Giudizio immediato e decreto penale di condanna
Accanto alla forma tradizionale di giudizio immediato il legislatore ha introdotto con l. 24.7.2008, n. 125 una nuova tipologia, denominata diffusamente giudizio immediato “custodiale”1, il cui presupposto principale è lo stato di privazione della libertà dell’imputato; è necessario cioè, ai fini della corretta instaurazione del rito, che il soggetto si trovi in stato di custodia cautelare per il reato in relazione al quale è avanzata richiesta di immediato.
Il codice ne consente la proposizione soltanto all’esito del procedimento di riesame, ovvero dopo che siano inutilmente decorsi i termini per la relativa richiesta. Aggiunge, poi, che la richiesta non può essere accolta qualora l’ordinanza cautelare sia stata revocata o annullata per sopravvenuta insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
Quanto al termine, si precisa che la richiesta deve intervenire entro centottanta giorni dall’esecuzione della misura, termine doppio rispetto a quello previsto per il giudizio immediato c.d. ordinario, che ha il dies a quo nell’iscrizione della notizia nel registro generale delle notizie di reato.
La nuova disciplina ha dato luogo ad una pluralità di questioni interpretative.
Con riferimento al requisito dell’evidenza probatoria sembra ormai pacifico in giurisprudenza che, data l’autonomia dell’ipotesi del giudizio immediato custodiale, esso non assuma rilievo2.
Da ultimo, si è ribadita l’abnormità del provvedimento di rigetto della richiesta fondato sull’assenza dell’evidenza, ritenendo che unico presupposto di legge sia la conferma in sede di riesame del provvedimento applicativo della custodia cautelare in carcere o, in alternativa, l’inutile decorso del termine per l’impugnazione3. L’abnormità è stata spiegata con la duplice osservazione che quel potere valutativo non è previsto dalla legge e che il suo indebito esercizio determina una stasi del processo, impedendo al pubblico ministero l’adempimento di un obbligo di legge. Il ragionamento sviluppato dalla Corte di cassazione è che la conferma del giudizio sui gravi indizi di colpevolezza, che significano valutazione prognostica, sia pure allo stato degli atti, della probabilità di condanna, assorba il requisito dell’evidenza probatoria e renda inutile l’udienza preliminare come momento di verifica della correttezza dell’azione penale. L’imputato raggiunto da un giudizio di gravità indiziaria che ne abbia comportato lo stato di restrizione carceraria ha diritto ad ottenere celermente un giudizio sul merito della vicenda, trovando nell’incidente cautelare i momenti di contraddittorio sui fatti che l’estromissione dell’udienza preliminare fa venir meno.
Ancora oggetto di incertezze giurisprudenziali è la diversa questione se, per l’ammissibilità della richiesta, debba attendersi esclusivamente la decisione del tribunale del riesame o sia invece necessario attendere la formazione del giudicato cautelare e, dunque, la definizione dell’eventuale giudizio di legittimità conclusivo dell’incidente cautelare.
In argomento si registrano due orientamenti opposti, anche se allo stato sembra prevalere quello secondo cui la richiesta possa essere avanzata dopo la conclusione del procedimento dinanzi al tribunale del riesame e prima ancora che la relativa decisione sia divenuta definitiva4.
Di recente la Corte di cassazione ha affermato che la legge parla di mera definizione del procedimento di riesame e non di definitività del suo provvedimento conclusivo5; e si è pure aggiunto che la norma si riferisce espressamente al decorso dei termini per la richiesta di riesame e non di quelli inerenti qualsivoglia ulteriore impugnazione.
Se ne deduce che il legislatore abbia inteso limitare la necessità della dilazione al solo esaurimento dei gravami di merito, coerentemente con l’esigenza di accelerare i procedimenti con imputati detenuti, finalità che sarebbe frustrata se il ricorso al rito immediate fosse subordinato alla durata del giudizio di legittimità e delle possibili fasi rescissorie.
Diversa e più delicata è la questione, affrontata dalla giurisprudenza di legittimità, della natura del vizio dell’azione nel caso di richiesta di giudizio immediato avanzata prima dell’udienza di riesame e, dunque, prima che si perfezioni il presupposto previsto per il giudizio immediato custodiale6. Essa è stata presa in esame nell’ambito di un incidente cautelare, per decidere se l’intempestività della richiesta e la sua conseguente nullità avessero determinato l’impossibilità di passaggio alla successiva fase dei termini di custodia cautelare e quindi la perenzione dei precedenti con diritto all’immediata scarcerazione.
La Corte di cassazione ha innanzitutto escluso che possa trattarsi di nullità, in specie della nullità di cui all’art. 178, co. 1, lett. b), per difetto di iniziativa del pubblico ministero nell’esercizio dell’azione, che sarebbe pertanto di carattere assoluto. L’azione è infatti esercitata, per quanto intempestivamente; né, ha proseguito, può parlarsi di nullità d’ordine generale per difetto di partecipazione del pubblico ministero, perché questi non è estromesso dal procedimento.
