GIUDITTA
. Libro deuterocanonico (v. bibbia) dell'Antico Testamento, che prende nome dalla protagonista. Il testo originale del libro, che doveva essere ebraico o aramaico, è perduto; ne rimangono le versioni antiche, che si possono considerare anche come recensioni diverse, tante sono le divergenze dei loro testi.
Esse sono: α) la greca dei Settanta, che si suddivide in tre recensioni - quella dei grandi unciali (Vaticano, Sinaitico, Alessandrino, ecc.); quella del cod. 58 (Holmes-Parsons); - quella dei codd. 19 e 108 simile alla precedente; β) l'antica latina, o Itala, che segue il cod. 58 greco; la latina Volgata di S. Girolamo (il quale dice di aver tradotto da un testo caldaico [aramaico], e in maniera sommaria e affrettata); γ) la siriaca, che segue anch'essa il cod. 58. Furono inoltre pubblicati dal Jellinek (Bet ha-Midrasch, Lipsia 1853, I, p. 130 segg.; II, p. 121 segg.) due testi ebraici che sono da considerarsi tardive ritraduzioni midrasciche, e di queste altri testi giacciono ancora inediti nelle biblioteche. Un altro testo ebraico assai corto, d'una cinquantina di righe, fu pubblicato dal Gaster (An unknown Hebrew Version of the history of Judith, in Proceedings of the Society of Bibl. Archaeol., XVI [1894], p. 156 segg.) e su questo si discusse molto se fosse il nucleo della forma originale.
Contenuto. - Il libro, nella recensione greca degli unciali, racconta che Nabuchodonosor, re d'Assiria in Ninive (sic!), mosse guerra ad Arfaxad re dei Medi e ne distrusse la capitale Ecbatana. Inviò quindi il suo generale Oloferne con 132.000 uomini a punire tutte le popolazioni a occidente del suo impero, che non gli avevano prestato aiuto nella guerra contro i Medi. Mentre tutte si arresero, soltanto i Giudei opposero resistenza per incitamento del sommo sacerdote Ioachim e del sinedrio, e, rafforzando alcune posizioni strategiche a nord della Palestina, ricorsero alla preghiera e al digiuno. Achior, un generale degli Ammoniti al seguito di Oloferne, consigliò costui di non attaccare i Giudei, perché protetti da Dio; ma per risposta fu consegnato ai suoi nemici, perché subisse la loro imminente sorte. La città di Betulia (v.) fu la prima attaccata, e l'assedio fu così stretto che il popolo chiese di arrendersi e alla sua domanda consentirono anche i tre anziani della città, solo con una dilazione di tre giorni. Sennonché G., ricca e giovane vedova della tribù di Simeon, che menava una vita piissima e secondo le più minute prescrizioni legali giudaiche, riprovò tale decisione, e si preparò a liberare da sola gli assediati. Fatte ferventi preghiere, si vestì splendidamente, prese con sé cibi legali, uscì con la sua ancella dalla città, e si avviò verso il campo nemico. Fermata dagli Assiri e condotta davanti a Oloferne, disse che era fuggita dalla città per scampare dall'imminente distruzione; Oloferne, ch'era stato subito conquistato dalla bellezza di lei, le concesse di restare liberamente nell'accampamento e anche di uscirne di notte per andare a fare orazione. Passati sei giorni, Oloferne invitò Giuditta a uno speciale banchetto, in cui egli bevve a dismisura rimanendone stordito; lasciati soli dai servi, Giuditta tagliò la testa a Oloferne, la involse e consegnò alla sua ancella che aspettava al difuori, e come al solito uscì per fare orazione. Avviatasi questa volta verso la città e ammessavi, mostrò la testa dell'ucciso, riempiendo gli assediati di stupore. La testa fu riconosciuta da Achior, che si convertì al giudaismo. Una sortita degli assediati sbaragliò gli Assiri, sgomenti dal trovare il loro condottiero ucciso nella sua tenda; la città fu liberata, e la preda raccolta nell'accampamento nemico immensa. Un solenne trionfo tributò il popolo all'eroina; la quale visse 105 anni, sempre nella sua vedovanza, onoratissima dalla sua gente, né durante la sua vita e per molto tempo dopo il popolo d'Israele fu più disturbato da nemici.
Tralasciando le altre recensioni, che tutte più o meno si staccano dal racconto precedente, merita di essere ricordato l'accennato testo del Gaster. In esso non è Oloferne che assedia Betulia, bensì il re Seleuco che assedia Gerusalemme; l'eroina G. è figlia di Achitob, e non è vedova bensì vergine (ebr. bĕthūlāh: cfr. Betulia). Il re, subito conquistato dalla bellezza di lei, la invita a cedere; ella finge acconsentire, ma prima chiede il permesso di uscire nottetempo a una vicina fonte a farvi le sue abluzioni, giacché si trovava in stato d'impurità legale (cfr. Levitico, XV, 19-20). Il permesso è dato, e nel banchetto successivo avviene la tragedia. La commemorazione del fatto è fissata presso i Giudei ai 18 del mese Adar. Si è notato in questo racconto che l'impresa di Giuditta diventa un episodio delle guerre dei Maccabei: che è privo di allusioni a precetti legali, salvo quello addotto come ragione dell'uscita notturna, il quale tuttavia era di tradizione antichissima e dà piena giustificazione dell'uscita stessa (che invece nella recensione greca non appare sufficientemente motivata).
