GIUBILEO
. Il giubileo o anno giubilare era per il popolo ebraico ogni cinquantesimo anno, santificato in particolar modo, quasi come l'anno sabbatico (ogni 7 anni), ma distinto da questo. L'inizio di quest'anno veniva annunziato col suono di un corno chiamato yobel (\ebraico\), che aveva il senso primitivo di capro, e per metonimia, corno di capro, e più tardi divenne per estensione il nome dell'anno: anno di giubileo, cioè di giubilo, nella Volgata latina, e anno di remissione, ἄϕεσις, nel testo greco.
In quest'anno la terra doveva riposare; perciò nessuna semina, nessun raccolto. Tuttavia si potevano raccogliere i prodotti spontanei dei campi. Così mentre la terra riposando si fertilizzava, era dato tempo a edificare case, fabbricarsi strumenti, nonché a fare le mutazioni prescritte in questo giubileo. Potevano succedere due anni consecutivi senza semine e senza raccolti, l'anno cioè sabbatico e l'anno giubilare. Questo diede argomento ad alcuni interpreti a non ammettere l'osservanza di tale legge, tanto più che non si ha nessuna testimonianza certa, biblica o extra-biblica, di un tale fatto. Anzi alcuni dicono che simile legge non sarebbe stata in realtà mai osservata. La questione si riversa nell'altra dell'origine e sviluppo della legislazione ebraica (v. pentateuco; genesi, levitico).
Nell'anno giubilare ciascuno aveva di nuovo la sua proprietà (fondo o casa), se l'aveva alienata; e ogni schiavo di origine ebraica tornava in libertà. La legge così provvedeva al ritorno periodico delle proprietà e delle persone nel loro stato primitivo, di modo che né l'indigenza assoluta né la schiavitù potessero divenire la condizione definitiva di una famiglia o di una persona israelita. Pertanto vera vendita delle proprietà non si sarebbe avuta presso gli Ebrei, ma solo una specie di affitto fino al prossimo giubileo, e il prezzo era in proporzione del tempo che vi correva. Da questa legge di restituzione erano però esenti le case delle città fortificate. Se la casa non era riscattata dal venditore subito l'anno seguente quello della vendita, restava in perpetuo al compratore. La ragione di ciò si è che queste case non erano strettamente connesse coi fondi ereditarî e inoltre per i beni dei cittadini nelle città si richiedeva maggiore stabilità (Levitico, XXV, 8-55). Infine secondo Giuseppe Flavio (Ant. Giud., III, 13, 3), nell'anno giubilare i debitori restavano sciolti dai loro debiti. Ma ciò, se pure ha fondamento, si deve intendere solo nel senso che quelli i quali avevano dato in pegno un loro campo o una loro casa per una somma di denaro imprestata, nell'anno giubilare rientravano in possesso del loro campo o della loro casa senza nulla restituire. L'istituzione del giubileo non fu certamente in uso dopo l'esilio babilonese.
Il giubileo cristiano. - Il giubileo cristiano è un'indulgenza plenaria solenne elargita dal papa, presentemente, ogni 25 anni (giubileo "maggiore" o "ordinario" o anche "Anno santo"), oppure in altre particolari circostanze (giubileo "minore" o "straordinario"), nel qual caso l'indulgenza è concessa ad instar iubilaei.
Fine generale del giubileo è di impetrare speciali grazie per la riforma dei costumi e per il bene generale della Chiesa. I fini particolari sono spesso indicati nella bolla di promulgazione: così nell'ultimo, del 1925, furono il consolidamento della pace, il ritorno delle chiese dissidenti alla cattolica, la sistemazione della Palestina conforme ai diritti del cattolicismo. Le opere ingiunte per acquistare l'indulgenza del giubileo, tanto maggiore quanto minore, vengono indicate nella bolla d'indizione. Per il primo sono ordinariamente quattro: la visita delle quattro basiliche maggiori da compiersi per un numero determinato di volte, che suole essere di 20 per i residenti in Roma, di 10 per gli altri; la confessione, la comunione, le preghiere secondo l'intenzione del papa. Per il giubileo straordinario, sono 6: la visita delle basiliche (comunemente 3 sole, e non 4 come nell'Anno santo), la confessione, la comunione, le preghiere secondo l'intenzione del papa, il digiuno e l'elemosina.