La valutazione è invece di nullità ex art. 178, co. 1, lett. c), c.p.p., in quanto afferente ad una lesione del diritto di difesa. L’imputato, nei cui confronti sia richiesto il giudizio immediato prima della decisione in sede di riesame, è privato della possibilità di quell’«apprezzamento dialettico, sia pure all’esito di un contraddittorio cartolare», previsto nel procedimento cautelare.
Il ragionamento ha preso le mosse dalla considerazione di un’analogia sotto il profilo della ratio, tra l’interrogatorio previsto dall’art. 453, co. 1, c.p.p. «sui fatti dai quali emerge l’evidenza della prova» e l’udienza di riesame. L’interrogatorio in maniera diretta e il rito incidentale in modo riflesso assolverebbero il medesimo fine, vale a dire l’esposizione della linea difensiva.
Su questa premessa, e in ragione del fatto che la nullità afferisce ad un atto propulsivo del procedimento, la Corte ha concluso che può essere rilevata o dedotta soltanto nel giudizio principale e non anche nel procedimento de libertate, seppure per le regole del computo dei termini massimi di custodia cautelare gli atti di esercizio dell’azione assumano un rilievo decisivo.
La ragione sottesa a siffatta conclusione non è esplicitata, ma sembra che possa essere ricondotta al rapporto tendenziale di reciproca autonomia tra il procedimento principale e quello cautelare7.
Poche e non particolarmente significative sono le novità che hanno interessato il decreto penale di condanna, esclusivamente sul piano dell’elaborazione giurisprudenziale.
Come è noto, il decreto penale deve essere revocato nei casi in cui non sia possibile notificarlo all’imputato per il suo stato di irreperibilità. Connotato dall’assenza di un previo contraddittorio, il decreto penale non può divenire esecutivo senza la certezza che il condannato ne abbia avuto piena conoscenza e abbia potuto valutare se proporre opposizione. La legge non descrive però in cosa debba consistere l’irreperibilità preclusiva dell’esecutività del decreto e, in particolare, non chiarisce se essa debba condurre all’emissione di un apposito decreto ai sensi dell’art. 159 c.p.p., che sia preceduto dalle ricerche dell’imputato nei luoghi specificamente indicati.
La Corte di cassazione ha optato per la soluzione forse di maggiore garanzia, in ragione del fatto che l’apprezzamento dell’irreperibilità in tal caso non è funzionale all’adozione di particolari forme di notificazione ma alla revoca del decreto di condanna e alla conseguente restituzione degli atti al pubblico ministero perché proceda nelle forme ordinarie. Ed ha così affermato che «l’irreperibilità alla cui ricorrenza l’art. 460 c.p.p., co. 4, condiziona la revoca del decreto penale di condanna, non va rigorosamente intesa nel senso di cui all’art. 159 c.p.p., con conseguente necessità di adozione della correlativa procedura dichiarativa, bensì in quello più generale della non rintracciabilità del destinatario, che impedisca comunque la notificazione del decreto penale»8. L’interesse primario che viene in gioco è, infatti, di porre l’interessato nelle condizioni di scegliere consapevolmente se accettare la condanna o chiedere il giudizio, e pertanto è preferibile dare rilievo a qualunque condizione di irreperibilità come condizione impeditiva della stabilizzazione della condanna.
L’importanza delle procedure di notificazione è attestata anche dalla decisione che ha preso in esame la questione di costituzionalità della mancata previsione della consegna personale del decreto penale al condannato quale unica forma di notificazione in grado di assicurare effettiva conoscenza9. In quel caso, il ricorrente aveva denunciato che il decreto era stato notificato mediante consegna di copia alla moglie che, pur convivente, risiedeva in altra Regione rispetto a quella in cui egli si trovava per motivi di lavoro, e che nessuna notifica era stata fatta in favore del difensore, di fiducia o d’ufficio, perché all’epoca non prevista. La Corte di cassazione ha però rilevato che la consegna a mani proprie non è l’unica forma di notificazione prevista, e che è legittimo il ricorso alle altre modalità che assicurino la conoscenza effettiva dell’atto. La consegna dell’atto nelle mani della moglie dell’interessato, convivente e capace, offre garanzie di piena conoscibilità, sì che è manifestamente infondata la questione di costituzionalità, sotto il profilo della violazione dei principi del giusto processo e del contraddittorio, per la mancata previsione della consegna a mani proprie come unica forma di notificazione possibile. Se così fosse, peraltro, si renderebbe l’interessato arbitro delle sorti della vicenda processuale, perché gli sarebbe sufficiente sottrarsi alla notifica con consegna personale per far cadere nel vuoto la condanna ed impedire, sine die, il giudizio.
