BRIGANTINO, Giuliano
Più noto sotto il nome di Giuliano da Colle, agostiniano, nacque a Colle di Val d'Elsa nei primi anni del sec. XVI. Entrò nell'Ordine agostiniano, in data imprecisabile, con una buona preparazione filosofica, per cui venne indirizzato verso il proseguimento degli studi teologici e la carriera di reggente. Nel 1537 risulta "magister theologiae". Nel 1539 era reggente a Bologna, dove restò sino al 1542, alternando, come era d'uso, l'insegnamento con la predicazione quaresimale. Nel 1540 fu richiesto a Verona, nel 1542 a Parma. Predicatore brillante e dotato di spiccate capacità dialettiche, era tuttavia uomo irrequieto che dette subito adito a sospetti sull'ortodossia della sua dottrina della grazia. A Parma, infatti, venne attaccato da un francescano osservante, che lo accusò di luteranesimo. Il momento era delicatissimo e il B. aveva accettato troppo facilmente un pericoloso contraddittorio, se il Seripando sentì il dovere di rimproverarlo per aver trascurato i suoi moniti, aver dato opera alle contese e valicato ogni limite di modestia (lettera del 12 maggio 1542). Era l'anno della fuga del Vermigli e dell'istituzione dell'Inquisizione romana: Ignazio di Loyola pensava che il B. dovesse essere inquisito, insieme con tutti quegli agostiniani che a lui parevano luterani occulti (lettera del 28 luglio 1542). Queste accuse erano destinate ad accrescere la fama del B., ma nello stesso tempo facevano sì che egli fosse attentamente sorvegliato. Fu trasferito prima al reggentato di Pavia (1543), poi a quello di Milano (1544), dove lo raggiunse un'altra lettera fortemente preoccupata del Seripando: "In culpa tu fuisti, qui non semel nos ad iracundiam provocasti nostraque abusus es patientia ... Narrabit tibi mediolanensis prior, quae maxime te agere necesse sit, si sapis ..." (12 giugno 1544). A Milano, dove il B. rimase nel 1545 e 1546, le accuse parvero sopite e il Seripando acconsentì alla esplicita richiesta del duca di Ferraradi mandarlo a predicare la quaresima del 1547. Nello stesso anno fu trasferito come reggente a Padova e in quello successivo, forse, predicò la quaresima a Venezia, con grande concorso di pubblico e soddisfazione delle autorità. Nel frattempo, tuttavia, il Concilio aveva respinto le tesi agostiniane sulla grazia e, mentre il Seripando inviava circolari per ingiungere ai reggenti di uniformarsi alle decisioni del Concilio (lettera al B. del 2giugno 1547), l'Inquisizione metteva ancora una volta gli occhi su di lui (1548). Nel 1549 era ancora reggente a Padova e si tentava di impedirgli di andare a predicare nell'eretica Vicenza. Nuove preoccupazioni del Seripando (lettera del 9 marzo 1549) determinarono il trasferimento subitaneo del B. al convento di Siena, lontano dagli ambienti veneti, e la sua destinazione a predicare la quaresima del 1550 a Firenze, nella chiesa di S. Spirito. Dopo la Pasqua di quell'anno la situazione precipitò: una serie di accuse rivolte al B. presso il cardinale protettore consigliarono il Seripando di sottoporre ad esame la sua dottrina (lettera al priore di Siena del 12apr. 1550), poi di chiamarlo a Roma per discolparsi: "Scripsimus venerabili magistro Sancti priori senensi, ut magistro Iuliano Collensi regenti nostro nomine publice praeciperet, quatenus vel conventu nulla causa exiret, vel Romam se conferret, pro iis de quibus accusatus fuerat iustificandis" (1º maggio 1550). Il B. andò a Roma e volle difendere le sue tesi. A Siena venne poco dopo sostituito da un altro reggente e il suo nome scompare dai documenti dell'Ordine. Imprigionato, infatti, nelle carceri dell'Inquisizione, vi morì oscuramente verso la fine del 1551.
Causa della rovina del B., sia che si creda al Tacchi Venturi che lo vuole "lutergno marcio" o allo Jedin, il quale rifiuta di annoverarlo tra gli eretici, non fu solamente la predicazione, ma la stesura di un Tractatus decertitudine gratiaeDei et salutis nostrae, che fu condannato al Concilio e inserito nella prima edizione dell'Indice dei libri proibiti. L'altra opera del B., la pubblicazione dell'inedito Exameron D. Aegidii Columnae Romani ArchiepiscopiBithuricensis ... (Patavii, apud Iacobum Fabrianum, 1549), non era tale da attirare accuse di luteranesimo. Quanto al Tractatus, di cui non si è ancora rintracciata alcuna copia, il titolo depone non tanto per una accettazione delle tesi luterane sulla giustificazione per fede, quanto per una analogia con l'impostazione data al problema dagli anabattisti veneti, i quali accostavano la dottrina della rigenerazione per la sola grazia al rifiuto della predestinazione.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. Gen. degli Agostiniani, Regesta Hieronymi Seripandi, vol. 18, ff. 16r, 21v, 30v, 96v, 107v-109r; vol. 19, ff. 6v, 154r, 163v; vol. 20, ff. 171r, 173r, 180v; vol. 21, ff. 77r, 129r, 172r; vol. 22, ff. 7r, 8r, 21r, 61r, 81v, 98r; vol. 23, ff. 1v, 12v, 63v, 64r, 86r, 135v, 145v, 183r, 186r; vol. 24, f. 3r; Index libronon prohibitorum ..., Romae 1564, p. 52; Ph. Elssius, Encomiasticon augustinianum, Bruxellis 1654, p. 418; D. A. Gandolfi, Dissertatio de 200 augustinianis scriptoribus, Romae 1704, p. 244; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 4, Brescia 1763, pp. 2095 s.; J. F. Ossinger, Bibliotheca augustiniana, Ingolstadii 1776, pp. 158-159, 236; F. Inghirami, Storia della Toscana, XII, Fiesole 1843, pp. 328 s.; L. v. Pastor, Storia dei papi, V, Roma 1924, p. 676; D. A. Perini, Bibliographia augustiniana, I, Firenze 1929, pp. 156 a.; H. Jedin, Girolamo Seripando, Würzburg 1937, I, pp. 257, 275, 277; II, p. 255; P. Tacchi Ventun, Storia della Compagnia di Gesù in Italia, Roma 1950, I, 1, pp. 465 s.; 2, p. 200; D. Gutiérrez, Hieronymi Seripandi "Diarium de vita sua" (1513-1562), in Analecta ancustiniana, XXVI (1963), pp. 65, 77.