giudicativo
Occorre due volte nel Convivio e sta per " giudicante ", " capace di giudicare ".
In I IV 6, D. afferma che paritade ne li viziosi è cagione d'invidia, e invidia è cagione di mal giudicio, però che non lascia la ragione argomentare per la cosa invidiata, e la potenza giudicativa è allora quel giudice che ode pur l'una parte: l'invidia è causa di giudizio non oggettivo, giacché la facoltà del giudizio (potenza giudicativa) è in tal caso giudice parziale, che ascolta solo una parte.
In III II 15, g. si accompagna a vertù: e con quest[e] [virtù scientifica, e ragionativa o consigliativa] sono certe vertudi... sì come la vertù inventiva e giudicativa. Si tratta delle virtù dianoetiche: per le prime due D. rimanda ad Aristotele (Eth. Nic. VI 1, 1139a 11) e aggiunge, per le ultime due, sì come in quello medesimo luogo Aristotile dice: ma si veda s. Tommaso Eth. Nic. exp. VI lect. IX, n. 1239 " Ad cuius evidentiam considerandum quod in speculativis, in quibus non est actio, est solum duplex opus rationis: scilicet invenire inquirendo, et de inventis iudicare ".