Di un qualche interesse è la vicenda di cui si è occupata la Corte di cassazione statuendo che la revoca, a seguito di rituale opposizione, del decreto penale di condanna per carenza dei requisiti prescritti dall’art. 460 c.p.p. non impedisce al giudice la riemissione di altro decreto anche in assenza di un nuova richiesta del pubblico ministero10. Il ricorrente aveva lamentato, con l’opposizione, che il decreto non contenesse l’avviso della facoltà di opposizione entro il termine di quindici giorni della notificazione e di chiedere il giudizio immediato, oppure l’abbreviato o, ancora, il patteggiamento. A seguito dell’opposizione, il decreto penale era stato revocato e il giudice, in luogo di emettere immediatamente il giudizio immediato dal momento che l’opponente non aveva fatto richiesta di alcun procedimento speciale, aveva fissato udienza e aveva riemesso il decreto, emendato dai vizi denunciati, pur senza ulteriore richiesta del pubblico ministero. La Corte ha affermato la correttezza dell’operato del giudice del merito, implicitamente riconoscendo all’opposizione una funzione ulteriore rispetto a quella tipica, che si esaurisce nella rimozione del decreto penale e nel conseguente ed automatico avvio del giudizio, in una delle forme indicate dall’opponente. Ha, infatti, ammesso che l’opposizione possa atteggiarsi come una ordinaria impugnazione, e dunque essere diretta alla rilevazione degli eventuali vizi del provvedimento opposto, senza che si determini, con l’automatismo imposto dalla legge, il passaggio alla successiva fase del giudizio. Questa è l’implicita premessa che ha consentito di concludere che l’opposizione faccia mantenere vigore alla primigenia richiesta del pubblico ministero di decreto penale e quindi legittimi il giudice al reiterato esercizio del correlato potere.
1 L’espressione «giudizio immediato custodiale» è di Orlandi, R., Note critiche, a prima lettura, in tema di giudizio immediato custodiale (art. 453 1° co. bis c.p.p.), in Osservatorio del processo penale, 2008, 10.
2 In tal senso già Cass. pen., sez. II, 1.7.2009, n. 38727, Moramarco, in CED Cass., n. 244804. Nella occasione la Corte di cassazione rilevò l’errore del g.i.p. che aveva negato la confluenza del requisito della evidenza della prova nel giudizio di sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ed affermò che l’evidenza probatoria non può essere assolutamente intesa in termini di probabilità di condanna tale da ritenere inutile il vaglio dell’udienza preliminare e le garanzie difensive ordinarie. Ciò la Corte ha fatto richiamando il consolidato orientamento secondo cui il requisito dell’evidenza probatoria deve essere inteso come inutilità dell’udienza preliminare per la prevedibile mancanza di elementi che possano condurre alla pronuncia di non luogo a procedere; ovvero per l’impossibilità prognostica che il contraddittorio tra le parti possa condurre alla pronuncia di detta sentenza. In altri termini mette in evidenza come il giudizio immediato esiga non la prova evidente di responsabilità, ma la prova evidente di fondatezza dell’accusa per la presenza di un materiale informativo non controverso, pur se astrattamente controvertibile, e comunque non suscettibile di significative modificazioni in virtù degli apporti argomentativi consentiti alle parti nell’udienza preliminare, sì da farne sembrare superfluo lo svolgimento. E questo perché, pur fondato sull’evidenza della prova, non implica, al pari del giudizio abbreviato, la definibilità allo stato degli atti, né impedisce ovviamente apporti istruttori anche rilevanti.
3 Cfr., da ultimo, Cass., sez. VI, 20.1.2011, n. 7912, Guarcello ed altri, in CED Cass., n. 249476.
4 Individua il presupposto che legittima la richiesta di giudizio immediato custodiale nell’acquisita definitività del titolo cautelare Cass. pen., sez. III, 11.3.2010, n. 14341, G., in CED Cass., n. 246610. Ravvisa, invece, il presupposto del rito nella conclusione del procedimento di riesame del medesimo titolo, ancorché non definitivo, ovvero nel vano decorso dei termini per proporre la richiesta di riesame Cass. pen., sez. I, 11.11.2010, n. 42305, Alik ed altri, in CED Cass., n. 249023. In dottrina ritengono che si debba attendere la formazione del giudicato cautelare e quindi, eventualmente, l’intervento decisorio della Corte di cassazione, Bricchetti, R.-Pistorelli, L., Giudizio immediato per chi è già in carcere, in Guida dir., 2008, fasc. 23, 81 ss., nonché Varraso, G., Il “doppio binario” del giudizio immediato richiesto dal pubblico ministero, in Il decreto sicurezza – d.l. n. 92 convertito con modifiche in legge n. 125/2008, a cura di A. Scalfati, Torino, 2008, 181 ss.
5 Cass. pen., sez. I, 21.12.2011, n. 17362, Caputo, in CED Cass., n. 250078.
6 Il riferimento è a Cass. pen., sez. I, 7.12.2011, n. 15239, Gallo, in CED Cass., n. 252255.
7 Sui rapporti tra procedimento principale e procedimento incidentale ci sia consentito il rinvio a Maffeo, V., Giudizio immediato custodiale ed evidenza della prova: la posizione della Corte di cassazione. Commento a Cass. pen., sez. II, 38727/2009, in Dir. pen. e processo, 2010, 557.
8 Così Cass. pen., sez. III, ord. 12.1.2012, n. 7022, Biesuz, in CED Cass., n. 251983.
9 In tal senso si veda Cass. pen., sez. III, 24.2.2011, n. 16036, Rossi, in CED Cass., n. 250281.
10 Cass., sez. III, 12.10.2011, Chirico, in CED Cass., n. 251333.