Storia della critica. - L'antichità cristiana considerò il libro di Giuditta come storico; ma tante e così gravi sono le difficoltà, storiche, geografiche e cronologiche, che si presentavano contro quella opinione, che già gli antichi commentatori ricorsero a varie spiegazioni per tentarne la soluzione. Di tali difficoltà, che non risultano quasi affatto dal sommario dato sopra, ci limitiamo a ricordare che: Nabuchodonosor fu re dei Caldei in Babilonia, e non degli Assiri in Ninive, tanto che l'Impero assiro fu distrutto precisamente dai Caldei, collegati con i Medi; il percorso della spedizioni di Oloferne, qual è descritto nel libro, è contrario ai dati più elementari della geografia; una città israelita chiamata Betulia, che inoltre dal racconto risulta di grande importanza, non appare neanche vagamente accennata in altri antichi documenti, il popolo ebraico appare governato, in tempi anteriori all'esilio in Babilonia, non da re ma dal sommo sacerdote e dal sinedrio, mentre nel testo greco di IV, 3; V, 18 segg. si allude chiaramente all'esilio già avvenuto e alla distruzione di Gerusalemme e del suo Tempio, ecc. Alle quali si potrebbe aggiungere l'osservazione che il personaggio di Achior, generale degli Ammoniti che dà i suoi consigli a Oloferne, sembra esser derivato dalla figura di Ahīqārr (v.) personaggio noto in Oriente come consigliere (in Tobia è 'Αχ[ε]ικάρ ma nella Siriaca, e in Volgata Tob., XI, 20, è Achior, come l' 'Αχιὼρ di Giuditta; cfr. F. Nau, Hist. et sagesse d'Ahikar l'assyrien, Parigi 1909, pp. 7, 49).
Oggi gli studiosi d'ogni campo sono d'accordo su questo minimo, che il libro di Giuditta interpretato letteralmente non dà un senso storico: quindi alcuni, per lo più cattolici, si limitano a cambiare alcuni nomi proprî (o perché alterati dagli amanuensi, o perché adoperati simbolicamente dall'autore); altri, come già Lutero, vedono in tutto il racconto una allegoria parenetica con maggiore o minore nucleo storico; A. Scholz esprime l'opinione che tutto il racconto non sia che un'apocalisse sotto forma storica.
I tentativi nelle varie direzioni furono numerosi. Così sotto il nome di Nabuchodonosor si videro designati i re assiri Rammān-Nirari III, oppure Assarhaddon, oppure Assurbanipal: o, scendendo ai tempi persiani, Serse I, ovvero Artaserse III Oco: o, ai tempi dell'ellenismo, Seleuco I, oppure Antioco IV, oppure Demetrio I. Sistemi più particolareggiati d'interpretazione sono quelli del Ball (Nabuchodonosor = Antioco IV; Assiri = Siri; Oloferne = Nicanore; Giuditta = Giudea; Betulia = Gerusalemme, ecc.), del Volkmar (Nabuchodonosor = Traiano; Ninive = Roma; Medi = Parti; Ecbatana = Nisibi; Oloferne = Lucio Quieto, ecc., quindi il libro sarebbe del sec. II d. C. inoltrato: mentre già parecchio prima Clemente Romano, Corinzî, 55, parla della "beata Giuditta"), dello Steinmetzer (che scorge nel racconto elementi di quattro provenienze: le gesta di Ciro contro la Lidia, Ecbatana e Astiage il Medo; la spedizione araba di Assurbanipal; la spedizione di Artaserse Oco contro la Palestina e l'Egitto; le imprese di Antioco Epifane). Oggi si propende a credere che sfondo storico del fatto siano da considerarsi, come già credette Sulpicio Severo (Cron., II, 14-16), i tempi di Artaserse Oco, che, in occasione delle sue spedizioni contro la Fenicia e l'Egitto (verso il 350 a. C.), fece anche dei prigionieri giudei, ed ebbe fra i suoi generali anche un Oloferne, satrapo di Cappadocia (cfr. Diodoro Siculo, Hist., XXXI, 19, 2-3), e forse anche un Bagoa (in persiano "eunuco", nome che appare anche in Giuditta), il quale depredò il Tempio di Gerusalemme secondo G. Flavio (Ant. giud., XI, 7, 1). Del tutto isolata è rimasta invece l'opinione dello Scholz già ricordata.
Quale fra le recensioni giunte fino a noi sia la più vicina all'originale non è facile dire: ma probabilmente è da ricercarsi fra le greche e le latine. Recenti studî (Meyer: v. bibliogr.) hanno voluto escludere che la recensione ebraica del Gaster sia la più antica sembrando piuttosto un riassunto posteriore di recensioni più ampie.
Il libro, rimasto fuori del canone ebraico, è tuttavia citato dai più antichi scrittori cristiani, quali Clemente Romano (v. sopra), Tertulliano (De monogamia, 17), Clemente Aless. (Stromata, II, 6, 35), Origene (De oratione, 13, 29) e molti altri in seguito.
Bibl.: O. F. Fritzsche, Judith, in Fritzsche e Grimm, Kurzgef. exeg. Handb. zu den Apokr. des A. T. s, II, Lipsia 1853; C.J. Ball, Judith, in Speaker's Comm.: Apocrypha, I, Londra 1888; G. Brunengo, Il Nabucodonosor di Giuditta, Roma 1888; D. Palmieri, De veritate hist. libri Judith, Gulpen 1886; O. Zöckler, Judith, in Kurzgef. Kommentar, IX: Apokryphen, Monaco 1891; A. Scholz, Commentar über das Buch Judith, 2ª ed., 1898; Fr. Steinmetzer, Neue Unters. über die Geschichtlichkeit d. Buches Judith, Lipsia 1907; C. Meyer, Zur Entstehungsgesch. d. Buches Judith, in Biblica, III (1922), pp. 193-203; Ild. de Vuippens, Darius I, le Nabucodonosor du livre de Judith, Barcellona 1927.