Giuba (Iuba)
Re di Numidia (sec. I a. C.), strenuo difensore della causa pompeiana in Africa. Nel primo anno della guerra civile (49 a.C.) sbaragliò l'esercito di Curione (v.); dopo Farsalo accolse e sostenne i partigiani superstiti di Pompeo e con loro tentò un'estrema rivincita. In seguito alla sfortunata battaglia di Tapso (46) si ritirò a Zama e si uccise.
Personaggio della Farsaglia di Lucano, G. vi appare nella luce in genere abbastanza favorevole che nel poema illumina la Parte di Pompeo. Pur non giungendo a narrarne le estreme vicende fino ai casi di Tapso e di Zama, per l'incompiutezza dell'opera, Lucano dedica a G. vari accenni significativi, fra i quali ha particolare rilievo l'episodio della sconfitta e morte di Curione, dove la severità del giudizio lucaneo su questo seminatore di discordia fa sì che G. per converso appaia (del resto, sembra, immeritamente) quale giusto strumento della punizione che spetta a chi turbi la concordia dei cittadini (cfr. Phars. IV 661 ss.).
Pur non accogliendo l'inflessione positiva (o almeno non del tutto ostile) del ritratto lucaneo, D. fu probabilmente indotto dal qualche risalto che il personaggio ha nella Farsaglia a notarne e a isolarne il nome nel cenno che Orosio ne fa a proposito della campagna africana di Cesare: " [Caesar] in Africam transiit et apud Thapsum cum Iuba et Scipione pugnavit " (Hist. VI XVI). E in Pd VI 70, nella rassegna delle imprese compiute dall'aquila imperiale per mano di Cesare, D. sintetizza appunto quella campagna con le parole scese folgorando a Iuba.
In ogni modo ci si potrebbe chiedere perché, fra i molti e illustri avversari che Cesare ebbe in Africa, D. ricordi proprio il Regolo numida: e sarebbe ovvio rispondere che il poeta evitò di sottolineare lo scontro diretto fra cittadini romani e che, in particolare, non volle contrapporre in guerra due personaggi come Cesare e Catone portatori, pur in campi avversi, di valori ugualmente alti e positivi. A ciò si aggiunga che la sconfitta dell'africano G. rientra più naturalmente nello schema del discorso dantesco sull'aquila, mirante a esaltarne le conquiste e a celebrare l'affermazione dell'Impero universale sulle genti più diverse.
Bibl. - P. Toynbee, D. Studies and Researches, Londra 1902, 131.