando) già duca di Chiusi.
G. venne invece condotto a corte dal re che, secondo la narrazione di Paolo Diacono (VI, 55, p. 184) - certo seguendo canoni stereotipati e in un'ottica decisamente encomiastica nei confronti di Liutprando, per la paternapietas dimostrata verso il piccolo - lo fece educare e, sempre secondo la narrazione paolina, gli diede in moglie Scauniperga.
G., considerato legittimo erede al trono, secondo recenti teorie (Gasparri, p. 93), ancora assai giovane e probabilmente inconsapevole non pose in essere alcuna vendetta contro il suo predecessore allontanandolo invece, come è parso, dalla corte o piuttosto lasciandogli, ma sono pure ipotesi, il tempo per fuggire. Taluni hanno altresì ritenuto possibile che Audelahis, grazie a un accordo, sia riuscito a mantenere un certo potere su una parte imprecisata del Ducato (Hirsch, p. 86). Di tale supposto accordo con G., tuttavia, non è rimasta alcuna traccia nella non abbondante documentazione relativa alle tormentate vicissitudini del Beneventano di quegli anni.
Intorno al 740, alla morte del duca Gregorio, venne eletto quale suo successore Godescalco, un uomo politicamente avverso al re.
Tale scelta - dichiaratamente contraria all'ingerenza della corte di Pavia negli affari del Ducato meridionale, e in aperta opposizione alle agguerrite fazioni che localmente avevano favorito e favorivano l'alta tutela liutprandina - dipendeva certo dall'azione di una parte importante del funzionariato aristocratico beneventano. Un ceto che l'attuale storiografia è giunta a definire quale "burocratico-cortigiano" (Gasparri, p. 94) e che, con ogni probabilità, aveva già avuto modo di esprimere le sue istanze a favore di una maggior autonomia del Ducato beneventano dal resto del Regnum. Un ceto infine che ben rappresentava l'insofferenza di un distinto gruppo sociale e politico il quale, pochi anni prima, aveva certamente aiutato Audelahis a raggiungere il potere a scapito delle pur forti rappresentanze favorevoli alla politica liutprandina in ambito beneventano. Si trattava del consistente gruppo di gastaldi, comites, stolesayz, sculdasci e di tutto il restante "sottobosco" di ufficiali regi e funzionari di corte (es. doddi, scaffardi). Questi, ben inseriti a corte e particolarmente attivi anche in incarichi di rilievo, erano intenzionati a ostacolare quegli interventi politico-amministrativi che un'eventuale, vittoriosa presenza del re, ovvero dei suoi sostenitori locali, sarebbero stati inevitabili e certo a danno dell'ambiente di corte del sempre più autonomo Ducato beneventano.
Così come a Benevento, anche nell'altro grande Ducato meridionale, quello di Spoleto, si assisteva in quel torno di tempo a una sollevazione con tendenze apertamente autonomistiche che in breve condussero all'uccisione di Ilderico - un duca che Liutprando aveva da poco imposto - e al ritorno, assai effimero in verità, del già deposto Transamondo (II). La preoccupazione del re a quel punto non era più solo per la violenta ribellione alla sua autorità quanto, soprattutto, per la dissonante azione politica dei due duchi di Benevento e di Spoleto. Azione che, in parallelo, i duchi "ribelli" avevano intrapreso a danno di quella interna ed estera condotta dal sovrano. L'autonomia ducale in fase di consolidamento consentiva infatti a Godescalco e a Transamondo, durante la giovinezza di G., di operare scelte politiche che andavano in senso nettamente opposto a quelle liutprandine. La pericolosa convergenza politica dei duchi di Benevento e Spoleto ormai non era più solo potenziale, si espresse infatti da subito, come si sospettava alla corte pavese, attraverso probabili, segreti contatti con i Franchi e con un'alleanza con il pontefice, alleanza ovviamente intollerabile per la corte di Pavia la cui politica era tesa, al contrario, a un'agguerrita azione espansiva ai danni del debole Ducato romano. L'azione repressiva di Liutprando non si fece attendere e fu implacabile. Transamondo venne esiliato, tonsurato e fatto chierico, mentre Godescalco venne eliminato da quelli che Paolo Diacono (VI, 57, p. 185) identifica con chiarezza quali fideles beneventani di Gisulfo.
La fine cruenta di Godescalco, dopo circa un triennio di ducato, portava nuovamente alla ribalta G., che fino ad allora era vissuto presso Liutprando. Il sovrano restaurò dunque suo nipote G. cercando di garantirsi, con tale nomina, un duca di provata fedeltà in un'area dalle forti tendenze autonomistiche. Liutprando provvide anche a ricomporre i dissidi con papa Zaccaria restituendo alla Chiesa romana diversi centri precedentemente occupati e proseguendo, tuttavia, l'azione militare contro l'Esarcato. Si può dunque affermare che ufficialmente il periodo ducale di G. cominciasse allora, dal 742 (come si può osservare da un documento del luglio 742: Bertolini, 1926, n. 49 pp. 24 s.; v. anche n. 50 p. 25 e, per la dichiarata sottomissione di G., Troya, IV, p. 105) non considerandone la breve, inconsistente presenza sul trono beneventano nel travagliatissimo periodo del 731-732. I primi anni non furono facili per G., che dovette operare una rigorosa azione repressiva nei confronti dei pur sempre attivi sostenitori della politica indipendentistica già condotta da Godescalco.