Il primo giubileo ordinario celebrato con grande solennità in tutta la Chiesa fu quello promulgato nel 1300 da Bonifacio VIII con la bolla Antiquorum habei digna fide relatio del 22 febbraio 1300, nella quale il papa dichiara di voler ripristinare una grande remissione dei peccati da ottenersi visitando la città di Roma e le basiliche dei Ss. Pietro e Paolo, e decreta che tale indulgenza debba rinnovarsi ogni 100 anni. È da notare che in tale bolla non occorre la parola "giubileo", sebbene si ritrovi presso scrittori non solo contemporanei, ma anche anteriori. Così in un inno latino del principio del sec. XIII contro gli Albigesi si legge: "Anni favor iubilaei - poenarum laxat debitum". Il giubileo di Bonifacio VIII suscitò in tutta la Chiesa un entusiasmo indescrivibile. Giovanni Villani (Cron., VIII, 26) calcola a 200.000 i pellegrini "che al continuo, in tutto l'anno durante, aveva in Roma, oltre al popolo romano. Fra quei pellegrini vi furono pure Giotto e Dante: dei quali il primo dipinse nella grande loggia della basilica lateranense il papa nell'atto di concedere il giubileo, il secondo vi allude in Inferno, XVIII, e Purgatorio, II.
Il secondo giubileo fu preannunziato per il 1350 da Clemente VI con la bolla Unigenitus del 27 gennaio 1343, che riduce a 50 anni l'intervallo fra due giubilei, aggiungendo la basilica di S. Giovanni in Laterano alle due di S. Pietro e S. Paolo indicate da Bonifacio VIII per le visite prescritte. Nel 1389 Urbano VI ridusse tale spazio a 33 anni in memoria dei 33 anni di vita di Gesù Cristo: ma essendo egli morto nel frattempo, il giubileo fu celebrato l'anno seguente (1390) dal suo successore Bonifacio IX. Più tardi Nicolò V stabilì di tornare al decreto di Clemente VI, e inaugurò l'Anno santo la vigilia di Natale del 1449. Da Sisto IV (1471-1484) in poi l'Anno santo fu sempre celebrato ogni 25 anni, tranne nel sec. XIX, in cui si celebrò soltanto quello del 1825, sotto Leone XII.
Connessa al giubileo ordinario è la cerimonia dell'apertura e della chiusura della Porta santa, di cui si ha notizia fin dal sec. XV. La Porta santa è a destra di ciascuna delle 4 maggiori basiliche di Roma (le tre suddette e S. Maria Maggiore); la vigilia di Natale il papa è portato in sedia gestatoria fino all'atrio di S. Pietro, e giunto alla Porta santa, murata allo spirare dell'ultimo giubileo ordinario, picchia su essa tre volte con un martello d'argento, cantando il versetto: "Aperite mihi portas iustitiae". Dopo di lui, bussa alla stessa porta il cardinale penitenziere, ma due volte soltanto. Il muro, precedentemente tagliato, cede: i penitenzieri lavano la soglia, e il papa vi passa per primo tenendo nella destra una croce e nella sinistra una candela accesa. Questa cerimonia viene compiuta nello stesso modo nelle altre tre basiliche patriarcali: a S. Paolo, dal cardinale decano; a S. Giovanni in Laterano e a S. Maria Maggiore, dai rispettivi cardinali arcipreti. Per la chiusura della Porta santa, alla fine del giubileo si celebra la cerimonia inversa: il papa sparge sulla soglia per tre volte un po' di calce, adattandovi sopra tre pietre in cui sono rinchiuse le medaglie commemorative del giubileo coniate nello stesso anno: quindi si mura la Porta che in tale stato rimane fino al prossimo giubileo ordinario.
Bibl.: T. M. Alfani, Istoria degli Anni Santi, Napoli 1725; F. A. Zaccaria, Dell'Anno Santo, voll. 2, Roma 1775; V. Prinzivalli, Gli Anni Santi, Roma 1899; A. De Wall, Das heilige Jahr, Roma 1900; P. Bastien, Tractatus de Anno Sancto, Maredsous 1901; G. B. Ferreres, El jubileo del Año Santo 1925, comentario histórico canónico, Barcellona 1925.