GIULIA di Tito (Iulia Augusta)
Nacque da Tito e da Marcia Furnilla nel 70 d. C.; sposò giovanissima Flavio Sabino e, dopo la morte di lui, Domiziano, il quale aveva intanto ripudiato Domizia Longina; morì nel 90 e fu divinizzata. È ovvio che i suoi ritratti appartengano tutti alla prima giovinezza, ma non è da escludere che alcuni la rappresentino divinizzata, cioè dopo la morte. Portò, come documentano le monete, tre pettinature: quella con corona di ricci relativamente bassa, in cui è ancora accennata la scriminatura in mezzo alla fronte, e la crocchia rotonda è puntata in alto: il volto appare in questa emissione quasi fanciullesco; quella con le trecce ripiegate, scendenti sul collo, secondo una moda che andrà scomparendo durante l'età flavia, e infine quella con la crocchia a ciambella e un'altissima corona di ricci, l'acconciatura dei ritratti più tardi e postumi. La testa colossale Ludovisi al Museo Naz. Romano corrisponde per la foggia della pettinatura al ritratto monetale delle prime emissioni e anche per l'aspetto appare come l'immagine di un'adolescente: è il migliore dei ritratti di G. e una delle opere più notevoli della ritrattistica femminile flavia. L'indirizzo dell'opera è classicheggiante, ma ravvivato e ammorbidito da un modellato piuttosto mosso a dolci passaggi; il diadema di riccioli, ricavati col trapano, crea attorno al volto forti contrasti di luci ed ombre. Le proporzioni colossali e la somiglianza con le monete ne rendono sicura l'identificazione. Invece fra i numerosi ritratti, in cui si è voluta riconoscere G. come Augusta e dopo la sua consacrazione, bisogna operare una scelta, perché spesso sono stati identificati senza serie ragioni. È accettabile senz'altro l'identificazione di un gruppo di opere, che raffigurano G. diademata e con tratti fisionomici tali da far certi che si tratti di una sola persona. La fisionomia di G. nell'epoca in cui ella era sposa di Domiziano e Augusta, ci è nota da una bella pietra intagliata, a firma di Euodos, alla Bibliothèque Nationale di Parigi, che la rappresenta diademata, con grandi occhi aperti, fronte convessa, guance e collo ingrossati da una pinguedine precoce; i riccioli sulla fronte formano una massa altissima e la crocchia ha preso una forma vicina alla pettinatura traianea. Questa accuratissima, piccola opera ritrae la principessa con tale vivace immediatezza, che la si deve certo attribuire agli anni in cui G. ancora viveva. Fra gli altri ritratti diademati, tutti più o meno idealizzati, è più difficile discernere le opere postume; essi sono: una testa della Sala dei Busti al Vaticano, un ritratto nella Gliptoteca Ny Carlsberg di Copenaghen (n. 663) e uno agli Uffizî, caratteristico per l'altissima corona dei ricci, che è certo fra i più tardi. Questi ritratti di G. appartengono a una tendenza classicheggiante; è quella corrente che trionfa specialmente nel ritratto aulico sotto Domiziano, in contrasto col "realismo" del tempo dei primi Flavî.
Bibl.: J. J. Bernoulli, Röm. Ik., II 2, p. 43 ss.; R. West, Römische Porträt-Plastik, II, Monaco 1941, p. 29 ss.; B. M. Felletti Maj, Museo Naz. Romano, I Ritratti, Roma 1953, p. 86 s. Monete: H. Mattingly-E. Sydenham, Roman Emp. Coinage, II, tav. III-55; IV-67; V-88; H. Mattingly, Brit. Mus. Cat. Emp., II, Londra 1930, pp. 247, 278, 350 s.