Un esempio della durezza di G. nei confronti dei fautori del suo predecessore si può osservare in un documento più tardo, un giudicato del duca Arechi (II) del giugno 766. Alcuni beni infatti, donati a suo tempo da Godescalco al monastero di S. Maria di Isernia, erano stati successivamente confiscati da G. che provvide a ridistribuirli ai suoi fedeli, come fece poi anche per il resto delle cospicue proprietà del suo sfortunato predecessore (Troya, V, pp. 364 ss.; Chron. Vult., I, 69, pp. 321-324; Zielinski, V, n. VII, in partic. p. 365).
È in questi primi anni di governo tra l'altro che, per la più accreditata e moderna storiografia sul periodo ducale di G. - che ha reinterpretato un breve passo paolino (Gasparri, p. 96) - andrebbe collocato il matrimonio del duca con l'aristocratica Scauniperga, escludendo così che l'unione tra i due fosse da anticipare non solo a un'età troppo tenera per G., ma anche e forse soprattutto ad anni di estremo disordine e di gravi incertezze che certo ben difficilmente avrebbero indotto Liutprando a un simile passo.
I documenti della Cancelleria ducale e gli atti di natura privata hanno consentito di avere un quadro se non dettagliato certo interessante dell'amministrazione del Ducato nei non molti anni di governo di G. (Chroust, passim; Bertolini, 1926, passim; Zielinski, V, passim). Restano da chiarire almeno parzialmente i rapporti con taluni enti religiosi. C'è per esempio quello che è stato definito come un intero dossier relativo ai rapporti tra G. e il monastero di S. Sofia in Ponticello il cui abate, Zaccaria, appare ampiamente beneficato dalle non poche e ricche donazioni del duca (Chron. S. Sophiae, pp. 5 ss.). Da tali documenti è possibile precisare, in qualche caso e solo a grandi linee, la complessa struttura della proprietà fondiaria ducale, i legami tra ceti diversi - non ultimi quelli, sempre delicati, tra G. e la vivace e intraprendente aristocrazia beneventana - qualità e consistenza dei ceti minori (es.: massari, cavallari). Pare di dubbia autenticità l'informazione offerta dagli Annales Beneventani (Bertolini, 1923, p. 110; ma la notizia è presente anche in Leo Ostiensis, I, 6, p. 584), che G. avesse dato avvio ai lavori per l'edificazione del beneventano cenobium di S. Sofia. È stata tuttavia da più autori rilevata la datazione palesemente errata dell'inizio di tale cantiere: si fa infatti riferimento all'anno 737 che riporterebbe all'età ducale di Gregorio e non a quella, decisamente posteriore, come si è detto, di Gisulfo. Meno documentati paiono i rapporti tra G. e i già potenti monasteri di Montecassino - pur sempre anch'esso beneficato e protetto da G. (Leo Ostiensis, passim) e di S. Vincenzo al Volturno, con cui non mancarono dissapori e tensioni (Chron. Vult., I, 15, 16, 18, pp. 163-172).
Furono senz'altro anni di grande sviluppo per il già forte Ducato beneventano, con attenzioni ducali non solo all'arte, ma anche alla cultura e alla liturgia.
L'ultimo documento noto in cui appaia G. è la donazione di una casa ad "Aloin iudex" del febbraio 751 (Troya, IV, p. 393; Bertolini, 1926, n. 65 p. 27), mentre il primo in cui figura Liutprando, suo figlio e successore, affiancato dalla madre Scauniperga ormai vedova, è un preceptum libertatis del dicembre 752 (Troya, IV, p. 443; Bertolini, 1926, n. 66 p. 28). G. non doveva essere scomparso che pochi mesi prima.
L'aulico appellativo di "gloriosissimus" attribuito in diverse carte private e diplomi al duca G. è un'ulteriore prova dell'altissimo senso del proprio ruolo. Una coscienza piena del proprio incarico che, come hanno concordemente rilevato storici più e meno recenti, da Hirsch a Bertolini, da Gasparri a Delogu, è sentito come "quasi regio". Non sappiamo tuttavia quali precisamente fossero i suoi rapporti con i successori di re Liutprando; specie con Ratchis, tuttavia, non dovettero essere facili stando alla lettura di un breve passo della legislazione emanata da quel sovrano; un accenno tanto fugace quanto significativo sullo stato di tensione che doveva caratterizzare allora (dopo il 744) i rapporti del Regnum del Nord con i due Ducati meridionali. Si minacciava infatti di morte e di confisca dei beni chi, in generale, avesse osato avere contatti con le dominazioni confinanti, tra le quali figura anche il Ducato retto da G. (Ratchis leges, in Le leggi dei Longobardi, c. 9, pp. 240 s.). Si può quindi pensare a una ripresa di quei sentimenti autonomistici che pure, inizialmente, avevano trovato la decisa opposizione di G. quando era ancora in vita re Liutprando. Ma il quadro politico era destinato a mutare ancora dopo la monacazione di Ratchis nel 749 e l'elezione al trono regio di suo fratello Astolfo. Sappiamo infatti che truppe beneventane parteciparono in massa all'assedio posto da quel sovrano a Ravenna nel luglio 751 quando G. o era appena morto, o era ormai prossimo alla fine. L'atteggiamento di Scauniperga fu d'appoggio alla corte pavese, spingendo il figlio verso un'alleanza con il re e affiancando decisamente il giovane Liutprando nei difficili momenti che precedettero e seguirono la morte di Gisulfo. Poco tempo dopo la morte di quest'ultimo, il monogramma della sua vedova appare a fianco di quello del figlio nella monetazione dei primi anni Cinquanta del sec. VIII. Un fatto, questo, che fa pensare non solo a una convinta presa di posizione politica filopavese, ma anche ad appoggi concreti dell'aristocrazia sia all'interno sia all'esterno del Ducato che, negli anni di Astolfo, fu certo - almeno momentaneamente - fedele al re.
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